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Nord

Perché l’autonomia regionale non sfascerà l’Italia. Parla il ministro Stefani (Lega)

Obiettivi, tempi e procedure dell'autonomia regionale al vaglio del governo nell'intervista di Daniele Capezzone al ministro degli Affari regionali, Erika Stefani (Lega)

(estratto di un’intervista di Daniele Capezzone pubblicata nei giorni scorsi sul quotidiano La Verità diretto da Maurizio Belpietro)

 

Erika Stefani è ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie. Tocca a lei coordinare la difficile partita dell’autonomia dopo la stagione dei referendum consultivi. Allora, ci spieghi che cosa succede.

“Il primo passo sono le intese con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, cioè gli accordi tra presidenza del Consiglio e presidenze delle Regioni sulle competenze da riconoscere. Sono in corso tavoli tecnici serratissimi, siamo alla fine del lavoro, ma, come si sa, in cauda venenum…”

Dopo le intese, ci saranno i disegni di legge governativi e poi si va in Parlamento.

“Sì, esatto. Devo anche dire che sono un po’ stanca di sentirmi attribuire cronoprogrammi inesistenti. Semmai, c’è un punto fermo: ci sono voluti più di 30 anni per fare le Regioni (dalla Costituzione ai decreti del 1970), mentre adesso, in 7 mesi, stiamo facendo un percorso enorme”.

In Parlamento servirà la maggioranza assoluta, numeri enormi specie al Senato…

“Confido nella coerenza dei partiti. In Veneto, ai tempi del referendum, feci assemblee anche con esponenti di Pd, Fi e M5S. Il Presidente dell’Emilia Romagna è un esponente Pd. Insomma, non è una roba di partito. Stiamo parlando di un nuovo assetto Stato-Regioni, non di una polemica tra maggioranza e opposizione”.

Quali Regioni saranno coinvolte oltre a Lombardia, Veneto e Emilia Romagna?

“Sono già otto. Oltre a queste tre, anche Liguria, Piemonte, Toscana, Umbria, Marche. Immagino che in diverse stiano attendendo la prima intesa…”

L’impianto? Puntate su un ruolo residuale dello stato in 23 materie?

“Sì. Attualmente, in base all’articolo 117 della Costituzione, ci sono materie a competenza concorrente: può legiferare lo Stato, e può legiferare la Regione. Inevitabilmente si crea confusione. Noi puntiamo a trasferire alla Regione competenze su cui possa legiferare in autonomia, e ovviamente esercitare le relative funzioni amministrative. Naturalmente le Regioni devono avanzare richieste realistiche, senza invadere ambiti riservati allo Stato. Tenga presente che si tratta di ambiti (pensi all’ambiente, o alla cultura, solo per fare due esempi) in cui la massa di legislazione (e di giurisprudenza) è enorme e intricatissima”.

Non su tutto sono previste risorse o nuove risorse.

“Ma infatti. In molti casi si tratta di competenze per cui non è prevista una spesa. Ciò che è in gioco è il superamento delle burocrazie ministeriali”

Su che cosa puntate?

“Vogliamo arrivare a fabbisogni e costi standard. È un criterio che già esiste, in teoria, dopo la legge 42 sulle autonomie. Noi vogliamo estendere questo meccanismo alle Regioni, e stabilire (impresa non facile) quanto dovrebbe costare un servizio, e poi moltiplicarlo per la quantità di servizi da offrire”

Qualcuno ha ventilato una vigilanza speciale del Quirinale su questa materia…

“Giusto, correttissimo. Veda, c’è stata un’ondata di allarmismo. Qui non parliamo di statuti speciali ma di un nuovo modo di intendere il rapporto tra Stato e Regioni. Le autonomie speciali e differenziate sono diverse sia sul piano costituzionale che normativo. Nell’effetto pratico, in entrambi i casi ci sono competenze esclusive esercitate dalle Regioni”.

Lasci da parte Veneto e Lombardia. In molte altre zone d’Italia, le Regioni hanno dato una prova negativa, dalla sanità ai rifiuti ai trasporti. Che giudizio dà di questa istituzione, in fondo l’unica nata e cresciuta negli anni della partitocrazia?

“Capisco che ci siano stati malfunzionamenti o cristallizzazioni negative. Ma io credo veramente all’istituto della Regione. Veda, le istituzioni più vicine ai cittadini hanno qualcosa in più in termini di fiducia. Se parli del Parlamento, è inevitabile che il pensiero di qualcuno vada a palazzi, auto blu, privilegi. In questa crisi di rappresentatività, le Regioni sono un patrimonio”.

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