Non è vero che ormai la lettura del giornale sia diventata inutile. Per esempio, lunedì mattina ad Atene ho speso quattro euro, quasi tre volte il prezzo di copertina, e senza la cronaca milanese (alla faccia del mercato unico) per comprare il Corriere della sera teletrasmesso, ma ne è valsa la pena.
Ho appreso che “la politica costa, e quando non ce la fa, Giovanni Toti batte cassa col suo finanziatore Aldo Spinelli che trova sempre disponibile ma solo se è sicuro di avere in tasca l’atto pubblico che gli serve”, dove non è chiaro se si stia alludendo a corruzione o a concussione, ma questi evidentemente sono dettagli. Ho appreso che il 3 maggio 2020 “come succede troppo di frequente, Spinelli e Toti si sentono al telefono” (chissà come si misurava quattro anni fa la “dose modica” di telefonate tra imprenditori e politici).
Sono alcuni passaggi di una “lenzuolata” di estratti dal fascicolo delle indagini nei confronti, tra gli altri, del presidente della regione Liguria Giovanni Toti, che fanno da cornice alla foto di Toti nel momento in cui viene arrestato dalla polizia giudiziaria mercoledì scorso. Perché è vero che un’immagine vale mille parole ma insieme alle mille parole fa più effetto (e poi le pagine bisogna pure riempirle). Gli estratti sono in parte virgolettati e quindi testualmente riferibili al contenuto del fascicolo, in parte (per esempio i due riportati più sopra) debitori della prosa di Giuseppe Guastella e Andrea Pasqualetto, autori del servizio.
Fin qui, si dirà, niente di nuovo: la corrispondenza di amorosi sensi tra “grande stampa” e magistratura (di preferenza quella inquirente, e con tutta la selettività raccomandata dal saper vivere, “grande magistratura” diciamo così) rientra nelle migliori tradizioni e viene praticata senza badar troppo alle forme.
Ma c’è altro. L’editoriale di prima pagina rivela che si è appena conclusa la sesta edizione di Milano Civil Week, aperta da un’allocuzione a distanza del presidente della Repubblica. Sulle parole di Mattarella bisognerà tornare ma intanto, per chi si fosse perso le precedenti cinque edizioni, segnalo che si tratta di un evento di Buone Notizie, “settimanale gratuito del Corriere della Sera”, finanziato dalla Fondazione Corriere della Sera, che offre per alcuni giorni un palcoscenico a personaggi più o meno celebri di varia provenienza e alle “realtà aggregative del Terzo Settore”; un evento, insomma, di quelli che solleticano gli addetti alle PR e quei misteriosi personaggi che vanno sotto il nome di reputation manager. La notizia da prima pagina è questa: il “grande evento (…) organizzato dal Corriere della Sera con le reti di Terzo Settore” quest’anno è entrato nel “prestigioso palinsesto delle Week milanesi”. E questa, almeno per me, è una notizia: ignoravo che il Comune di Milano si fosse anche formalmente trasformato in produttore di eventi (ciò che contribuisce a spiegare, tra l’altro, l’occhio un po’ distante con cui l’amministrazione meneghina, e con essa la stampa, negli ultimi anni ha potuto seguire la rigogliosa attività edilizia a Milano: le risorse delle amministrazioni pubbliche sono quelle che sono).
Per non essere frainteso: le iniziative di promozione della corporate image che fanno leva sul Terzo Settore non sono una novità e forse riescono, tra l’altro, anche a gratificare e/o motivare persone di buona volontà. Ma restano iniziative promozionali. Costruirle intorno alla Costituzione della repubblica e farne oggetto di un editoriale di prima pagina firmato da chi figura come curatore dell’evento nella home page di Milano Civil Week, condire l’editoriale con un intervento di Andrea Manzella in funzione di costituzionalista, mi pare denoti una qualche perdita di senso dei limiti, esattamente come la cronaca della vicenda genovese che ha coinvolto Toti (ma incide, con buona pace dello zelo di magistrati e cronisti, su aspetti vitali dell’economia nazionale che rischiano di uscirne compromessi: c’è modo e modo di condurre indagini e di riferirne, per esempio come si è fatto qualche mese fa con la vicenda dei grattacieli costruiti in base a SCIA, cioè autocertificazioni, a Milano).
Quanto a Mattarella, gli va riconosciuto il merito di avere restituito, col suo intervento, interesse giornalistico all’intera iniziativa (editoriale e annessi compresi). Dopo avere detto e ribadito che le sue considerazioni erano di carattere generale, prive di ogni riferimento alle riforme attualmente in discussione, e dopo il rituale omaggio alla sovranità del Parlamento, Mattarella ha espresso la sua contrarietà alla modifica della prima parte della Costituzione. “Questa prima parte della Costituzione” ha detto Mattarella, “rappresenta da settantacinque anni un punto di riferimento, sempre attuale e costante”.
Opinione sicuramente legittima, che però fa a pugni col fatto che, appunto, la modifica della Costituzione non spetta al Presidente, dal quale hanno diritto di percepirsi rappresentati anche coloro che sul tema hanno un’opinione radicalmente diversa. La riforma della Costituzione non dovrebbe essere un argomento di pubblica conversazione per il primo cittadino della nostra repubblica. Sono gli scherzi che capitano quando sono crollati gli argini che una volta tenevano separati i discorsi seri dai discorsi da bar, il marketing e la pubblicità dal giornalismo e l’attività promozionale dal dibattito politico e culturale.