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Non solo Gcap, perché per il Pacifico gli Usa puntano sull’Italia (con Uk e Giappone)

Il triangolo Giappone-Regno Unito-Italia e il progetto trilaterale Gcap. L'analisi di Francesco Galietti, esperto di scenari strategici, fondatore di Policy Sonar

 

Entrando nel 2024, Giorgia Meloni raccoglie il testimone della presidenza G7 dal Giappone secondo la consuetudine di questo esclusivo club di potenti della Terra. I rapporti con Tokyo, in compenso, non appaiono destinati a diradarsi bensì a farsi più stretti. Sono le leggi impersonali della geopolitica a postularlo, e un’America che conta sempre più sul triangolo Giappone-Italia-Regno Unito per il presidio di scenari ‘hot’.

Da qualche giorno a Tokyo tengono banco scandali di natura finanziaria che hanno investito diverse fazioni dello LDP, il partito che esprime la maggioranza della Dieta e il Governo. La copertura mediatica della vicenda ha creato qualche imbarazzo allo stesso premier nipponico Fumio Kishida, che non vuole destabilizzare il quadro politico e i delicati equilibri di governo. Uno studio da poco commissionato dallo Sankei Shimbun e dalla Fuji TV accredita il governo Kishida di un gradimento al 22.5%, in calo di ben cinque punti percentuali rispetto ad appena un mese fa. Per le forze di opposizione, ovviamente, i problemi dello LDP e in particolare della fazione riconducibile all’ex premier Abe Shinzo sono un gradito assist. Senza contare le immancabili baruffe e i regolamenti di conti interni allo LDP. Al momento però il premier Kishida dà prova di notevole pragmatismo. Nonostante le tribolazioni dello LDP, infatti, può contare sulla debolezza strutturale dell’opposizione. Di alternative in giro non se ne vedono, e cos’ Kishida ha gioco facile nell’ignorare le richieste di elezioni anticipate.

Soprattutto, a travolgere le vicende interne giapponesi interviene il quadro geopolitico, che vede gli Stati Uniti d’America in crescente difficoltà nell’assicurare un presidio di più scenari caldi. È sempre più evidente che la pax americana si è fatta più inclusiva: gli Usa non rivendicano più ‘esclusive’, nemmeno nel Pacifico e in comparti come quelli delle tecnologie militari. D’altronde l’assertività cinese resta elevata, e l’indebolimento della sua economia potrebbe rendere Pechino più aggressiva anziché condurla a più miti consigli. Tanto più che il 2024 sarà un anno caratterizzato da importanti tornate elettorali, ciascuna delle quali è vista da Pechino come un’occasione per approfittare delle distrazioni dell’Occidente.

A giugno in Europa si rinnovano Parlamento e Commissione, mentre in autunno si disputano le presidenziali americane. Non è escluso che anche il Regno Unito vada al voto nel 2024, prima della scadenza naturale della legislatura. In realtà le fibrillazioni avranno inizio molto prima: il 13 gennaio, cioè tra poche settimane, vota Taiwan. A Pechino sperano che vinca il Kuomintang (KMT), tra le cui fila Xi conta diversi amici, anche se è tramontata l’ipotesi di un’alleanza del KMT con un altro partito, Taiwan People’s Party. Di certo le elezioni di Taiwan saranno un appuntamento cruciale, perché sul piano geopolitico lo scenario di una Taiwan ‘ascarizzata’ da Pechino sarebbe da film horror. Pechino, senza colpo ferire, non vedrebbe più interdetto l’accesso all’Oceano Pacifico, che per ora è ostacolato da una cintura di isole anti-cinesi, tra cui Taiwan.

Il triangolo Giappone-Regno Unito-Italia si colloca in questo contesto geopolitico e in questo momento di fiato sospeso. La risposta che esso offre si sostanzia finora nel progetto trilaterale Gcap, cioè in una piattaforma aerea di sesta generazione che implica un vasto sistema informativo integrato con sistemi di armi robotizzate. Si tratta di tecnologie di superiorità, ed è pressoché certo che abbia avuto un forte avallo del Pentagono. Evidentemente gli Usa hanno più interesse a rinforzare la capacità militare dei suoi alleati, in particolare nel Pacifico, che non a difendere il monopolio dell’industria militare statunitense.

Conferme indirette ci giungono anche da un articolo molto informato di Peggy Hollinger sul Financial Times del 7 dicembre scorso. Analizzando il recente veto da parte del governo italiano alla vendita dell’italiana Microtecnica alla francese Safran, Hollinger suggerisce che proprio la difesa del Gcap abbia portato allo stop. Ne consegue che a pagare un prezzo salato potrebbe essere l’asse Francia-Germania, con Berlino sempre più tentata da una convergenza con il triangolo Regno Unito, Giappone e Italia.

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