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Centrodestra

Il ritorno al passato del Pd con Schlein sulle riforme

Primi effetti del Pd radicalizzato. Il caso delle riforme istituzionali. La nota di Paola Sacchi.

I

l premier Giorgia Meloni, al termine della giornata di incontri con le opposizioni sulle riforme, per sottolineare che comunque il suo lavoro ha aperto uno spiraglio, constata che mentre c’è un no all’elezione diretta del Capo dello Stato, c’è “una posizione più variegata sul Premierato”. Si riferisce all’apertura fatta da Italia Viva. Ma il no netto del Pd di Elly Schlein, ovvero del principale partito di opposizione, “all’elezione diretta”, sia con il Presidenzialismo sia con il Premierato, sottolinea la leader dem, mentre il leader pentastellato Giuseppe Conte si tiene su una posizione più sfumata, per quanto da mettere in conto, sembra far fare al partito, erede dei post-comunisti oltre che della sinistra Dc, un balzo indietro di decenni.

Come un filo rosso del muro antiriforme quel no torna daccapo ricollocandosi di fatto sulla granitica contrarietà del Pci alla “Grande Riforma” di Bettino Craxi. Che per questo fu raffigurato con fez e stivaloni.

Il Pd radicalizzato di fatto si ricongiunge a quel no contro l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, lo snellimento delle procedure decisionali, quella “Grande Riforma”, per la quale Craxi, che la propose per primo, venne raffigurato come un gerarca fascista. Il muro del Pd di Schein, che usa ovviamente parole più morbide di allora e ritiene che comunque servono più poteri del premier, con la sfiducia costruttiva sul modello tedesco, oltre che cambiare la legge elettorale, “ripristinando il rapporto tra eletti e elettori”, torna a decenni lontani, arretrando rispetto alle stesse aperture che c’erano state sul semipresidenzialismo e il premierato nella Bicamerale di Massimo D’Alema.

Eppure, per tornare alla “Grande Riforma” lo statista socialista in una intervista a Mixer la argomentò così: “L’elezione diretta del Presidente della Repubblica sarebbe uno dei pochi momenti in cui il popolo può scegliere direttamente una carica istituzionale, la prima carica”.

Argomenta Meloni al termine delle consultazioni , rispondendo indirettamente alla sinistra che l’ aveva accusata di voler nascondere “le difficoltà dell’esecutivo” distraendo il dibattito dai temi più urgenti parlando Riforme, che l’instabilità ha prodotto “la nostra debolezza economica” e che le istituzioni “non sono proprietà dei partiti, ma dei cittadini”.

Per cui, nel corso del colloquio, a Schlein avrebbe detto che “o Presidenzialismo o Premierato all’elezione diretta non rinuncia per tenere il legame tra il voto dei cittadini e il programma di governo per cui si sono espressi”. Insomma, basta con il metodo dei governi “fatti e disfatti in parlamento” . Conclude il premier: “È stata una giornata proficua, faremo una nostra proposta”. Certo, il no del Pd di Schlein sembra un muro. Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, domenica scorsa aveva già osservato che se il confronto non dovesse decollare, la maggioranza andrà avanti, poi ci sarà il referendum.

In qualche retroscena si parla di nuove Bicamerali, ma l’esito di quelle del passato non è incoraggiante. E d’altro canto la maggioranza di centrodestra si è già presentata agli elettori con il presidenzialismo, insieme all’Autonomia differenziata , come uno dei pilastri del suo programma di governo.

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