Parte da Pavia il 21 e 22 gennaio e proseguirà nei prossimi mesi attraverso Cagliari, Catanzaro e Napoli (per ora) una massiccia operazione simpatia del Regno Unito che interesserà tutta l’Italia: UKin… Tour.
Un programma articolato di missioni locali all’interno di una strategia di “diplomazia territoriale” dedicata al nostro Paese e mirata a irrobustire il ponte già solido tra Londra e Roma. Una iniziativa esclusiva che attualmente il Foreign Office non ha in agenda altrove.
A lanciarla, nella sede dell’associazione nazionale comuni italiani (Anci), la rappresentante diplomatica nella Capitale probabilmente più italiana di tutti i suoi colleghi per carattere, cultura, estroversione: l’ambasciatore Jill Morris.
Gli obiettivi del Regno Unito sono molteplici. In cima il complessivo rafforzamento della collaborazione tra i due Paesi attraverso la creazione di nuove opportunità collaborative a partire dal ruolo chiave che le città svolgono nel sistema socio-economico e culturale italiano. Con un occhio particolare per lo sviluppo di partnership in relazioni commerciali, investimenti, collaborazione tra università e centri di ricerca, progetti in campo culturale.
A pochi giorni dall’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, insomma, Londra vuole ribadire, con forza e capillarità, il suo ruolo di partner serio e affidabile dell’Italia, impegnato in una collaborazione ancora più solida negli anni a venire. E l’Italia ha tutto l’interesse, a parere di chi scrive, a raccogliere l’invito britannico, anche per il ruolo che il Regno Unito ha come piattaforma verso l’Anglosfera e molte ex colonie. Il tour, nel contempo, sembra destinato ad auspicare una collaborazione imperniata sulle persone: le decine di migliaia di sudditi britannici residenti in Italia, le centinaia di migliaia di Italia residenti oltre Manica, in ambasce sul loro futuro anche a causa di mezzi d’informazione allarmistici.
In vista della Brexit l’Italia, comunque, sembra bene orientata. Una mossa azzeccata, a esempio, è senz’altro quella di aver deciso l’adesione al progetto di aereo da combattimento di prossima generazione lanciato dal Regno Unito, il Tempest, accogliendo un invito che non è arrivato da altri partner europei: Francia, Germania, Spagna. Partner impegnati in un velivolo dello stesso tipo, magari da realizzare anche con i fondi europei ma basato su una sospetta conventio ad excludendum.