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Istituto Cybersicurezza

Non capisco l’insistenza di Conte sull’Istituto italiano per la cybersicurezza. Parla il prof. Mayer

"Istituto italiano per la cybersicurezza? Non comprendo l'insistenza su un soggetto confuso che non affronterebbe i 2 nodi fondamentali da sciogliere". Il commento di Marco Mayer, già consigliere dell'ex ministro dell'Interno, Minniti, ora docente al master Cyberdefence dell'Università di Modena e Reggio Emilia

 

Ancora tensioni politiche e istituzioni sulla cosiddetta fondazione degli 007 italiana.

L’Istituto italiano per la cybersicurezza – voluto intensamente sia dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sia dal capo del Dis (Dipartimento per le informazioni di sicurezza), Gennaro Vecchione – continua a suscitare polemiche e dibattito in politica e fra gli addetti ai lavori.

Ieri Conte è tornato a ribadire la necessità dell’Istituto nel corso di un’intervista al quotidiano la Repubblica.

LE PAROLE DI CONTE

“La proposta di istituire una fondazione che possa coordinare la ricerca sulla sicurezza cibernetica non è più procastinabile. A livello europeo stiamo realizzando una rete di coordinamento e l’Italia non può arrivare in ritardo a questo appuntamento. Abbiamo lavorato intensamente, sin qui, per realizzare il perimetro di sicurezza nazionale cyber e dotarci delle necessarie strutture operative. Ora dobbiamo completare il progetto con una fondazione che favorisca il coordinamento della ricerca cybernetica, dialogando con università, imprese, centri di ricerca. Il Dis e l’intelligence hanno solo compiti operativi in questo campo, mentre la responsabilità di indirizzo, anche con riguardo a questa fondazione, rimane in capo alle autorità politiche che sono competenti nel campo della sicurezza nazionale e della ricerca”.

L’ANALISI DEL GENERALE RAPETTO

Non tutti concordano con questa linea di azione e con le ragioni alla base della necessità, ovvero l’esigenza di avere una struttura nazionale ai fini di un coordinamento europeo per poter ricevere anche i fondi dedicati al settore derivanti dal Recovery Fund. A contestare questa tesi è stato nei giorni scorsi il generale Umberto Rapetto, noto esperto di cybersecurity, su Start Magazine (qui il commento di Rapetto, critico con l’idea della cosiddetta fondazione degli 007).

LE TENSIONI DEL COPASIR SULL’ISTITUTO

Ma il premier non demorde. Come sottolineato da un account Twitter sempre molto informato sui settori della sicurezza, della difesa e dello spazio, a breve il Copasir formalizzerà una risposta alla nuova richiesta del presidente del Consiglio di istituire appunto l’Istituto italiano di cybersicurezza (Iic), dopo anche l’intervento di Vecchione al Comitato per la sicurezza della Repubblica che non avrebbe convinto i parlamentari membri del Copasir (qui la ricostruzione di Start).

LA STAFFILATA DI DELRIO A CONTE SULL’ISTITUTO

Oggi dal Pd è arrivato un siluro indirizzato a Conte. Il capogruppo Pd alla Camera, Graziano Delrio, nel corso di un’intervista incalzante verso il premier pubblicata sul quotidiano la Repubblica alla fine ha toccato anche il nodo dell’Istituto italiano per la cybersicurezza invitando il presidente del Consiglio a dar seguito alle indicazioni e ai suggerimenti del Copasir che non collimano con quelli di Conte e Vecchione: “E sulla cybersicurezza senza il parere positivo del Copasir”, ha tagliato corto Delrio.

IL COMMENTO DEL PROF. MAYER

A stupirsi del forcing di Palazzo Chigi su Iic è anche Marco Mayer, già consigliere dell’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti, per le questioni cyber, ora docente al master Cyberdefence dell’Università di Modena e Reggio Emilia: “Ho studiato in modo approfondito la materia e non riesco a capire – dice a Start Magazine – perché tutta questa insistenza su una formula confusa che non affronta i due nodi fondamentali: a) dare direttive politiche e risorse perché le agenzie possano irrobustire lo scudo (in primis SIGINT più HUMINT anche –  quando è possibile – in raccordo con i servizi collegati). E stimolare a livello parlamentare un emendamento unitario per creare la terza struttura tecnologica e informatica che funzioni da servizio di AISE e AISI che non fu possibile approvare per ragioni politiche in occasione della riforma nel 2007 nella 124; b) finanziare con il Recovery Fund (digitale ed in particolare sicurezza digitale)  progetti sperimentali di ricerca applicata che diano un  reale valore aggiunto per il nostro paese, per l’Ue e per la NATO promossi insieme a imprese e università che non collaborino con competitor sistemici dell’Unione europea. È imperativo evitare gli errori politici  compiuti nella sperimentazione del 5G in parti importanti del territorio nazionale e che si sta  ripetendo  sia pure non direttamente, ma attraverso triangolazioni e le supply per la costituenda rete unica”. Infine, conclude Mayer, “la brillante operazione condotta dalla Polizia Postale con un mix di strumenti tradizionali e tecnologie di avanguardia (caso Leonardo/Pomigliano) dimostra quanto sia importante evitare –  in termini sia di sicurezza nazionale che di sicurezza pubblica  – che i miliardi del Recovery Fund favoriscano oggettivamente entità ostili o concorrenti”.

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