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America

Tutte le grane per Biden e Trump dopo le elezioni di Midterm

Un lieve calo dell'inflazione, Wall Street che vola, l'onda rossa che non c'è: Biden ha saputo limitare i danni; Trump accusa il colpo ma la sua macchina elettorale non si ferma. L'analisi di Mario Sechi e Rita Lofano.

 

La saga di House of Trump dopo il voto di Midterm è finita? Chi afferma che The Donald è archiviato sbaglia, chi lo vede dietro ogni trama è fuori strada, chi lo tiene sotto controllo radar fa bene. Il voto di Midterm ha dato il via agli esperimenti di un grande laboratorio politico: la partita del Congresso è appena cominciata, va in parallelo con quella per la Casa Bianca, America 2024. Vediamo il quadro post-voto.

Buone e cattive notizie per Biden

Un lieve calo dell’inflazione, Wall Street che vola, l’onda rossa che non c’è. Joe Biden è nel turbine di un doppio scenario. Nel primo egli è il vincitore, stringe mani, sorride. Nel secondo, ha lo sguardo preoccupato di chi ha appena perso l’ultimo treno. È vero, Biden ha limitato i danni, ha evitato la valanga, ma il sollievo è un breve istante, perché la Camera è persa e anche il Senato balla la rumba. Certo, i margini di distacco non sono oceanici, i repubblicani non hanno sfondato le linee, ma mentre il presidente può dire di aver tenuto botta (“alla Camera ho perso meno seggi di altri presidenti dem”), il Partito democratico non ha più il controllo del Congresso e questo è un fatto politico che non si può derubricare a routine, impone alla Casa Bianca di cercare un dialogo con il Gop sulle leggi di spesa e i temi più controversi, dell’agenda elettorale resterà ben poco; quanto a quella economica, senza un accordo con i repubblicani non passerà più nulla e la guerra in Ucraina sarà elemento di discussione, il Gop chiederà una definizione degli obiettivi (i termini per arrivare a un negoziato con la Russia) e Biden sarà ben contento di fissarli e presentare la lista delle cose da fare (e accettare) a Zelensky.

La buona notizia (ma anche in questo caso è meglio esser sobri) è quella sull’inflazione, la galoppata dei prezzi ha rallentato in ottobre (+7,7%). Questo naturalmente non basta per dire che siamo alla fine dell’inflazione (la Federal Reserve resta ferma sulla strada di un rialzo dei tassi di mezzo punto in dicembre), ma per la Borsa si tratta di un segnale. Wall Street registra e proietta lo scenario con la migliore seduta degli ultimi due anni: il Dow Jones fa un balzo di 1200 punti (+3,70%), il Nasdaq guadagna il 7,35%, l’indice S&P 500 vola a +5,54%. Biden sull’inflazione dice che “ci vorrà tempo per abbassarla a livelli normali e potrebbero esserci battute d’arresto, ma siamo concentrati”. Il presidente ha incontrato i suoi sostenitori all’Howard Theatre di Washington, e alla fine del voto si presenta come quello che, bene o male, tiene in piedi la casa democratica, anche se la strada per la sua ricandidatura è un sudoku politico complicato. Una vittoria di Trump l’avrebbe favorito, l’ascesa di Ron DeSantis impone una riflessione sull’opportunità di far correre un presidente anziano (Biden nel 2024 avrà 82 anni) contro il giovane governatore della Florida (DeSantis nel 2024 avrà 46 anni) determinato, efficace e ‘in stato di grazia’.

Joe cerca il bis, Ocasio-Cortez critica i dem

Biden ha ribadito di volersi candidare, lo fa nel momento in cui contestarlo non è facile, nonostante la sconfitta alla Camera. Ma avendo aperto lui la porta della Casa Bianca per il 2024, alimenta la polemica tra i suoi oppositori a sinistra.

Alexandria Ocasio-Cortez, non ha perso tempo e in un’intervista al New York Times squaderna quel che pensa dopo la perdita dei seggi nello Stato di New York: “Molto ha a che fare con Andrew Cuomo. Ma non si tratta di dare la colpa a lui, bensì di esaminare cosa è il Partito Democratico dello Stato di New York”. Ocasio-Cortez non fa giri di parole, accusa la leadership dei dem, parla di “grandi capitali e  una politica di vecchio stampo”, dipinge “una macchina calcificata”, accusa la presidenza dei Dem dello Stato di New York di non averla “mai chiamata una volta. Non ha fatto altro che inimicarsi me e tutti i candidati progressisti. Dobbiamo unirci come una squadra”. Ocasio-Cortez afferma che “l’idea di una politica puramente moderata che cerca di sconfiggere sia la base progressista che il Partito Repubblicano allo stesso tempo” finisce per “isolare” e “rimpicciolire” il partito. Chi è il principe dei moderati tra i dem? Joe Biden. E chi è la principessa? Nancy Pelosi.

Lo stesso New York Times sottolinea come “Biden sembra un candidato che sta facendo il giro della vittoria, anche se il suo partito ha perso seggi e potrebbe perdere il controllo della Camera. Ma l’aver evitato l’elezione disastrosa che alcuni temevano e prevedevano, fa sì che i risultati siano percepiti meglio dai Democratici”. Un’illusione ottica? Può darsi, ma se temi l’onda rossa, i tuoi alleati e avversari la evocano e questa poi non arriva, allora diventi quello che l’ha evitata.

Biden dunque va avanti (in cuor suo vorrebbe l’ideale ‘rematch’ contro Donald Trump) e dopo aver lanciato l’allarme per la democrazia in pericolo e messo in guardia dall’assalto del movimento Maga, ora dice che “martedì è stata una giornata positiva per l’America, una giornata positiva per la democrazia. Ed è stata una notte forte per i democratici”. Resta il punto: i dem non controllano più la Camera, Nancy Pelosi non sarà più speaker, al Senato è in corso un testa a testa. Per essere una notte ‘forte’, non è il massimo.

Il Senato è in bilico

Lo spoglio delle schede va avanti, la situazione è la seguente:

Il Partito repubblicano e’ vicino alla conquista del controllo della Camera, il Gop ha vinto o e’ in vantaggio netto finora in 221 sfide (tre seggi in piu’ della maggioranza di 218), i democratici sono fermi a 214.

Al Senato mancano ancora da assegnare i seggi in Nevada e Arizona, i dem in questi due Stati sperano di vincere grazie al voto postale. In Georgia si va al ballottaggio il 6 dicembre.

McCarthy si candida a fare lo speaker

Cosa succede in casa dei repubblicani? È cominciata la battaglia interna nel Gop tra trumpiani, diversamente trumpiani e mai stati trumpiani. Così a risultato ancora da ufficializzare, Kevin McCarthy è partito lestamente a caccia del ruolo che fu di Nancy Pelosi, speaker della Camera. McCarthy ha preso carta e penna e inviato una lettera ai colleghi parlamentari per lanciare la sua candidatura: “Nell’ultimo secolo, i repubblicani hanno strappato la Camera ai democratici solo quattro volte: 1946, 1952, 1994 e 2010. Solo in due occasioni il ribaltone è avvenuto in quattro anni o meno. Sebbene rimangano ancora diverse corse in sospeso, posso affermare con certezza che ci uniremo a quella lista, sfruttando i significativi guadagni e raggiungendo il nostro obiettivo di riconquistare la Camera”. McCarthy sottolinea come sia “stato il più costoso e probabilmente il più competitivo Midterm della storia americana. Eppure, in una gara combattuta, il nostro messaggio e i nostri candidati hanno prevalso, conquistando seggi chiave in tutto il Paese, alcuni dei quali in distretti che il Presidente Biden aveva conquistato solo due anni fa a due cifre, compreso il primo presidente in carica del DCCC (il comitato democratico per la campagna elettorale, ndr) a essere sconfitto in 42 anni”.

McCarthy sottolinea come quest’ultima “non è un’impresa da poco” e ha ragione, la notizia della vittoria di Mike Lawler su Sean Patrick Maloney è di grande importanza, è una bruciante sconfitta per il partito di Biden che a New York ha visto cambiare dal blu al rosso quattro seggi. E l’intervista di Alexandria Ocasio-Cortez al New York Times sottolinea quanto sia importante. La giovane progressista a sua volta aspira a un cambio di leadership dem alla Camera e alla fine il cambio della guardia potrebbe favorirla.

E Trump organizza il “grande annuncio”

McCarthy nella sua lettera sottolinea che “la conquista della maggioranza è solo l’inizio. Ora, saremo giudicati in base a ciò che faremo con la nostra maggioranza. Ora inizia il vero lavoro. Ecco perché mi candido a diventare Presidente della Camera dei Rappresentanti e chiedo umilmente il vostro sostegno”. Firmato ‘Kevin’.

Dettaglio: la macchina elettorale di Donald Trump lavora a pieno ritmo, i suoi fan hanno appena ricevuto una lettera dove vengono invitati a fare una donazione e partecipare all’estrazione di un invito a Mar-a-Lago “insieme al presidente Trump” nel “giorno del grande annuncio”, il 15 novembre. La saga di ‘House of Trump’ continua.

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