Non per distrarsi col classico dito che guarda la luna ma solo per contestualizzare meglio la missione a sorpresa di Giorgia Meloni da Donald Trump, cantando insieme l’only you immaginato dal manifesto nel titolo di copertina di oggi, è bene ricordare le circostanze di politica interna nelle quali è maturata l’iniziativa della premier italiana. Che ha fatto scacco matto agli avversari lasciatisi tentare, dietro le poche dichiarazioni di disponibilità ad un atteggiamento di responsabilità nazionale, chiamiamola così, dalla voglia o dall’interesse di sfruttare contro il governo la vicenda del sequestro della giornalista italiana Cecilia Sala a Teheran. Dove la giovane è stata rinchiusa in un carcere fra i più malfamati del mondo per cercare di scambiarla con un iraniano arrestato qualche giorno prima in Italia e a rischio di estradizione negli Stati Uniti. Non certo per le sue sole competenze “accademiche” -come lui ha detto attraverso i suoi legali – o tecniche nella confezione e nel traffico di droni, compreso quello costato la vita a militari americani in Giordania.
Per avere un’idea della solita danza di politica interna attorno a questo problema basterà soffermarsi sul fuoco polemico aperto contro il governo, e la Meloni personalmente, da Matteo Renzi. Che ha voluto cogliere anche questa occasione, reclamando tavoli e cose del genere, per dimostrare a chi ancora resiste ad una sua partecipazione al progetto di alternativa al centrodestra la sua capacità di fare ora opposizione.
Senza aspettare, per prudenza, diplomazia e altro, l’incontro già programmato a Roma nei prossimi giorni col presidente americano uscente Joe Biden, che ha prenotato una visita di commiato dal Papa, la premier italiana è volata dal presidente entrante per cercare di sciogliere la matassa Sala, chiamiamola così, forte di una lunga serie di precedenti in cui è già toccato agli stessi americani di accettare e persino promuovere scambi simili a quello preteso dagli iraniani per salvare il loro uomo dei droni.
Nella sua mossa a sorpresa- ripeto, persino del ministro degli Esteri Antonio Tajani, secondo qualche ricostruzione giornalistica- la Meloni ha dimostrato, anzi confermato un’agibilità e un’autorevolezza internazionali difficilmente attribuibili a quella disponibilità all’”obbedienza” attribuitale di recente con una certa spocchia dall’ex presidente del Consiglio ed altro ancora Romano Prodi. Che si è stupito, difeso dagli amici, delle reazioni comiziali della premier, a chiusura della recente festa della destra italiana al Circo Massimo. Seguite ora dai fatti, non da una seduta spiritica come quella nella quale Prodi nel 1978 dichiarò di avere appreso il none Gradoli a proposito del sequestro di Aldo Moro. La cui regìa operativa era stata allestita in un covo situato in quella strada di Roma, scambiata originariamente per un’omonima località del Viterbese.