skip to Main Content

Meloni Draghi

Meloni scivola sulla buccia Draghi

Le parole di Meloni su Draghi viste da Damato

 

Altro che “incidente”, come lo ha generosamente declassato Il Giornale riferendosi all’”attacco a Draghi” contestato da Repubblica a Giorgia Meloni per il discorso nel quale ieri alla Camera, in vista della partecipazione al Consiglio Europeo, si è praticamente vantata di avere portato o di poter ancora portare a casa, in termini di concessioni o solo di immagine, molto più di quanto avesse fatto il suo predecessore ripreso in treno con il presidente francese Macron e col cancelliere tedesco Scholz in viaggio verso l’Ucraina appena aggredita dalla Russia di Putin. O ricevuto ogni tanto da Macron all’Eliseo, dove si coltiva la speranza neppure tanto nascosta di portare l’anno prossimo l’ex premier italiano alla presidenza della Commissione esecutiva dell’Unione, al posto della tedesca Ursula von der Layen, o del Consiglio Europeo, al posto del belga Charles Michel.

IL DERAGLIAMENTO DI MELONI SU DRAGHI

Quello della Meloni, volendo restare all’immagine ormai storica del treno che lei ha evocato con Draghi, Macron e Sholz in missione di soccorso all’omologo ucraino Zelensky, è stato un disastroso deragliamento politico: di quelli che possono segnare nella vita di un governo o nella carriera di un premier la separazione fra il prima e il dopo.

A rimuovere o raddrizzare le lamiere non sono certamente servite le precisazioni ufficiali, ufficiose o confidenziali seguite al discorso alla Camera per dirottare la polemica da tutti avvertita nei riguardi di Draghi verso il Pd di Elly Schlein, così diverso da quello di Enrico Letta in politica estera, per quanto Giuseppe Conte peraltro l’accusi di indossare ancora ”l’elmetto”. E la stessa Schlein possa replicare e difendersi ricordando quella “stanchezza” per la guerra in Ucraina lasciatasi sfuggire dalla Meloni nella famosa intervista strappatale da due comici russi travestiti da diplomatici africani, o qualcosa di simile.

COSA HA DETTO DE BENEDETTI

Non so francamente se e quanto tempo occorrerà alla Meloni per far dimenticare il suo deragliamento, ripeto. Né la premier può consolarsi – temo – con la sorprendente preferenza dichiaratale oggi sul Foglio dal vecchio, indomito, “radicalizzato” Carlo De Benedetti. Che, intervistato da Salvatore Merlo sul declino di quelli che furono i suoi giornali, ha finito per parlare anche della destra sei mesi dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi.

“Questa destra – ha detto l’ex editore di Repubblica, ora di Domani – non mi pare tanto normale. E Meloni non mi piace per niente”. Cioè continua a non piacergli, dopo averle dato della “demente” – se non ricordo male – fra le proteste anche di una nuora.

“Eppure – racconta l’intervistatore – a un certo punto scopriamo che c’è qualcuno che all’Ingegnere piace persino meno”. E chi? “Se dolorosamente, costretto a scegliere tra Meloni e Conte, sceglierei Meloni”, ha detto Carlo De Benedetti parafrasando se stesso quando in televisione disse che avrebbe preferito il pur “avversario” e ancora vivo Berlusconi rispetto a Beppe Grillo e subordinati, o garantiti.

Back To Top