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Meloni

Perché Meloni sbugiarda Salvini e Tajani

Che cosa succede sull'Albania fra Meloni, Salvini e Tajani. I Graffi di Damato.

La premier Giorgia Meloni ha smentito, cioè sbugiardato, i due vice presidenti del Consiglio – Matteo Salvini e Antonio Tajani, in ordine rigorosamente alfabetico – che si erano mostrati, o si erano lasciati mostrare sorpresi dal patto con l’Albania. Che dalla primavera prossima dovrebbe permettere per cinque anni di sbarcarvi e trattenervi per un mese circa tremila migranti soccorsi in mare da navi italiane, eccetto donne e bambini, per sottoporli ai primi accertamenti, alleggerendo così i centri di raccolti in Italia. Sono stati “tutti coinvolti”, ha assicurato la premier assumendosi la piena e solitaria responsabilità solo del momento e delle circostanze in cui ha voluto completare e annunciare il patto, sottoscritto a Palazzo Chigi col premier albanese in una visita ufficiale.

LE TENSIONI TRA MELONI, SALVINI E TAJANI SUL PATTO CON L’ALBANIA

Salvini e Tajani non hanno insistito nella protesta o doglianza, senza tuttavia riuscire a convincere un pel po’ di giornali del loro silenzio. “L’Albania divide i sovranisti. Tensione tra Meloni e la Lega”, ha titolato La Stampa. “Le ombre e i veleni di Salvini e Tajani sull’accordo con l’Albania”, è il titolo del Riformista.

“E ora Salvini, estromesso dal dossier migranti, aspetta col conto in mano”, ha annunciato o minacciato Il Dubbio in un “retroscena”. “Il rapporto tra Meloni e Tajani non è più blindato”, ha raccontato Il Foglio come se non lo fosse già da tempo, almeno da quando la premier si vantò di avere deliberatamente portato in Consiglio dei Ministri la tassazione degli extraprofitti delle banche all’insaputa di tutti, provocando le proteste pubbliche, appunto, di Tajani. Che preannunciò e ottenne modifiche all’intervento che penalizzava anche Mediolanum, la banca a partecipazione berlusconiana.

Ancora più dura contro la Meloni e sulle difficoltà di applicazione del patto con l’Albania è stata naturalmente l’Unità di Piero Sansonetti, cui non è parso vero di potere arruolare fra gli oppositori o critici, e non a torto, il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. “Fallita l’operazione Albania. La Chiesa furiosa. La maggioranza spaccata”, ha gridato la testata storica di quello che fu il comunismo italiano. E giù nel testo: “I dissensi nella maggioranza sono una buona notizia. Perché probabilmente fermeranno questo abominio. Però, anche se l’operazione fallirà, il rischio è che comunque un varco sia stato aperto…..all’idea che i profughi, come gli antichi schiavi, vengano stipati in navi negriere (con gli stemmi della marina italiana) e portati in un campo di concentramento in terra straniera”.

Un contributo all’opposizione verrà anche dai magistrati, fra i quali si teme che non possa davvero valere in Albania la “giurisdizione italiana” dichiarata nel testo dell’accordo. Potrà rivelarsi in effetti difficile la tempestività dei ricorsi registrata nei tribunali italiani dove i giudici hanno liberato migranti che hanno potuto scappare prima che si potessero esaminare le loro richieste di asilo e protezione.

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