I risultati elettorali francesi inducono a rileggere il programma del Nuovo Fronte Popolare che è risultato essere il primo blocco parlamentare. Potremmo sintetizzarlo, nonostante le mediazioni intervenute tra le componenti radicali e quelle “riformiste”, come un progetto dichiaratamente discontinuo rispetto al governo di Macron e tutto tasse, spesa pubblica e perfino nazionalizzazioni. Senza considerare la “sottomissione” che conduce a mettere sullo stesso piano Hamas e Israele. Che cosa sarebbe stato senza Glucksmann?
È comprensibile che i mercati ne siano spaventati. Il carico ulteriore di prestazioni sociali su un bilancio nel quale è esploso il debito pubblico, l’ipotesi di una riduzione del tempo di lavoro a parità di salario, la pesante tassazione sui patrimoni ereditati che comunque non potrebbero superare un tetto (senza gettito rilevante), la nazionalizzazione della quotata Sanofi, il blocco dei grandi investimenti infrastrutturali, il completamento della religione di Stato con il divieto di simboli religiosi nelle scuole e il riconoscimento della fluidità di genere, descrivono il possibile declino economico e civile di una nazione spaccata.
Ora vien da pensare a tutti coloro, anime belle, che hanno a tal punto temuto la vittoria della destra da sottovalutare il pericolo rappresentato da queste intenzioni. Certo, l’arte della politica delle élite parigine potrà ridimensionare (con fatica) il peso di queste tesi, ma non potrà più cancellare un processo di polarizzazione che tornerà a manifestarsi nel voto presidenziale.
Maurizio Sacconi