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Giorgetti

Marco Travaglio? il successore del Vittorio Feltri dei primi anni Novanta

Che cosa ha scritto un po' a sorpresa Vittorio Feltri su Mani Pulite e dintorni

 

Convinto forse di fare un altro scoop dei suoi, sulla soglia ormai dei 79 anni portati con una certa spavalderia almeno verbale, fonte inesauribile degli spettacoli di Maurizio Crozza, il solerte Vittorio Feltri ha anticipato di sette giorni la celebrazione del trentesimo anniversario dell’arresto del “povero” Mario Chiesa. Sì, “povero”, perché -ha ammesso il suo ex fustigatore- raccoglieva tangenti per il suo partito, il Psi, come facevano tutti per le loro formazioni politiche concorrenti di un Pci che si finanziava alla grande con i dollari rossi dell’allora Unione Sovietica, per inciso avversaria politica e militare dell’Italia partecipe della Nato.

Nel richiamo di prima pagina del suo articolo dichiaratamente di “scuse” per il forte contributo dato alle manipolazioni giornalistiche dell’inchiesta giudiziaria, già manipolata di suo col nome di “Mani pulite”, c’è una fotina di Antonio Di Pietro che potrebbe far pensare ad un’intervista con quello che fu il magistrato d’accusa allora più famoso.

No, non è un’intervista all’ormai Cincinnato di “Mani pulite”, tanto misteriosamente quanto improvvisamente ritiratosi dalla magistratura per lasciarsi poi tentare dalla politica e ritirarsi anche da questa, metaforicamente scoppiato come un palloncino per lo spillo infilatovi da una giornalista in televisione. Che raccontò del metodo di finanziamento e di gestione del partito un pò troppo enfaticamente chiamato “Italia dei valori”: bollati come le carte che hanno appena travolto, con tanto di sospensione giudiziaria, il vertice della formazione in qualche modo erede del partito di Di Pietro per la foga manettara, diciamo così, in cui nacque nel 2009. E’ naturalmente il MoVimento 5 Stelle.

Questa volta Feltri non ha replicato. A intervistare nuovamente Di Pietro non ci ha neppure pensato. Gli è bastato richiamarsi alla prima intervista strappatagli in quegli anni falsamente magici di “Mani pulite”, quando ottenne una quantità tale di notizie sparabili come cannonate in prima pagina da moltiplicare nelle edicole le copie del giornale – l’Indipendente – che aveva ereditato sul punto di fallire.

Trent’anni dopo l’epico decollo di “Mani pulite”, come già riconosciuto dall’allora capo della Procura di Milano Francesco Saverio Borrelli e dal superstite Gherardo Colombo, per non parlare di Francesco Greco e Camillo Davigo, la corruzione sopravvive anche più sfacciatamente di prima. Per cui Feltri, di fronte all’attuale “classe politica di infimo livello”, ha voluto scusarsi coi lettori “se ho ecceduto nel menare le mani” contro l’altra, ma – ha aggiunto – “ho qualche attenuante: mi prudevano”. Le sue quindi sono scuse sino ad un certo punto. Infatti in un altro passaggio del suo articolo si legge: “Sono pentito? Solo un po’. La mia indole di direttore di successo era troppo forte”.

Ora Feltri può godersi, si fa per dire, i frutti della sua opera vedendo i partiti più o meno gestiti direttamente dai magistrati, penali o civili secondo le circostanze, con indagini, processi, ordinanze e sentenze le cui cronache si mescolano a quelle politiche in un minestrone maleodorante, a dir poco. E con operatori dell’informazione -chiamiamoli così- ancora più disinvolti dell’allora giovane Feltri. Che magari fra trent’anni si scuseranno anche loro alla sua maniera, pentendosi “solo un pò”. Per ora Giuseppe Conte si tenga pure la sua sospensione giudiziaria da presidente delle 5 Stelle, il garante Beppe Grillo la sua crociera d’influenze con l’amico armatore Vincenzo Onorato e Matteo Renzi -il più fortunato in fondo- il suo riflesso nello specchio di Silvio Berlusconi fotomontato da Marco Travaglio, il successore del Feltri dei primi anni Novanta.

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