Il 15 febbraio scorso, i capi di Stato e di governo di Francia (presidente Emmanuel Macron), Germania (cancelliere Olaf Scholz) e Polonia (primo ministro Donald Tusk), che compongono il cosiddetto “Triangolo di Weimar”, hanno discusso a porte chiuse del conflitto in corso in Ucraina e di come contribuire in maniera più incisiva alla buona riuscita della campagna militare.
Una iniziativa che ha visto i tre leader riunirsi dopo oltre 10 anni e tra gli argomenti, non resi pubblici, è stato sicuramente affrontato il dibattutissimo tema della fornitura di missili a lungo raggio a Kiev, da sempre ritenuta come una delle possibili cause di escalation.
A margine di tale vertice, il presidente francese Emmanuel Macron ha rilasciato delle dichiarazioni ai giornalisti, che hanno causato dure reazioni tra alcuni partner europei e alleati Nato. Il presidente Macron, con quella che potrebbe sembrare una brusca inversione della politica estera transalpina, ha affermato di “non escludere l’invio di soldati occidentali in Ucraina, a sostegno della resistenza contro l’invasione della Russia. Faremo tutto quello che è necessario per impedire che la Russia vinca la guerra. Non c’è consenso, al momento, sulla possibilità di inviare truppe di terra e non c’è stato alcun accordo ufficiale per l’invio di soldati sul territorio ucraino. Ma in termini di opzioni sul campo, non possiamo escludere niente e bisogna rendersi conto che siamo sempre stati in ritardo di sei-otto mesi nell’indispensabile invio delle risorse annunciate dai vari governi a supporto dell’Ucraina”.
A seguito di queste dichiarazioni si è aperto un fuoco di fila di critiche da parte di alcuni Paesi europei (Italia inclusa) che in ordine sparso e con tono irritato, hanno contraddetto la posizione francese e fatto sapere (a Putin) di non avere alcuna intenzione di inviare truppe in Ucraina nel prossimo futuro. Anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz, probabilmente toccato sul nervo scoperto del ritardo della Germania nell’invio di armi all’Ucraina, ha detto che “non saranno inviati in Ucraina soldati da parte di paesi europei”.
Distinguo tra Stati membri EU che confermano la mancanza di una politica estera e tantomeno di difesa comuni europee.
Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, invece, ha rilasciato all’agenzia di stampa Associated Press una dichiarazione più cauta ed allo stesso tempo ambigua come quella del presidente francese: “non ci sono piani per l’invio di truppe della NATO in Ucraina”.
Indipendentemente dalla rottura di un tabù e della sua certamente improvvisa “disruption diplomatica”, le dichiarazioni del presidente Macron, per certi versi inaspettate e sicuramente non preventivamente condivise con gli alleati, sono coerenti con i nuovi piani di difesa e dissuasione adottati dalla Nato nei confronti della Russia.
Nelle ultime settimane, dopo le dirompenti dichiarazioni di Trump sull’Alleanza atlantica, e dopo aver abbandonato un atteggiamento apparentemente più diplomatico e conciliante, che gli aveva causato molte critiche da parte di chi lo riteneva troppo soft con Vladimir Putin, il presidente Macron si è completamente allineato con la dottrina Nato e si sta accreditando come uno dei più solidi sostenitori europei della causa ucraina.
Non escludendo la possibilità di inviare militari occidentali in Ucraina, la Francia ha reso pubblica una delle opzioni in valutazione sui tavoli Nato ed aperto il dibattito su quella che in gergo viene definita “ambiguità strategica”.
Cosa significa ambiguità strategica?
La strategic ambiguity, utilizzata in diversi campi come la strategia militare, la politica, la comunicazione, i sistemi organizzativi, racchiude diverse funzioni: in particolare, la sua capacità di promuovere la diversità di opzioni disponibili, di preservare posizioni privilegiate, di sostenere la negabilità, di variare il processo decisionale a secondo dello scenario e di favorire i cambiamenti organizzativi.
Nel contesto della politica globale, una strategia di ambiguità deliberata (nota anche come politica di ambiguità strategica o incertezza strategica) è la pratica di un governo o di un attore non statale di essere deliberatamente ambiguo riguardo a tutti o ad alcuni aspetti delle sue strategie, politiche, tattiche operative ed organizzative.
Dal punto di vista militare, l’ambiguità strategica assicura una capacità di deterrenza in grado di dissuadere i nemici da atti di aggressione. Un classico esempio di ambiguità strategica è la politica adottata dagli Stati Uniti nei confronti di Taiwan, che fino ad oggi si è dimostrata efficace nel contrastare l’assertività della Cina, nonostante la sua forza militare ed economica e la sua propensione al rischio siano cresciute esponenzialmente durante gli anni di governo del presidente Xi Jinping.
Anche contro la Russia, l’ambiguità strategica potrebbe rappresentare un approccio migliore alla deterrenza ed una risposta alle continue minacce di attacchi nucleari da parte del Cremlino.
Un impegno di difesa diretta dell’Ucraina da parte dell’Occidente, anche se potrebbe spingere la Russia ad essere più minacciosa nei confronti dell’Europa, non rappresenterebbe certamente un pericolo di escalation, poiché il presidente Putin saprebbe esattamente cosa potrebbe scatenare una risposta della Nato. Un impegno a difendere l’Ucraina potrebbe anche irritare (ulteriormente?) la leadership russa, ma allo stesso tempo affermare i suoi timori che l’Europa e la Nato sono determinati a non perdere questa guerra e che bisogna iniziare i negoziati per farla finire. Invece di differenziarsi, i governi europei rafforzerebbero la deterrenza e la dissuasione, chiarendo che non si è disposti a tollerare minacce atomiche, e considerata l’impossibilità di conquistare l’Ucraina e di ottenere una vittoria militare, i rischi potenzialmente catastrofici di un conflitto contro la Nato potrebbero indurre la Russia a sedersi al tavolo delle trattative.
L’uscita “non convenzionale” del Presidente Macron, che non esclude l’invio di soldati, se collegato alla recente firma dell’accordo bilaterale Francia – Ucraina, potrebbe significare che la Francia si stia preparando al peggio, cercando di allertare ed organizzare preventivamente gli alleati per far fronte a una possibile escalation? Oppure, la Francia, potenza dotata di arsenale nucleare ha deliberato la sua ambiguità strategica, cioè quella pratica per cui uno Stato, si tiene volutamente vago sulla sua politica di difesa in modo da intimorire e dissuadere i suoi avversari dal prendere misure troppo azzardate. Mettendo sul campo la possibilità, per quanto remota, di un intervento di truppe occidentali, Macron, probabilmente, ha voluto mettere in guardia la Russia, e farle capire che le risposte occidentali in difesa dell’Ucraina si potrebbero spingere anche al di là del solo invio di armi.
Anche per questi motivi, i decisori politici occidentali dovrebbero attentamente valutare se l’”ambiguità strategica” può essere una linea d’azione più efficace rispetto al solo invio di armi o se è giunto il momento di passare alla “chiarezza strategica”. Due opzioni alternative che potrebbero essere integrate ad una indispensabile velocizzazione nell’invio di sistemi di difesa all’Ucraina:
- Adottare l’ambiguità strategica. Aggiornare la strategia per contenere le mire espansionistiche del presidente Putin, che sta enfatizzando a livello globale la sua “vittoria” alla elezioni russe come un plebiscito alla sua “operazione militare speciale”. Una deliberata ambiguità strategica nei confronti della Russia, come ha proposto il presidente Macron, astenendosi dal chiarire le intenzioni sulla difesa dell’Ucraina, sarebbe un deterrente per la Russia dall’effettuare ulteriori attacchi ed incursioni per conquistare altri territori. Sarebbe anche un monito per l’Ucraina dall’intraprendere azioni potenzialmente provocatorie.
- Adottare una nuova politica di chiarezza strategica. Questa opzione comporterebbe l’annuncio di un chiaro impegno a difendere l’Ucraina e la delimitazione di azioni specifiche che, se la Russia le intraprendesse, scatenerebbero una risposta della Nato. Una specie di linea rossa da non superare. Per garantire la massima credibilità, la chiarezza strategica potrebbe anche comportare un rafforzamento della presenza militare, come in effetti la Nato sta già attuando a protezione dei propri confini e con le esercitazioni in corso in aeree operative sensibili e con il coinvolgimento degli eserciti di Svezia e Finlandia (new entry nell’Allenza), per dimostrare che gli Alleati sono pronti a mantenere il loro impegno. Questa opzione potrebbe fungere da deterrente più forte contro ulteriori avanzamenti e/o sconfinamenti dell’esercito russo. Tuttavia, potrebbe anche amplificare le tensioni nella regione e obbligare gli Alleati a partecipare al conflitto se questo dovesse rappresentare una minaccia concreta anche per gli Stati aderenti alla Nato.
Se da un lato bisogna prendere atto che alcuni Paesi UE hanno preso le distanze dall’idea di poter inviare proprie truppe sul suolo ucraino, molti non hanno rilasciato dichiarazioni sul tema, ma diversi esperti ed addetti ai lavori, come il generale della Royal Netherlands Air Force – Capo di Stato Maggiore della difesa delle forze armate olandesi – hanno rivelato che la possibilità di “boots on the ground” è all’ordine del giorno. Intervistato dalla Reuters durante una visita nella Repubblica Ceca, il generale olandese ha affermato: “Macron ha probabilmente voluto chiarire a Putin che nessuna opzione è off limits. Bisogna mettere sul tavolo tutte le opzioni, e quella di inviare truppe in Ucraina è l’opzione estrema, anche se non credo che i Paesi della Nato siano ancora molto disposti a farlo. Ma non si sa mai cosa succede col trascorrere del tempo”.
Tutti i membri della NATO, in special modo quelli europei, devono intensificare gli impegni per soddisfare le esigenze di difesa, preparandosi ad affrontare tutte le eventualità e le minacce poste dalla Russia, e non solo.
La guerra scatenata dal presidente Putin nel cuore dell’Europa ci ha catapultati da un’epoca in cui tutto era pianificabile, controllabile, prevedibile ed incentrato sull’economia… ad un’epoca in cui dobbiamo aspettarci l’imprevedibile. Un’Era della guerra ibrida globale, in cui dobbiamo concentrarci sull’efficacia dei nostri sistemi di sicurezza e di difesa, per difendere la libertà e la democrazia.