Caro direttore,
come stai? Certo che noi giornalisti siamo dei bei personaggetti: pronti a invocare trasparenza su tutto tranne che sui nostri conti correnti.
E’ quello che ho desunto dalla cenetta di ieri sera. Ho infatti incontrato, in vista della ripresa settembrina, alcuni giornalisti della televisione e alcuni addetti stampa: il discorso s’è incagliato sulla recente querelle tra Il Giornale e Lucia Annunziata.
E qui, direttore, ammetto non senza imbarazzo la mia ingenuità che a tavola mi ha causato non pochi sfottò da parte degli amici, ben più scaltri e scafati lavorando in settori in cui le conoscenze sono tutto e a quanto pare fanno muovere migliaia e migliaia di euro (loro infatti mi hanno snocciolato un gran numero di nomi e relativi compensi, che qua non ripeterò anche perché ho preferito dimenticarli).
Ma andiamo con ordine. Il Giornale nell’articolo a firma di Pasquale Napolitano ha pubblicato nei giorni scorsi il pezzo “L’Annunziata consulente di due banche in campagna elettorale per le Europee” dove si legge: “Per 10 mesi di lavoro, da giugno 2023 ad aprile 2024, Lucia Annunziata, l’ex giornalista Rai, eletta al Parlamento europeo nella lista Pd, ha incassato (per una consulenza) dalla Banca Ifis 120 mila euro. Cifra tonda. La media di 12 mila euro al mese. […] C’è un’altra banca, Fideuram (gruppo Intesa Sanpaolo), che ha pagato a peso d’oro le prestazioni professionali dell’ex presidente Rai. Per un’attività lavorativa occasionale Annunziata ha intascato un gettone di 18mila euro da Fideuram, nell’ambito del progetto «Elephase»”.
Il Giornale aveva come obiettivo quello di sottolineare le date ravvicinate tra il momento in cui la Annunziata ha lasciato la Rai e si è candidata col Pd. Ma questo è il profilo della vicenda che mi ha colpito meno (sono stato diverse volte a eventi moderati da giornalisti Rai ancora in servizio nella tv pubblica). La replica della Annunziata è stata a sua volta interessante: “Il Parlamento europeo – ha spiegato l’ex giornalista Rai – come primo atto all’inizio della legislatura sottopone tutti i candidati eletti alla verifica della loro idoneità ai criteri di correttezza stabiliti. La verifica sul conflitto di interesse, affidato al settore «Transparency», è la più rilevante e anche la più lunga. Si basa su documenti che vengono chiesti agli eletti – ad esempio viene chiesta la posizione bancaria non solo dell’anno corrente ma anche dei tre anni precedenti all’impegno elettorale. I documenti chiesti – ha detto Lucia Annunziata – sono quelli ufficiali della Banca Italiana dell’eletto. Alla fine del percorso, i dati sono resi pubblici sul sito del Parlamento”.
Tutto bene quel che finisce bene: il Giornale ha fatto il suo lavoro e ha scavato negli affari di una europarlamentare e l’esponente politica ha risposto producendo tutte le pezze d’appoggio e dimostrando che era tutto già pubblico. Perché allora te ne parlo? Perché lì entra in gioco la mia dabbenaggine, dato che ho candidamente ammesso ai miei commensali di essere rimasto sorpreso dell’entità delle cifre mensili pagate da Banca Ifis e dal gruppo Intesa Sanpaolo all’ex conduttrice di Mezz’ora in più su Rai3, facendo però deflagrare una fragorosissima risata. In coro, infatti, mi è stato detto che quelle, solitamente, sono le cifre che finiscono sul conto in banca di firme di punta dei quotidiani, dei direttori di testata e volti noti di giornalisti televisivi (non solo Rai: mi hanno elencato mezzibusti spesso fascinosi delle emittenti private) per moderare eventi di un paio d’ore. Insomma, altro che consulenze, i soldi veri i giornalisti li fanno con gli eventi.
Presentazioni di nuovi prodotti, seminari, mostre, premiazioni, convention, ricerche, consulenze per testate aziendali e persino attività di lobby: è la cosiddetta meeting industry che fa vivere città come Milano, in cui ormai non si produce altro che eventi declinati nelle varie settimane della moda, del gaming, della tecnologia…
Nell’anno prima che scoppiasse la pandemia, secondo questi dati che puoi trovare sul sito dell’Università Cattolica, in Italia sono stati complessivamente realizzati 431.127 eventi con un minimo di 10 partecipanti ciascuno e della durata minima di 4 ore, per un totale di 29.101.815 partecipanti e 43.398.947 presenze. Gli eventi della durata superiore a un giorno hanno rappresentato il 28,7% del totale e hanno totalizzato circa 29.020.000 presenze sul territorio, pari al 10,3% delle presenze registrate da ISTAT negli esercizi alberghieri italiani nel 2019.
Con riferimento alla Città metropolitana di Milano nel 2019 gli eventi sono stati pari a 47.045, con 3.760.696 partecipanti e 5.698.492 presenze complessive. Gli eventi della durata superiore a un giorno sono stati pari al 21,3% del totale e hanno fatto registrare 3.365.000 presenze, che hanno rappresentato il 24,4% dei pernottamenti negli esercizi alberghieri nella Città metropolitana.
Con riferimento alla dimensione economica, il laboratorio di ricerche della Cattolica ha stimato che l’apporto diretto dei congressi e degli eventi realizzati nella Città metropolitana di Milano nel 2019 sia risultato complessivamente pari a 987 milioni di euro. Più in dettaglio, la spesa complessiva diretta dei partecipanti è stata pari a 755 milioni di euro ed è riferibile per il 43,8% agli eventi nazionali e per il 48,9% agli eventi internazionali; la spesa diretta degli organizzatori presso le sedi dei congressi e degli eventi è stata pari a 232 milioni di euro; il 28,4% di tale spesa risulta effettuata presso i centri congressi e i centri fieristico congressuali e il 39,6% presso gli alberghi congressuali.
Poi c’è stato lo stop dovuto al Covid, che ha reso gli eventi digitali. Ma come sembra di intuire da quanto raccontano le aziende specializzate che spuntano googlando le semplici parole “eventi moderati da giornalisti”, l’industria è ripartita alla grande e coinvolge un numero crescente di firme che leggiamo quotidianamente sui grandi giornali o di volti che abbiamo imparato a conoscere in televisione. Tra l’altro, per tua curiosità, sul finire della pagina dell’agenzia che ti ho appena linkato ne puoi trovare alcuni.
A proposito di nomi e di elenchi, per quanto abbia cercato e ricercato, non c’è alcun elenco dell’Ordine dei giornalisti – ma spero di essermi sbagliato, di non essere stato sufficientemente attento o che la pagina in questione sia stata indicizzata male – che riporti i nomi dei professionisti e delle aziende per cui, più o meno direttamente, hanno lavorato moderando/conducendo i loro eventi.
E con ogni probabilità se non fosse stato per le elezioni europee cui la Annunziata ha deciso di presentarsi, oggi non staremmo nemmeno qui a parlarne, perché il caso sollevato dal Giornale riguarda lei, unica vicenda resa pubblica e notoria, mentre tutti gli altri emolumenti restano segreti.
Insomma, direttore, non ti pare un po’ assurdo che un giornalista (che scrive tutti i giorni di economia, finanza ecc) partecipi in qualità di moderatore a un evento di natura privata organizzato magari da una banca o da una grande impresa? I lettori e i telespettatori non hanno il diritto di apprendere se quel giornalista che parla o scrive dell’azienda X incassa soldi dalla medesima azienda?
Le aziende che fanno pubblicità su giornali di carta e web ci mettono la faccia e poi lettori e telespettatori possono giudicare se quella testata è prona o meno dell’azienda che fa pubblicità. E perché i giornalisti non devono metterci la faccia e dire di essere stati pagati personalmente da un’azienda di cui magari scrivono o parlano su giornali e tv?
Nella mia visione forse eccessivamente idealizzata del mestiere, sarebbe come se un giornalista che recensisce auto poi moderasse un evento per una determinata Casa automobilistica e il mese successivo si trovasse proprio a provare l’ultima ammiraglia dell’azienda da cui sta aspettando il saldo della fattura: possiamo definirlo attendibile, autorevole, professionale? Se a questo ragionamento aggiungiamo che gli eventi non li fanno solo le banche, ma anche le associazioni, i produttori di tecnologia (il più delle volte cinesi), le case farmaceutiche, le lobby… non sarebbe il caso di chiedere una norma ad hoc per sapere quali giornalisti moderano questi incontri e quanto prendono? Come ti dicevo, ieri gli amici Pr mi hanno fatto alcuni nomi e, soprattutto, diverse cifre: sono tutte da capogiro.
Nella mia ingenuità pensavo che i giornalisti che moderano gli eventi non fossero pagati, al più venissero coperte loro le spese per il viaggio e il pernottamento. Insomma, pazienza per i seminari e i corsi deontologici, o per i giornalisti che insegnano nei master e nelle università, dove l’attività è divulgativa, ma non trovi che sia a dir poco sdrucciolevole l’essere pagati da un tale marchio per moderare un evento nel quale magari è presentata una ricerca a suo favore con ospiti che ripeteranno in coro quanto è bello e importante per l’economia italiana?
Per me sì: ne va della terzietà e indipendenza del giornalista, e prima di sentir parlare in televisione Tizio di Sky sulla situazione economica italiana o di leggere l’articolo di Sempronio sul boom della banca XY mi piacerebbe avere la possibilità di leggere in un elenco aperto (magari dell’Ordine dei giornalisti, che così si renderebbe utile) per sapere se i giornalisti in questione hanno avuto altri introiti rispetto ai pagamenti del proprio editore, per quale evento e a favore di quale cliente. Lo troverei doveroso soprattutto per i volti Rai, dato che sono dipendenti di un’azienda pubblica. Ma, ripeto, una simile operazione trasparenza dovrebbe riguardare tutti, dai collaboratori esterni a coloro che invece sono pagati come interni.
Ovviamente ci sarà la riservatezza dei dati che sarà invocata a tutela di codeste attività paragiornalistiche dei giornalisti. Ma si potrebbe prevedere l’obbligo di indicare almeno da chi i giornalisti sono stati pagati e sull’importo si potrebbe pensare a un tetto al di sotto del quale non si è tenuti a divulgare l’ammontare della consulenza. Insomma, le ipotesi possono essere diverse.
Nel 2016 come ben ricorderai direttore si parlò tantissimo, su ogni giornale, del divieto dei giornalisti di fare pubblicità perché Fabio Fazio, all’epoca volto Rai, fece uno spot Tim e fu chiamato a scegliere se restare nell’Ordine o tenersi il compenso. Il conduttore di Che tempo che fa si fece cancellare dall’Ordine. Detto tra noi, penso abbia fatto bene dato che in più di una occasione mi sono chiesto a che serva.
Ora, non dico che le due cose siano assimilabili e ritengo che ci sia una differenza enorme tra pubblicizzare e moderare – e dunque è giusto che l’Ordine vieti ai suoi iscritti di reclamizzare prodotti mentre non vieti di presenziare agli eventi e di condurli – tuttavia, dato che entrambe le attività si sostanziano poi nel pagamento di un compenso al giornalista da parte di un privato, ritengo che non si sia normata abbastanza quest’ultima fattispecie. In ogni caso, infatti, si rischia di avere un volto o una firma di cui il pubblico si fida che potrebbe riservare un trattamento di favore a un’azienda con la quale ha collaborato in passato e spera di tornare a collaborare. O no?
Per l’Ordine a quanto sembra il rischio non sussiste, del resto i miei commensali mi hanno detto che quasi quotidianamente persino i direttori delle testate prendono parte a qualsiasi tipo di evento, ricevendo in cambio assegni più o meno sostanziosi. Dovresti pensarci, se vuoi arrotondare un po’ lo stipendio: sono tutte attività che non portano via più di mezza giornata e per le quali mi è stato assicurato non serve nemmeno prepararsi più di tanto, solo concordare con gli ospiti le domande prima di salire sul palco. Anzi, a volte più si cazzeggia e più si è considerati bravi: d’altronde i giornalisti più noti sono ormai degli uomini spettacolo.
Tuo,
Claudio Trezzano