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L’Italia non può brindare troppo per le nomine all’Esa

L'Italia ha un secondo direttorato molto importante, per di più guidato da una donna; ma la realtà e il peso politico reale del nostro Paese nell'Esa è molto piccolo, per non dire irrilevante. L'intervento dell'analista Francis Walsingham

 

Nell’ultimo Council dell’Esa del 20 e 21 ottobre il Direttore Generale, Joseph Aschbacher, ha proposto alle delegazioni nazionali l’approvazione delle persone selezionate nei tre direttorati messi a concorso due mesi fa: Navigazione, Commercializzazione e Industria, Osservazioni della Terra. Quest’ultimo situato nel Centro Esrin di Frascati.

Nell’ordine i candidati prescelti sono uno spagnolo, Francisco-Javier Benedicto Ruiz, attualmente responsabile del progetto Galileo, una francese, Géraldine Naja, precedentemente nominata direttrice facente funzioni dello stesso direttorato e l’italiana Simonetta Cheli, da 30 anni nell’Esa, dove si è occupata essenzialmente di comunicazione e relazioni internazionali sia nel gabinetto dei direttori generali che, da oltre dieci anni, in Esrin come assistente dei vari direttori che si sono succeduti; in particolare con Aschbacher, da sempre nel settore, diventato prima vice e poi capo del direttorato sino alla nomina a direttore generale lo scorso anno.

Queste scelte hanno implicazioni e motivazione che è opportuno valutare perché sono dei segnali non positivi in un momento di grande fermento, anche politico, a livello internazionale e che vedono l’Italia impreparata e quasi irrilevante a livello europeo.

I tre esperti scelti sono tutte figure interne all’Esa a certificare un rafforzamento della autoreferenzialità nelle carriere che da tempo si rafforza nell’ente visto che anche l’attuale direttore generale è un funzionario nato e cresciuto all’interno della struttura.

Siamo davanti a un pesante impoverimento di competenze e visione strategica dove persone, spesso anche molto preparate, vivono e crescono in un contesto chiuso su se stesso, interpreti del pensiero unico corrente che è dettato dai paesi di maggiore peso, Francia e Germania, senza che sia reso possibile qualsiasi inserimento di sangue fresco professionale e di visione dall’esterno.

Una situazione di questo tipo, sintomo chiaro di una chiusura a riccio, di autodifesa di una casta, o se si vuole, di un gruppo omogeneo di persone, non è sano e non aiuta certo l’ente a svolgere un ruolo proattivo nel settore; tanto più mentre il nuovo assetto europeo che si sta costruendo sotto l’attenta guida del Commissario per il mercato interno e i servizi, incluso lo spazio, il francese Thierry Breton, mostra chiari segnali differenti: il ruolo di decisore politico nel settore spaziale, rafforzato dal peso dell’impegno economico previsto, sta sempre più concentrandosi nella Commissione Europea riducendo il ruolo dell’Esa, in non più di 5 o 6 anni a parere di molti esperti, a mera agenzia tecnica esecutrice di quanto deciso a Bruxelles.

E in tutto questo contesto in rapida evoluzione che ruolo gioca l’Italia? Formalmente siamo in una posizione accettabile grazie al successo nell’essere riusciti ad ottenere la direzione di Esrin salendo così a due direttorati tecnici insieme a quello olandese di Estec già nostro da tempo; la Francia comunque ne ha tre.

Di fatto le cose stanno ben diversamente e fotografano una nostra debolezza congenita aggravata dalla irrilevanza del presidente di Asi, Giorgio Saccoccia, Capo delegazione italiano in Esa, nel contesto europeo. Vediamo perché:

Estec è guidata da Franco Ongaro da molti anni; buon tecnico e altrettanto ottimo manager. Egli vive da moltissimi anni all’estero, prima in Francia e poi in Olanda, ed è notoriamente amico fraterno e creatura dello storico e mai dimenticato direttore generale dell’Esa, il francese Jean Jacques Dordain. Una situazione analoga è quella che presenta la candidatura di Simonetta Cheli: curriculum non tecnico (è laureata in Scienze Politiche), un’attività largamente centrata sulla comunicazione anche di livello elevato o la partecipazione a vari gruppi e comitati interni ad Esa ma che mai hanno gestito programmi industriali e ancora meno personale. Questo a fronte della direzione di un direttorato come quello delle Osservazioni della Terra con il budget più ricco di tutto l’ente, 1000 milioni di euro all’anno, e circa 400 persone (in massima parte tecnici di grande livello) da gestire.

Pur con la più grande buona volontà nella valutazione della sua scelta per la direzione, tenendo conto che è da moltissimo tempo legata professionalmente all’attuale direttore generale col quale ha percorso molta strada all’interno di Esrin. Appare difficile immaginare se la potremo mai vedere confrontarsi col suo mentore se fosse chiamata a difendere eventuali interessi italiani che fossero in conflitto con i desiderata di chi l’ha voluta a ricoprire la carica garantendosi così un controllo permanente del suo vecchio terreno di gioco.

È noto che il nostro paese presentava tre candidati: il secondo era Bruno Levrini, ottimo tecnico e grande esperto del campo, le cui competenze e il carattere avrebbero garantito una vera indipendenza nei confronti dei desiderata di Aschbacher. Non stranamente, contro questa candidatura si è levato un pesante fuoco di sbarramento giustificandolo all’età troppo vicina alla pensione; questo ha favorito pesantemente la candidata donna.

Lascia perplessi che il ministro Vittorio Colao abbia accettato la giustificazione per la esclusione di Levrini visto che è un membro qualificato dell’attuale governo il cui Presidente del Consiglio ha 74 anni, lavora magnificamente, e nessuno ne ha mai contestato l’età, soprattutto visti i risultati sinora raggiunti.

Il terzo candidato era di nuovo la persona che la stampa indica come “il candidato a tutto” – ossia Roberto Battiston – che partecipa a qualunque posizione apicale si liberi venendo regolarmente scartato senza rendersi conto che, a causa di questo comportamento, arreca danno alla sua stessa credibilità professionale e ignorando quale sia ormai il giudizio su di lui in non pochi ambienti scientifici.

La debolezza dell’Italia in Esa, visto che ora abbiamo due direttorati formalmente diretti da italiani, termina qui? Purtroppo no: resta sempre aperto il problema del presidente di Asi che è ufficialmente un funzionario Esa, peraltro non di alto rango (solo un A5), ma che, in virtù del ruolo che ricopre nell’Agenzia, è il capo della nostra delegazione nel Council.

È flagrante il conflitto di interesse che continua ad esistere in questo caso; l’esperienza di questi ultimi due anni lo ha confermato.

La sua posizione non è mai stata in dissenso con il precedente direttore generale tedesco e ancora meno con l’attuale, suo attuale datore di lavoro; verso di lui mostra in tutte le occasioni formali di incontro una deferenza imbarazzante ma giustificata perché deve rientrare in Esa tra meno di un anno e mezzo e da tempo non si sentono espressioni forti, e nemmeno deboli, di volontà per un rinnovo del suo mandato. E di conflitto di interessi latente si vocifera in Asi a proposito di un membro del cda dell’Agenzia spaziale italiana; un dossier che sarebbe all’attenzione dell’esecutivo, peraltro.

Ancora più imbarazzante è stata la posizione nella quale si è trovata l’Italia lo scorso anno quando si dovevano valutare le candidature per la Direzione Generale dell’Esa. Con forza le delegazioni dei paesi nordici hanno posto il problema che non era possibile che nel Council a rappresentarci fosse un dipendente Esa che avrebbe dovuto valutare persone che, una volta scelte, sarebbero diventate i suoi capi. Per riparare a questa ennesima non bella figura e salvare almeno la faccia, con una veloce e pudica marcia indietro, è stato chiamato a rappresentarci (ottimamente va detto) il nostro Ambasciatore presso l’Ocse che ha partecipato ai lavori.

Se si analizza con pacatezza tutta la situazione, inclusa la conquista del direttorato Osservazioni della Terra, ci si trova davanti ad una vittoria formalmente ottima e attesa da tempo: abbiamo finalmente un secondo direttorato molto importante, per di più guidato da una donna; ma la realtà e il peso politico reale dell’Italia in Esa è molto piccolo, per non dire quasi irrilevante.

Dopo la gestione Fraccaro, con i suoi fantomatici esperti, e quella ancora peggiore di Tabacci, il risultato dei primi passi della gestione del duo ministro Colao e capo di gabinetto, Stefano Firpo, svettano per efficienza e rapidità di azione. Manca però, anche in questo caso, una conoscenza storica approfondita del settore e dei vari attori in campo che permetta di avere una fotografia esatta e veritiera del contesto complessivo senza rischiare fare passi falsi e scelte solo apparentemente vincenti.

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