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Limes, il giornale che volle trasformare la forza in scienza

Mentre non si placa il dibattito dopo le uscite polemiche da Limes, emerge il caso della scientificità della rivista diretta da Lucio Caracciolo che andrà chiarito. L'approfondimento del professor Gregory Alegi

 

Non c’è pace in casa Gedi. Dopo Repubblica, è il turno di Limes. A scatenare le polemiche  in questo caso  l’uscita dagli organi della rivista italiana di geopolitica di Federigo Argentieri, professore alla John Cabot University, di Giorgio Arfaras, finanziere, e Franz Gustincich, che sul proprio sito si definisce “fotografo eclettico”. Più rumore di tutti ha però fatto l’annuncio delle dimissioni dal consiglio scientifico del generale Vincenzo Camporini. Forse perché il generale è stato capo di Stato Maggiore della Difesa e vice presidente dello IAI e compare spesso in televisione, il suo post di saluto su X sfiora le 208.000 visualizzazioni e 4.800 like.

In risposta Limes ha lanciato una controffensiva che ha paragonato le uscite a un “attacco” a Limes e ha compreso la difesa d’ufficio della rivista diretta da Caracciolo in nome della presenza “di tante opinioni, anche di quelle più lontane dalle mie”, come ha scritto Luigi Zanda a Repubblica

Un collaboratore storico si è spinto a parlare, di “pogrom virtuale”, confondendo la pacata uscita da un consiglio con il massacro di una minoranza.

Più che le dimissioni, che rappresentano forse il due per cento del consiglio scientifico e di quello redazionale, sembra aver fatto rumore soprattutto il dissenso dalla linea editoriale sull’Ucraina. O meglio ancora, la pubblicità data alle dimissioni e la diffusa sensazione di “era ora”. In verità, non è la prima volta che Limes finisce nella bufera sul conflitto: due anni fa al Centro Alti Studi Difesa c’era stata maretta per una presentazione di Lucio Caracciolo percepita dai più come filorussa. Anche tra quanti rifiutano di lasciarsi tirare in una discussione su chi abbia torto sul fronte orientale emergono critiche sui criteri di valutazione presunta neutrale che la rivista dichiara di applicare. “Il problema non risiede nella sospensione del giudizio morale in quanto tale,” ha scritto in questi giorni il filosofo Alfonso Lanzieri, “bensì nella trasformazione surrettizia di tale sospensione in una tesi implicita sulla irrilevanza storica dei criteri morali”.

LE ANIME MORTE

Poiché la tempesta è partita dalle dimissioni dei consiglieri, ogni tentativo di fare ordine nel caos deve partire da qui. Secondo l’AdnKronosal momento delle dimissioni di Argentieri il consiglio scientifico comprendeva ancora i defunti Furio Colombo (2025), Luigi Ferraris (2018) e Luciano Antonetti (scomparso addirittura nel 2012). Dalla verifica di Startmag, dopo la bufera sembra essere stato rimosso il solo Antonetti. In compenso, sono saltati fuori gli ulteriori casi del diplomatico Giandomenico Picco, mancato il 10 marzo 2024, e dell’esperto di Europa Orientale Tito Favaretto, il cui necrologio su Il Piccolo porta la data del 10 novembre 2013.

C’è persino il caso di Dario Fabbri, che per fortuna è vivente. L’ex “figlio prediletto” di Caracciolo è ancora presente, benché sia uscito nel gennaio 2022, tanto rumorosamente quanto misteriosamente, per approdare a Domani, quindi fondare con Enrico Mentana la rivista Domino e creare una propria scuola di geopolitica. La cosa è talmente nota da essere citata persino su Wikipedia ma evidentemente questo non è sufficiente a far aggiornare la lista.

Posto che la polemica verte sul filorussismo, la presenza nei due consigli di membri da tempo deceduti “senza che i nomi siano accompagnati da una piccola croce o una losanga come si usa in questi casi”, come nota maliziosamente l’Adn, fa correre il pensiero a Le anime morte (1842) di Nikolaj Gogol, uno dei capolavori della letteratura russa. (Attenzione: poiché il suo villaggio natìo, Velyki Soročynci, si trova nell’oblast ucraino di Poltava, oggi la dizione corretta per riferirsi a Gogol è probabilmente “scrittore ucraino di lingua russa”). Per chi non la ricordasse, la trama ruota attorno al consigliere di collegio Pavel Ivanovich Cicikov, che intende arricchirsi acquistando un gran numero di servi della gleba (le “anime”, appunto) vivi solo per la burocrazia, non essendo stato il loro decesso registrato nel censimento quinquennale. Da qui la possibilità per il loro proprietario di riscuotere le relative tasse e addirittura di guadagnare rivendendoli. È la situazione che sui lidi a noi più vicini viene sintetizzata a sinistra con “sono vivi e consigliano con noi” e a destra con “consigliere XY, PRESENTE!”. 

Se la gaffe comunicativa è certa, dal punto di vista scientifico il ruolo dei consigli è minimo, tanto che l’Agenzia Nazionale per la Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) esclude dalla verifica della composizione degli organi editoriali quelli “con mere funzioni di garanzia del prestigio della Rivista, se non attivamente coinvolti nelle procedure di selezione e pubblicazione degli articoli.” Lo stesso requisito di prevalenza di membri provenienti da università o primari istituti o enti di ricerca non si applica a questi organismi onorifici, rendendo di fatto una pura curiosità che dei 55 membri attivi (al netto di decessi e dimissioni note), gli accademici in servizio siano poco più della metà di quelli in pensione. 

IL PROBLEMA DELLA SCIENZA

Il dibattito se la geopolitica sia o meno una scienza è molto ampio. A suo onore, Limes non ha mai detto che lo sia, limitandosi a definirla come studio o analisi dei rapporti di forza nello spazio geografico. In un momento imprecisato, la direzione ha tuttavia fatto richiesta perché la testata fosse riconosciuta come “rivista scientifica” e l’ha accolta

In questo non c’è nulla di strano: si possono studiare con metodo scientifico anche materie non scientifiche, come l’omeopatia o l’astrologia. 

Limes è dunque una rivista scientifica nell’Area 14 “Scienze politiche e sociali”. Benché pubblicarvi abbia un qualche valore accademico – un articolo può, in altre parole, essere presentato ai fini dell’Abilitazione Scientifica Nazionale e quindi della carriera universitaria – non è un riconoscimento raro: l’elenco ANVUR in vigore dall’11 novembre 2024 è di 123 pagine, pari a oltre 5.000 testate italiane e straniere. Non è neppure il più alto: sopra ci sono le riviste di classe A, che avendo requisiti più stringenti in Area 14 sono circa tre volte meno. 

Nell’una o nell’altra categoria, il regolamento fissa i requisitila cui verifica è essenziale alla concessione e mantenimento della classificazione. Alcuni sono legati al settore specifico, ma quelli generali riguardano proprio le caratteristiche del metodo scientifico, elencate all’articolo 10. Ebbene, a una prima occhiata, dal sito limesonline.com mancano diversi di questi requisiti. L’articolo 10b chiede un codice etico, che l’art. 12 impone conforme al Code On Publication Ethics, ma sul sito non ce n’è traccia. Il 10c chiede quali siano i compiti degli organi editoriali, ma dal sito non si evince. Il 10d esige la revisione tra pari, che il 13.1 pretende siano ben visibili sul sito o pagina web. Anche qui, non ci sono. Il guaio è che il 13.4 considera requisito minimo la peer review almeno a singolo cieco e chiede di sottoporvi “tutti i contributi rilevanti ai fini della classificazione”. Peggio ancora, secondo l’articolo 14.1 l’assenza di “procedure di revisione prestabilite, trasparenti, ed effettive”, o anche l’uso di procedure che lo siano solo in apparenza, è una caratteristica predatoria che ai sensi dell’art. 14 impedisce l’inclusione della rivista negli elenchi ANVUR.

Un altro problema di scientificità è stato sollevato involontariamente dalla risposta di Francesco Merlo alla lettera di Zanda. “A Limes rimane lui il padrone di casa e a lui tocca distinguere, come ha spiegato da Lilli Gruber, l’intelligenza del nemico e l’intelligenza con il nemico”, scrive Merlo. Mentre ciò è senz’altro vero per un quotidiano, non lo è per una rivista scientifica. Per l’ANVUR, invece, l’art. 13.2 spiega che “non è possibile affidare interamente la revisione di singoli articoli agli stessi componenti degli organi editoriali con compiti decisionali”. 

Nonostante questo, l’ANVUR parrebbe aver confermato la scientificità di Limes senza battere ciglio.

SE NON ORA, QUANDO?

Tra le polemiche suscitate dalla notizia delle dimissioni dei quattro membri esterni vi è stata quella del tempismo, che molti nella sfera social hanno considerato sospetto. In realtà all’Adn Kronos Argentieri ha spiegato come il rapporto con Caracciolo si fosse raffreddato da oltre vent’anni, ed è evidente come prima della rottura non ci fosse alcun obbligo di sbandierarlo ai quattro venti. La discussione insomma partita quando il problema si è posto. Se fosse nata a freddo, le accuse di “pogrom virtuale” sarebbero state ancora più forti. E dunque “Se non ora quando?”, come recita la celebre massima di rav Hillel.

Come nel caso della vendita di Repubblica, è chiaro che l’uscita ha toccato un nervo scoperto. Gridare “il re è nudo” scatena la reazione non solo del re, ma anche di quanti, pur vedendolo nudo, per un motivo o l’altro avevano preferito tacere. Può darsi che sia una questione di status, oppure di timori sul destino della testata, come ha ipotizzato Maurizio Crippa su Il Foglio, in un momento in cui l’editore GEDI sta trattando la cessione dei gioielli di famiglia. Allo stesso modo, non si può neppure escludere che la reazione venga dalla parte che oggettivamente – a prescindere dai giudizi morali – ha tratto maggior giovamento dall’analisi iperrealista di Limes.

Così come non si può escludere che proprio la forza di Limes sia ciò che a lungo ha portato a chiudere uno o più occhi sulla sua natura di prodotto giornalistico che ambisce a trasformare il successo commerciale in valore scientifico, senza per questo rispettare il metodo che il mondo scientifico si è dato. E se li è dati non per imporre un risultato, ma per garantire che i risultati scaturiscano da esperimenti ripetibili condotti tramite procedure trasparenti e dichiarate.

 

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