La risposta di Matteo Salvini alla “scomunica” del padre politico, fondatore della Lega Nord proprio in occasione del quarantennale della Lega autonomista lombarda, è improntata alla diplomazia e anche a un affetto sincero. Checché ne dicano i “giornaloni” che gongolano alle parole tranchant del “Capo” che durante il pellegrinaggio sabato scorso di un centinaio di militanti, ex parlamentari e ex ministri leghisti, nella sua casa a Gemonio, attacca: “Alla Lega serve un altro leader”. E, come un antico vezzo, rilancia il nome di Giancarlo Giorgetti.
Ovvio immaginare che a Salvini non abbia fatto piacere il “licenziamento” da parte del Senatùr , che però a differenza di alcuni partecipanti al pellegrinaggio rieletti in parlamento proprio con la Lega nazionale Salvini-premier e non più ricandidati, non ha mai fatto mistero fin dall’inizio di non condividere affatto il progetto salviniano di Lega nazionale.
Bossi è Bossi. Un conto è lui “il popolano” che rivoluzionò la politica dando voce all’uomo della strada di quel Nord stanco di pagare solo tasse e non ricevere nulla indietro, un altro conto i tanti, forse troppi, che nulla dissero a un Salvini molto più potente con i numeri, oltre il 30, che più o meno esponeva le stesse idee che vengono criticate ora. Perché anche sincero affetto, nonostante la scontata irritazione? Salvini è uno di quei ragazzi di Bossi detto il “Capo”, leader che non scherzava con le espulsioni e che sinceramente faceva un po’ paura anche a consumati cronistacci da Transatlantico di Montecitorio, che, come lui stesso ha raccontato nottetempo ti faceva telefonatacce che “svegliavano i miei genitori e poi se la prendevano con me”.
Stessa sorte per tutti gli altri che tenevano sul comodino di notte carta e penna per non farsi trovare spiazzati. Uno di questi era Roberto Cota, ex presidente del Piemonte, ora in Forza Italia, così come con FI, da indipendente, alle Europee si è candidato l’ex capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, un liberale leghista della prima ora, liquidato anche lui dalla Lega di Roberto Maroni con la sera giustizialista delle scope per l’affaire Belsito come uno dei capi del tanto famigerato “cerchio magico”. Da ricordare che Rosi Mauro, ex sindacalista del Sinpa, ex vicepresidente del Senato, uscita dalla politica, è stata prosciolta dalle infamanti accuse per i diamanti. Un storia probabilmente che andrà tutta riscritta, compreso certo approccio tutto giustizialista di Maroni, come la cronista ha più volte scritto e detto allo stesso interessato, che nella Lega ebbe altri meriti tutti politici, a cominciare dall’essere stato un ottimo ministro dell’Interno.
Comunque sia, Salvini, così come aveva già fatto a caldo sabato sera, non cade nel tranello di chi non è all’altezza di Bossi, le cui posizioni possono essere discutibili, ma non gli si può certo negare di averle dette in faccia al diretto interessato compreso l’aggettivo di “fascista” pochi anni fa durante un animato consiglio federale mentre altri tacevano. Bossi del resto una volta interruppe una riunione cui arrivò all’ultimo con un vaff allo stesso Giorgetti che però sembra gli rispose a tono, forse l’unico in Lega autorizzato a rispondere a tono al “Capo”, un po’ come Gianni Letta con Silvio Berlusconi. Ecco perché non è certamente ipocrita o di facciata la replica anche ieri di Salvini dalla festa a Varese per il quarantennale della Lega Lombarda fondata da Bossi, la futura moglie Manuela Marrone, e altri quattro ardimentosi: “Bossi (che a Varese non è andato ndr) può dire tutto”, ha sottolineato. Come dire, da lui accetto tutto. Salvini già sabato sera dopo che si era beccato da alcuni partecipanti alla manifestazione di Gemonio, tra cui l’ex ministro della Giustizia, Roberto Castelli, bossiano da sempre, l’accusa di aver tradito il Nord, aveva replicato in modo zen: “Alle critiche di Umberto Bossi sono abituato da trent’anni, ne parlo anche nel mio libro che uscirà a fine aprile. Le ascolto con attenzione e gratitudine, rispondo solo che vederlo in salute è il miglior regalo per questa festa”.
Poi ieri a Varese ai festeggiamenti dei primi quarant’anni di Lega Salvini aveva accanto Roberto Calderoli che ha ricordato il traguardo dell’Autonomia, la ragione sociale della Lega, il governatore lombardo Attilio Fontana e quello stesso Giorgetti, nominato da Bossi tra i futuribili segretari (lo fece anche con la sottoscritta in una intervista esclusiva per Panorama nel 2006, dove minacciò nella Cdl mani libere), che ha ribadito i valori della “militanza e della disciplina da non confondere con il servilismo”.
Salvini annunciando poi l’uscita del suo nuovo libro ha rivolto il suo pensiero anche a “Roberto Maroni che, con Umberto Bossi, tutto ha iniziato e tanto mi ha insegnato. Il coraggio e la visionarietà di chi ha fatto nascere la Lega hanno cambiato la mia vita e la storia d’Italia”. È la dedica che fa a “Bobo” e al gran “Capo padano” nel libro “Controvento”, 272 pagine, casa editrice Piemme, con foto inedite che ripercorrono la storia umana e politica del leader leghista. Il volume, già ottavo nella categoria bestseller su Amazon, sarà presentato dallo stesso Salvini il 25 aprile. “L’Italia capace di creare ricchezza, amica del mondo produttivo e nemica della burocrazia, moderna e federale, è da sempre il sogno di Umberto Bossi”, scrive Salvini in Controvento. “Ci ha fornito il carburante giusto, le idee, le motivazioni e le parole per dirlo. Lo avevo sentito tante volte in comizio. Mi sembrava di conoscerlo. E ripetevo dentro di me quello che avrei voluto dirgli, per sostenerlo e per avere un incoraggiamento. Ma la prima volta che lo incontrai è stato più di trent’anni fa, nei primi anni Novanta. Lo vidi nella sede della Lega in via Vespri Siciliani. Eravamo tanti e lui ci venne a raccontare che presto avremmo vinto le elezioni a Milano. E noi lì a pensare: questo è matto, è un visionario. Io avevo sul comodino il libro di Daniele Vimercati, Lombardi alla nuova crociata. Ma Umberto aveva ragione. 1993: il nostro Marco Formentini che batte Dalla Chiesa”.
Ma a Varese, sotto la prima sede leghista, il segretario federale, vicepremier e ministro delle Infrastrutture-Trasporti elogiando Maroni che “la prese in mano nel momento più difficile” ha anche ricordato in sostanza di aver salvato lui la Lega “che ha rischiato la fine”. Il vicesegretario Andrea Crippa molto vicino a Salvini: “Bossi ha fondato la Lega, Salvini l’ha salvata. Se ci sarà da scegliere, io scelgo Salvini”. E il “capitano”: “Anche gli insulti di Bossi (che peraltro aveva già sfidato Salvini alle primarie, ndr) servono a migliorarmi”. Il romanzo ‘padano’ aggiornato e rivisto continua.
Chissà che prima o poi Salvini e Bossi torneranno a parlarsi.