La Francia ha da secoli un ruolo guida in Europa, accentuato nel 1800 dalla vocazione imperiale, attualizzato nel XXI secolo, nel mondo, dai tantissimi paesi Francofoni e dai cosiddetti Territori d’Oltremare ex coloniali. Nel Mediterraneo la Francia è tuttora il paese leader, come lo è in Europa, nella Ue e nella dimensione e proiezione extraeuropee della politica d’Europa. Nonostante sia tuttora uno dei Cinque Paesi più potenti del pianeta nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, nonostante la potenza autonoma militare, la potenza nucleare militare, nonostante una diplomazia che, storicamente, è la migliore del mondo e nonostante il relativo benessere raggiunto dal 1945 a oggi, tuttavia, il Paese attraversa spesso fasi contraddittorie di crisi che spesso coincidono con fasi elettorali.
La storia della Quinta Repubblica è densa di episodi che ricordano al mondo che i francesi, esattamente come i cugini italiani d’Oltralpe, amano dividersi, fin dal medioevo, e dalla Rivoluzione del 1789, in fazioni.
Questa volta i guelfi e ghibellini di turno sono i seguaci di Le Pen e Melenchon e last but not least i Macroniani. La sfida quasi secolare tra la famiglia Le Pen, con i suoi valori tradizionalisti conservatori e la Gauche della Laicità de Combat, sembra proseguire quasi all’infinito, ma costantemente in bilico, senza vinti o vincitori.
Si sono contrapposte in queste recenti elezioni due visioni del mondo, tre se si considera il recondito ma non secondario ruolo del Centro, che si rispecchia nella Presidenza postcentrista di Macron. E se I partiti del ‘900, la forma partito, così come la forma dei Movimenti politici, sembrano entrambi anacronistici: la crisi di Renaissance, la doppia eclissi dei Socialisti, la diaspora infelice dei post Gaullisti, la miriade di posizioni confluite negli schieramenti attuali rende bene l’idea del caos che regna sovrano a Parigi.
Intanto, mentre i francesi discutono, come Sagunto nella Storia romana antica, così Parigi, rischia di cadere, come nelle guerre medioevali e nelle disfatte del 1870 e del 1940, in mani nemiche, stavolta però il pericolo non arriva dalla Germania, ormai paese fratello, ma dalle banlieue che sono ormai da troppi anni res nullità, terra di nessuno, fronte non Popolare dell’avanzata, da blitzkrieg, di degrado, violenza, e del jihaidismo radicale.
Mentre i sociologi analizzano e si interrogano sul fenomeno banlieu e sulla diatriba tra integrazione e assimilazione degli immigrati dall’Africa e dal Medio Oriente, la Francia si va involontariamente africanizzando e islamizzando- orientalizzando.
Allo stesso tempo, la Francia vede l’eclissi e la scissione totale della sua classe media, e una crisi sociale diffusa, pari a quella simile, pandemica socialmente, in tutto l’Occidente. Intanto, l’eccesso di Wokismo e di laicismo finiscono per avvantaggiare il tradizionalismo islamista e non la laicità del contesto sociale. Intanto il Paese decresce socialmente, pure avendo imprese multinazionali forti, tanto da quasi colonizzare molte economie europee a cominciare dagli investimenti da golden share in Italia: nei maggiori asset italiani industriali e della moda.
La storia francese tuttavia ci dice qualcosa di altro, ci indica che le elezioni vere, quelle che contano, perlomeno da De Gaulle a oggi, non sono quelle politiche o amministrative ma quelle presidenziali: la Francia è e rimane un valido e efficiente sistema presidenziale.
La vera sfida politica dunque non si è giocata ieri, col voto alle elezioni parlamentari, ma si svolgerà fra tre anni con il voto alle Presidenziali. Macron è a fine corsa, ma non lo sono i poteri forti, esterni e interni alla Francia, che lo hanno eletto e sostenuto, dunque le vere sorprese e svolte arriveranno solo col voto Presidenziale.
Si profilano fin d’ora le candidature ma non è detto che siano quelle attualmente prevedibili: Macron cercherà di continuare la sua linea politica con altri mezzi, ad esempio proponendo a candidato Capo dello Stato un suo ex premier come Philippe.
La destra forse, imitando quanto fatto dalla Premier Meloni in Italia, riuscirà a emanciparsi dai tabù storici di centro e sinistre portando all’Eliseo Marine Le Pen, chiamata in tal caso a fare una sintesi tra valori tradizionalisti e coabitazione con le istanze moderate e gaulliste e progressiste e la Le Pen stessa potrebbe essere chiamata a affrontare le banlieu con le maniere forti, usando esercito e polizia.
Ma chiunque governi la Francia: destra, centro o sinistra, ha e avrà la necessità di rivoluzionare l’assetto insostenibile della Francia attuale, frenare l’immigrazione di massa, frenare il crollo delle classi sociali medie, frenare la crisi degli interessi e della leadership della Francia nei Paesi post coloniali Saheliani africani, quelli del cosiddetto ex Franco africano. Dovrà inoltre il prossimo presidente francese cimentarsi col rapporto di odio amicizia a fasi alterne con la Russia. Se infatti la Le Pen come Trump vuole pacificare con la Russia di Putin, non altrettanto farebbe un proseguire della linea Macron. Infine il prossimo presidente francese dovrà giocoforza districarsi con il riscrivere il ruolo della Francia in Europa e nel mondo, ruolo finora intrinsecamente collegato con la personalità del capo dello Stato.
Infatti, storicamente, De Gaulle, Giscard, Mitterrand, Chirac, Sarkozy, Hollande, Macron sono e saranno ricordati dalla Storia essenzialmente per la loro felice o infelice politica estera e per aver garantito, bene o male, alla Francia la prosecuzione del suo ruolo di prestigio internazionale e globale.
D’altra parte un’ Europa e un mondo senza Francia sarebbero senza leader: oggi nel mondo sono rimaste avventurosamente in piedi solo le leadership stabili di Putin e Xy, sul mondo multipolare e di Macron su un’Europa dove Italia e Germania non hanno la capacità di leadership francese, rispettivamente dal tempo di Draghi e della Merkel. Dunque il prossimo presidente dovrà comunque reggere come se fosse il mitico personaggio di Atlante del mito greco l’Europa e dialogare con i leader orientali. Dovrà il prossimo presidente anche confrontarsi con il rebus dell’uso di tecnici e truppe francesi nel complesso confronto Russo-Ucraino, se sarà ancora in corso.
Paradossalmente poi le prossime elezioni francesi presidenziali saranno un momento realmente storico in cui potrebbero verificarsi numerosi coups de theatre: Melenchon, troppo irruento, populista e scabroso per la parte moderata dell’elettorato potrebbe ritirarsi e non candidarsi all’Eliseo. Potrebbe emergere al primo o al secondo turno delle presidenziali una candidatura tecnica, un Mario Draghi alla francese, in persona della Lagarde o di un’altra personalità istituzionale che nasca super partes dunque accettabile anche per moderati e destra. L’unica certezza rimane quindi la candidatura della Le Pen che curiosamente è diventata fin d’ora la candidata unica delle destre plurali e della parte conservatrice dei post Gaullisti.
In ultima analisi al netto di tutto, rimane la nostalgia di Presidenti francesi come appunto De Gaulle, Giscard, Chirac, Mitterrand, con un prestigio e esperienza internazionale che ancora oggettivamente non esiste in Le Pen, Melenchon, e Philippe.