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Le morali oscillanti dei giornalisti sui dossieraggi veri o presunti

Inchieste giudiziarie, piroette giornalistiche e polemiche politiche su spionaggi o dossieraggi veri o presunti. Estratto dalla newsletter quotidiana di Francesco Cundari per Linkiesta

 

Come accade in ogni paese del mondo, ma da noi forse un po’ più che altrove, la lotta per il potere si svolge in larga misura attraverso un incessante commercio sotterraneo di intercettazioni, dossier, pettegolezzi, informazioni riservate, manipolate o inventate che pressoché quotidianamente emergono sui giornali o in tv, attraverso fughe di notizie dei più diversi tipi, quasi sempre (ma non sempre) legate all’attività giudiziaria.

Quando la vittima si azzarda a protestare, si leva in genere un coro assordante che denuncia subito l’attacco alla libertà di stampa e all’indipendenza della magistratura, e la questione si chiude lì. In alcuni momenti succede tuttavia che qualche rotella dell’ingranaggio s’inceppi, e un tecnico delle intercettazioni o delle indagini finanziarie, un magistrato, un agente dei servizi o un uomo della security di qualche grande azienda finisca sotto inchiesta o comunque sui giornali con l’accusa di «dossieraggio», per avere trafugato, archiviato e diffuso intercettazioni telefoniche, estratti conto e altri dati sensibili riguardanti esponenti delle istituzioni, della politica, della finanza, dello sport e dello spettacolo, dai più alti livelli ai più infimi.

Ma è davvero arduo capirci qualcosa, almeno a leggere i resoconti di quegli stessi giornali che in ogni altro giorno e in ogni altra pagina continuano a teorizzare, in nome della libertà di stampa da un lato e dell’obbligatorietà dell’azione penale dall’altro, l’impossibilità stessa di qualunque abuso da parte della stampa o della magistratura. Oggi è uno di quei giorni.

(Estratto dalla newsletter di Cundari)

 

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