Antonio Tajani, il mediatore. Anche nel mondo arabo, dove l’Italia avrà un ruolo centrale sul conflitto mediorientale. Ieri è volato in Egitto, dove ha incontrato il presidente Al Sisi, l’omologo egiziano e il capo della Lega araba. Si è sentito con gli omologhi di Marocco, Algeria e Turchia. E l’altro ieri, sull’attacco terroristico di Hamas a Israele, alla Camera è stato apprezzato, come ha scritto Il Corriere della sera, persino da avversari come Nicola Fratoianni, della sinistra più radicale, per il suo approccio fermo ma di dialogo con le opposizioni.
Apprezzamento, anche se alla mozione unitaria di solidarietà senza se e senza ma a Israele e niente aiuti a Hamas, la linea sulla quale è attestata tutta la maggioranza del governo di Giorgia Meloni, non si è arrivati. Tutti solidali con Israele ma con 4 mozioni e accenti diversi, a sinistra e in area pentastellata. Ma grazie alla mediazione del ministro degli Esteri, vicepremier e leader di Forza Italia, sono state votate in un meccanismo incrociato le mozioni o comunque gran parte di esse rispettivamente dalla maggioranza e dalle opposizioni alla Camera e al Senato.
Nel volgere di pochi mesi, da quando dopo la morte di Silvio Berlusconi aveva preso in mano Forza Italia come segretario nazionale, un partito cui i media avevano già decretato i funerali politici, ritenendolo ormai preda di Matteo Renzi, Tajani, liquidato allora nella frettolosità tipica di certa narrazione politica di casa nostra come solo un segretario di transizione, si riprende la scena. Che non fosse un personaggio da sottovalutare, un politico strutturato, se non altro per il solido curriculum diplomatico ai vertici europei, lo avevamo già scritto tra pochissimi dopo la sua elezione del 15 luglio. E in questi giorni anche nel suo lavoro da titolare della Farnesina sta dimostrando di non avere quel ruolo ancillare rispetto al premier Meloni, molto protagonista sul fronte della politica estera, che sempre certa narrazione mediatica gli aveva assegnato. Insomma, suonano lontani e un po’ surreali certi sfottò del Riformista di Renzi.
Anche perché Tajani, la cui rielezione al congresso di febbraio prima delle Europee viene già data per scontata, nel frattempo ha messo a segno un importante risultato politico. Ovvero, il ritorno a “casa”, in Forza Italia, di un pezzo da novanta come Letizia Moratti. E questo dopo un passaggio dalle parti dell’ex terzo polo della stessa che è durato, seppur da candidato indipendente a Milano, l’espace d’un matin.
Con il premier Meloni ora Tajani avrà un ruolo centrale nei rapporti con il Mediterraneo e quel mondo arabo laico con qui si sta dialogando dopo l’attacco a Israele. Un dialogo sulla base di quella linea ferma per cui “bisogna impedire il successo politico di Hamas”, come ha sottolineato in Senato Stefania Craxi, senatrice azzurra, presidente della commissione Esteri e Difesa, molto vicina a Tajani.
Ieri da Il Cairo il ministro degli Esteri ha parlato del ruolo fondamentale che l’Egitto può avere per una “strategia della de-escalation in una crisi voluta da Hamas” e per la vicenda degli ostaggi. Mentre il premier Meloni, in contatto con i leader della regione mediorientale più coinvolti dalla crisi, ieri ha avuto colloquii telefonici con il presidente degli Emirati Arabi Uniti e l’Emiro del Qatar. Tajani in queste ore drammatiche non ha mancato di ricordare Berlusconi: “Grazie a lui l’Italia è il più grande amico di Israele”.