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Primo Maggio

Le case popolari occupate in modo illegittimo e il ruolo della classe dirigente

Per riqualificare i quartieri di periferia è necessario che soprattutto a livello politico locale e nazionale sia chiaro che è il bene pubblico a dover essere perseguito e non quello della ditta appaltatrice e connivente. L’intervento di suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche

 

Nella vicenda delle case popolari assegnate a chi le ha occupate illegalmente e dell’allacciamento ai servizi pubblici, occorre considerare una serie di fattori. Si tratta, innanzitutto, di una guerra fra poveri: non voglio assolutamente con questo giustificare l’atto di occupare una casa che è e rimane un reato che lede il diritto di altri ad avere un’abitazione per la quale sono in lista d’attesa. Dall’altra parte, per evitare un crimine, occorre eliminarne le cause sociali ed economiche che lo hanno determinato. Concetto ben spiegato da Cesare Beccaria nel suo trattato Dei delitti e delle pene. Correva l’anno 1774.

È un po’ come nel mondo della scuola. Da una parte il precariato storico, l’assenza di mezzi e di risorse, il peso della burocrazia, dall’altra la penuria storica di alloggi popolari, la loro fatiscenza, la fragile tenuta sociale. In entrambi gli ambiti occorre agire non per opposizione di categorie, l’occupante e l’occupato, il ricco e il povero, ma creando sinergie.

Come sono belli, ad esempio, quei progetti di riqualificazione delle aree urbane di residenza: non quelli che trasformano i quartieri di periferia in quartieri alla moda, per ricchi, ma quelli che danno bellezza dove prima c’era il degrado, che pensano a spazi per la condivisione e l’aggregazione dove prima c’era la solitudine.

Tuttavia per arrivare a questo occorre, da parte di tutti, soprattutto a livello politico locale e nazionale, avere chiaro che è il bene pubblico a dover essere perseguito, non quello della ditta appaltatrice e connivente.

È altresì necessario che la classe politica cessi di essere soltanto acquirente di consenso comprato ad un prezzo sempre più esoso, ottenendo inevitabilmente in cambio un aumento di ingovernabilità e la rinuncia ad un minimo di progettualità che contenga e raffiguri il legame convincente di un bene comune, di un destino condiviso.

A monte di tutto è necessario, dunque, creare le condizioni perché nei giovani sia educato il gusto per il bello, l’attenzione al decoro della cosa pubblica, di più e meglio dello spazio privato, in un’ottica di corresponsabilità. In questo modo sarebbero evitate tante ingiustizie che affliggono la nostra società. La strategia c’è e rimane sempre la stessa: una scuola veramente libera, scelta liberamente dai genitori e dai docenti. Chissà che il denaro pubblico così risparmiato non possa essere destinato ad un’edilizia popolare di qualità, non pensata come sorta di terra di nessuno ma di terra abitata da persone con le loro vite, i loro desideri, i loro progetti!

Non fermiamoci mai alla notizia, andiamo oltre, verso il cuore del problema.

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