skip to Main Content

Chp

Le amorevolezze fra Erdogan e gli Emirati Arabi Uniti

L'articolo di Giuseppe Gagliano sul caso Sedat Peker

 

Il recente incontro che si è tenuto ad Ankara tra Erdogan e il consigliere per la Sicurezza nazionale del principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed (MbZ), è importante per due ragioni: da un lato per gli ingenti investimenti che sono stati promessi a Erdogan ma anche perché gli EAU avrebbero promesso la restituzione alla Turchia di uno dei più importanti mafiosi turchi e cioè Sedat Peker che tramite 10 video su YouTube — visti più di 100 milioni di volte — ha mosso accuse precise e circostanziate alle oligarchie politiche turche.

Peker, un convinto sostenitore del presidente Recep Tayyip Erdogan, che chiama “fratello Tayyip”, ha iniziato a rivelare i suoi segreti all’inizio di maggio quando ha lanciato una faida personale con il ministro degli Interni Süleyman Soylu.

I video di Peker hanno una credibilità prima facie. È un boss criminale condannato che vive all’estero dal 2019. Sostiene che la Turchia ha offerto al Marocco un lotto di veicoli aerei da combattimento senza pilota Bayraktar TB-2 di fabbricazione turca a metà prezzo o gratuitamente in cambio della sua estradizione. Ha elogiato il sovrano marocchino, il re Muhammad VI, per aver onorato un principio tramandato da suo padre, che è quello di non estradare mai nessuno che diserta in Marocco.

Peker ha lasciato il Marocco per cercare rifugio negli Emirati Arabi Uniti e, a metà giugno, la Turchia ha chiesto formalmente la sua estradizione anche da quel Paese. Poiché non esiste un trattato di estradizione tra Ankara e Abu Dhabi, gli Emirati Arabi Uniti non hanno risposto alla richiesta.

Peker sostiene che il figlio dell’ex premier Binali Yıldırım, Erkam Yıldırım, sia stato direttamente coinvolto nel traffico di droga tramite la flotta mercantile che navigava dal Venezuela al porto mediterraneo di Mersin, in Turchia, e ha rivelato le date in cui Yıldırım si è recato in Venezuela. Yıldırım ha confermato il suo viaggio, ma ha detto che è andato lì per scopi di beneficenza.

Sedat Peker sostiene inoltre che una donna che ha affermato di essere stata violentata dal figlio dell’ex ministro degli Interni Mehmet Ağar è stata successivamente trovata morta e che una volta l’attuale ministro degli Interni ha avvertito un criminale del suo imminente arresto, permettendogli di fuggire.

Peker ha anche rivelato di aver ordinato alla sua banda di fare irruzione nel più grande quotidiano turco, Hürriyet, su richiesta del governo; che i membri della banda una volta hanno picchiato un membro del parlamento dell’opposizione per lo stesso motivo; che un membro del parlamento — che aveva insultato Erdogan — è stato torturato dai suoi uomini in una stazione di polizia; e che il suo gruppo ha trasferito denaro a bande in Germania per aggredire i membri dell’opposizione lì. Il mafioso ha anche rivelato i nomi di uomini d’affari, capi di polizia, giudici, burocrati, investitori e giornalisti che secondo lui erano coinvolti in queste sporche operazioni.

In un video pubblicato il 23 maggio, Peker ha affermato di aver incaricato suo fratello, Atilla Peker, di uccidere il giornalista turco-cipriota Kutlu Adalı, un liberale, nel 1996 su richiesta dell’allora ministro degli Interni Ağar. Peker dice che suo fratello non è stato in grado di compiere l’omicidio, sebbene Adal sia stato effettivamente ucciso poco dopo, nel luglio 1996. L’assassinio di Adalı rimane irrisolto.

Nei suoi video, Peker sfida il governo di Erdogan con le parole “Sarai sconfitto da un treppiede e una macchina fotografica”, anche se ha evitato di sfidare direttamente il presidente turco.

Indipendentemente dal fatto che il presidente Erdogan, dopo essere salito al potere nel novembre del 2002, abbia promesso di sradicare lo Stato profondo, queste accuse stanno a dimostrare non solo lo stretto legame che ancora oggi esiste tra lo Stato turco e il Deep State ma anche come esista una sinergia costante tra esercizio del potere politico e le organizzazioni criminali.

Prima che qualche giornalista nostrano ispirato al politicamente corretto possa provare scandalo di fronte a questi legami sarebbe il caso di ricordare che nel nostro paese i legami tra il potere politico e la criminalità organizzata risalgono almeno all’ottocento, legami questi che oltre ad essere stati denunciati coraggiosamente da Gaetano Salvemini furono anche denunciati in modo altrettanto spietato da Ernesto Rossi.

Back To Top