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Le 3 lezioni (anche per l’Italia) delle elezioni americane. Parla Capezzone

Comunque finirà, la lezione americana che viene da Donald Trump "è quella di combattere, appellandosi al popolo. Lui l'outsider totale ha rovesciato il tavolo di chi pensava di chiudere in una notte una parentesi che non si è fatta chiudere... ". Conversazione di Paola Sacchi con Daniele Capezzone, editorialista e saggista, autore di "Likecrazia" (Piemme)

Comunque finirà, la lezione americana che viene da Donald Trump “è quella di combattere, appellandosi al popolo. Lui l’outsider totale ha rovesciato il tavolo di chi pensava di chiudere in una notte una parentesi che non si è fatta chiudere… “.

È il mattino di mercoledì 4 novembre, Daniele Capezzone, dopo la maratona notturna in tv su Mediaset da Nicola Porro, conclusa la sua consueta rassegna stampa della Verità di cui è editorialista, gentilmente concede un’intervista a Startmag.it per commentare a caldo quelle che si annunciano come le più lunghe elezioni presidenziali americane.

Intanto, c’è una clamorosa novità: per la prima volta un presidente uscente Usa bannato dai social in un tweet dove, riferendosi all’esito dei voti postali, mette le mani avanti rispetto a eventuali scippi dei suoi consensi. I social sono diventati un altro vero attore protagonista delle elezioni? Lo chiedo a lei, autore di “Likecrazia” (Piemme), un libro che sta andando per la maggiore.

Si confermano attori, perché anche nelle settimane precedenti si sono riservati curiosamente il diritto di correggere, eccepire, obiettare alla espressione di uno dei due candidati, incidentalmente il presidente uscente. C’è una sfida che dura da quattro anni, tra un establishment politico, mediatico, della stampa scritta, audiovisiva, di tutti i “progressisti” che si ritengono perbene contro un outsider totale che ritengono una specie di usurpatore, di cui immaginavano questa notte una fragorosa cacciata.

Sballati, dunque, tutti i sondaggi…

La notizia è che l’ “usurpatore” non solo non è stato cacciato, ma ha realizzato una performance elettorale straordinaria e, a mio avviso, giustamente non ha nessuna intenzione di farsela scippare o rapinare.

L’America, certa America “progressista”, quindi come una gigantesca proiezione su scala mondiale di quello che è successo e succede con gli outsider di casa nostra, da Craxi a Berlusconi a Salvini. Come se lo spiega che uno schema di questo tipo arrivi e anzi sia già arrivato da quattro anni perfino nella più grande democrazia del mondo?

La posta in gioco è altissima e loro erano convinti questa notte di trattare Trump come una parentesi da chiudere, una parentesi nella storia americana. Parentesi aperta e noi la chiudiamo, questo era il loro schema ma la parentesi non si è fatta chiudere, anche perché non riguarda solo un uomo da loro detestato, ma riguarda una mezza America che è scesa in campo contro tutto. Mettiamoci anche nei panni di questi elettori. Per resistere e votare Trump si sono dovuti sentir dire che era un razzista, un fascista, etc. Siamo arrivati a un livello di intimidazione morale, ciò nonostante il popolo ha risposto in un modo abbastanza chiaro.

Ed ora che accade?

Ora io non sottovaluto la delicatezza della fase che si apre, che può portare a un contenzioso legale fino alla Corte Suprema, un contenzioso legale clamoroso e a una divisione del Paese verticale, da amico degli Stati Uniti avrei preferito certamente un esito non contestato. Ciò detto, però io penso che Trump abbia fatto bene a rovesciare il tavolo che qualcuno aveva apparecchiato con lo schema che recitava così: vadano questa notte i risultati come vadano, tanto poi con il jolly del voto postale e del conteggio ritardato e postdatato il risultato sarà quello predestinato. E lui ha rovesciato il tavolo, dicendo che non si farà scippare.

C’è stata anche una lezione sul piano umano che riguarda la tempra del personaggio guaritosi nel frattempo dal Covid, trasmettendo questa sua vitalità come un messaggio di speranza, cosa che ha fatto notare Maria Giovanna Maglie. Ma c’è stata anche una lezione sul piano tutto politico e cioè che un ciclo non è finito?

Non solo, scusi la parola fuori moda (ironizza, ndr), è una questione di democrazia. Cioè è come se qualcuno avesse messo in campo dall’altra parte degli elementi di “aristocrazia”, di chi per titolo “nobiliare” o per diritto “divino” si sente l’unico titolato a governare e a cacciare l’ “usurpatore” e l’ “usurpatore”, che non è tale, si è appellato al popolo che ha risposto.

Quale conclusioni intanto trarre da questa notte?

Che la democrazia sarà piena di gente ma è pur sempre la cosa migliore inventata dalla specie umana per regolare la propria convivenza. E quindi occorre appellarsi agli elettori e scommettere su di loro. Anche proprio culturalmente è stato significativo che i democratici, pure con la paura del Covid, si siano appellati al voto per posta, quasi alla non mobilitazione fisica, invece quello che loro ritengono l’anti-democratico, il cattivo ha dato una risposta di mobilitazione popolare.

La reazione di Trump, che non è più un giovanotto, è stata anche di grande vitalità personale, che lezione se ne può trarre in un momento in cui si parla di rinchiudere gli “anziani”?

Quella di combattere. Trump non è soprattutto un piagnone lamentoso, è uno che di fronte alla coalizione dei poteri contro di lui, alla coalizione dei media, del Deep State non si è messo a piagnucolare ma ha deciso di appellarsi al popolo.

Quali sono i risultati che la hanno colpita di più?

Possiamo portare due esempi. Finora in Florida lui vince anche e soprattutto grazie al voto degli ispanici e degli immigrati regolari, mentre i Democratici si appellavano ai vipponi. Un significativo cortocircuito. Ci sono poi gli stati operai che lui strappò alla Clinton, qui la cosiddetta eccezione si è ripetuta un’altra volta.

Comunque finirà, qual è la lezione americana di Trump anche per il centrodestra italiano?

Mi permetto di dire tre parole :combattere, combattere, combattere. Avere una posizione netta e appellarsi ai propri elettori su una linea fortemente comprensibile con una bussola: taglio di tasse, ostilità al vecchio establishment, confronto duro con la Cina. Senza bizantinismi.

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