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Giorgetti

La veltronata del Corriere della Sera contro Draghi

"Le persone serie, caro Walter Veltroni, non giocano con le date come ai dadi". I Graffi di Damato dopo l'editoriale del Corriere della Sera

 

Con la mania che gli è venuta di vedere dappertutto, e non solo nella produzione dei giornali del giovane erede dell’avvocato Gianni Agnelli, “troppo zelo” a favore del suo successore a Palazzo Chigi, Giuseppe Conte sarà rimasto soddisfatto delle prestazioni odierne molto poco favorevoli a Draghi di un giornale non solo come il solito Fatto Quotidiano, dove Mannelli fa chiedere allo stesso Draghi che cosa ci stia a fare lì al posto di Conte, appunto, ma addirittura del Corriere della Sera. Che ha “sparato” contro il cosiddetto Supermario in prima pagina con la matita, il pennarello e non so quale altra diavoleria di Emilio Giannelli per quel sogno, coltivato insieme al generale Figliuolo, di vedere sfilare davanti ad entrambi al passo dell’oca gli indisciplinati e ritardatari governatori regionali. E contemporaneamente col computer urticantissimo dell’ex segretario del Pd Walter Veltroni in veste di editorialista.

CHE COSA HA SCRITTO VELTRONI SUL CORRIERE DELLA SERA

La “via d’uscita”, come s’intitola il suo articolo, indicata da Veltroni a Draghi per uscire dalle difficoltà della campagna vaccinale e dalle proteste di strada delle categorie che si sentono maggiormente danneggiate un po’ dalla pandemia, per carità, ma un po’ anche dal modo col quale la fronteggerebbe pure il nuovo governo -con o senza le stellette del generale sotto la cui divisa, per le pose che assume, la scrittrice Michela Murgia ha visto un aspirante dittatore- è semplice. Anzi, semplicissima. Si deve fare come il premier inglese Boris Johnson, in ordine di citazione, e il presidente americano Joe Biden, che – vivaddio-  hanno indicato le loro “date” ai rispettivi popoli per sollevarli dalla paura che questo casino del covid -scusate la parolaccia- duri troppo a lungo. Il primo si è impegnato a restituire la normalità, o quasi, agli inglesi già il 12 aprile, fra soli tre giorni, riaprendo bar e ristoranti. Il secondo, un po’ più prudentemente ma patriotticamente, ha indicato la data della festa dell’Indipendenza: il 4 luglio.

GLI AMMONIMENTI DI VELTRONI

Draghi invece -sembra di capire dal ragionamento di Veltroni- la butta sul generico, non prende impegni, se la prende con le regioni lente o pasticcione e si distrae, sia pure per un’altra vicenda, quella di Ursula, occupandosi del dittatore turco Erdogan, con cui bisognare pur convivere come con tutti i suoi simili sparsi nel mondo. Egli non si è ancora accorto che le uniche comunità, chiamiamole così, immuni dalla dittatura sono quelle come l’inglese e l’americana, cui i regnanti di turno sanno indicare date precise di liberazione quando si sentono ristrette. Caspita, che intuizione e lezione di democrazia, mi viene voglia di dire all’amico Walter con tutta la poca ironia di cui sono capace.

CHE COSA NON CONDIVIDO DELL’EDITORIALE DI VELTRONI

Fuori una data, quindi, illustrissimo presidente del Consiglio Draghi. E basta con le chiacchiere, i sorrisi, i rimbrotti, i moniti, tradotti nel solito felice titolo dal manifesto, a chi salta la fila o, sul versante opposto, rifiuta il vaccino che gli capita a sorte perché non se ne fida. Ma le persone serie, caro Walter, non giocano con le date come ai dadi, perché il covid è maledettamente più serio, più pericoloso persino di quel disgraziato di Hitler e dei suoi successori o imitatori di turno in carne e ossa che ogni tanto spuntano lontano e persino vicino a noi. Qui ci vogliono persone serie, responsabili, non scommettitori, alla faccia pure -se permetti, caro Walter- di Joe Biden e Boris Jhonson, questa volta in ordine rigorosamemte alfabetico dei loro cognomi.

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