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La Nato distruggerà i missili russi contro l’Ucraina? Ipotesi e commenti

Le parole del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, commentate e analizzate da politici ed analisti

 

Non si placano almeno in Italia le polemiche innescate dalle dichiarazioni con cui il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha di fatto suggerito un cambio di strategia alla Nato sollecitando l’impiego in territorio russo delle armi messe a disposizione di Kyiv. Ma al di là della contrarietà dell’intero nostro governo, cosa si pensa altrove di quella che per qualcuno è un’isolata fuga in avanti?

La Nato ci sta?

Ci sono degli sviluppi dell’ultim’ora alle recenti dichiarazioni all’Economist con cui Stoltenberg ha aperto all’impiego delle armi occidentali in territorio russo.

Il tema è stato al centro dell’Assemblea Parlamentare dell’Alleanza Atlantica tenutasi ieri a Sofia alla presenza dello stesso Stoltenberg. La sessione si è conclusa con l’approvazione di una Dichiarazione da parte di una robusta maggioranza degli oltre 200 parlamentari presenti.

Dopo aver chiarito al punto 8 che “la Russia può e deve patire una sconfitta strategica in Ucraina”, al successivo punto 10 si sottolinea la determinazione dell’Assemblea a far sì che i 32 membri Nato vadano “oltre i passi incrementali e ad hoc nel loro supporto all’Ucraina, adottando una strategia che poggi sull’obiettivo che all’Ucraina sia fornito tutto ciò di cui ha bisogno, il più velocemente possibile al fine di vincere”.

Il significato di queste parole viene chiarito e ampliato nel comunicato finale del meeting attraverso le parole del Presidente dell’Assemblea, Michal Szczerba: “Dobbiamo accelerare. Dare all’Ucraina tutto ciò di cui ha bisogno. L’Ucraina – ed è questo il passaggio decisivo – può difendersi solo se attacca le linee di rifornimento e le basi operative russe. È tempo di riconoscere questa realtà e di lasciare che l’Ucraina faccia ciò che deve”.

Per rimarcare il concetto, Szczerba aggiunge che “la Nato sarebbe significativamente indebolita, perdendo credibilità, se continuassimo ad assisterla con mezze misure”.

Se ciò non bastasse, ci sono anche le dichiarazioni di nuovo inequivocabili dello stesso segretario generale al meeting: “Il diritto all’autodifesa (dell’Ucraina) include colpire obiettivi legittimi fuori dell’Ucraina”.

Indignazione ma…

Al di là delle richieste di dimissioni per Stoltenberg da parte di Matteo Salvini, è ormai nota la contrarietà del governo non solo italiano – ma il coro di no partito dai palazzi romani da Meloni (“consiglio maggiore prudenza”) a Crosetto a Tajani è quello che ha fatto più notizia a livello internazionale – all’idea di un cambio di passo in Ucraina da parte dell’Occidente.

Contrarietà che la ricercatrice dell’Istituto Affari Internazionali Nona Mikhelidze non si spiega. In un lungo thread nel quale ha inquadrato meglio le parole di Stoltenberg, Mikhelidze evidenzia che la questione posta dal Segretario è in realtà non semplice ma elementare: “Come rendere più efficace la difesa ucraina nella regione di Kharkiv, dove i russi hanno dispiegato infrastrutture militari al confine”.

“Quindi”, attacca la ricercatrice, “anziché scandalizzarsi per le parole di Stoltenberg, forse i politici italiani (intendo quelli seri) ai quali non piace l’idea che gli ucraini colpiscano con le armi occidentali le infrastrutture militari russe stanziate appena oltre confine, dovrebbero avanzare alternative valide su come affrontare questa sfida. Capisco che non hanno alternative valide, perché effettivamente non ci sono”.

Pienamente sintonizzato con l’autrice del thread è l’analista Alessandro Politi, per il quale l’opinione di Stoltenberg “è rispettabile. (…) Deterrenza non è la ricerca dell’escalation”, conclude Politi ritenendo così immotivate le preoccupazioni di chi bolla come avventate se non folli le uscite di Stoltenberg.

Intanto a dare luce verde

Ma è già da qualche settimana che un tema così divisivo è nell’aria, perlomeno da quando, lo scorso 3 maggio, il ministro degli Esteri britannico David Cameron aveva affermato in un’intervista a Reuters che l’Ucraina aveva tutto il diritto di colpire il territorio russo con le armi fornite da Londra.

Un altro chiaro via libera è arrivato poche ore fa dal presidente lettone Edgars Rinkēvičs che, intervistato dalla famosa anchorwoman Cnn Christiane Amanpour, ha detto che le recenti conquiste militari russe in Ucraina non si devono solo alla straordinaria mobilitazione del Cremlino ma anche alle “restrizioni” imposte dagli alleati sul tipo di impiego delle armi fornite a Kiev.

In merito ai target in Russia, Rinkēvičs ha parlato di “obiettivi legittimi” che solo l’inerzia e la riluttanza occidentali impediscono di considerare.

Negli Usa frattanto.

Ma il vero target di Stoltenberg, ossia il leader da stanare, non sta certo sulle rive del Tevere ma su quelle del Potomac. Lo ha riconosciuto tra gli altri Fox News, commentando le dichiarazioni del Segretario sotto il titolo: “Il capo della Nato prende di mira Biden argomentando per la fine delle restrizioni sull’impiego delle armi Usa contro obiettivi russi”.

È proprio la Casa Bianca infatti, ricorda l’emittente, che continua a porre veti. Ma negli Usa il fronte non è compatto, come dimostra la lettera indirizzata al Pentagono da un gruppo bipartisan di parlamentari con cui si chiedeva proprio la fine delle restrizioni.

“Gli ucraini non sono stati in grado di difendersi – affermano i legislatori citati sempre da Fox News – a causa dell’attuale politica dell’Amministrazione”.

Ma la voce più autorevole a favore di un ribaltamento della linea è nientemeno quella dello speaker della Camera Mike Johnson, che in un’intervista a Voice of America si è sentito rivolgere la domanda fatidica sulla necessità di mutare strategia, fornendo una replica chiarissima: “l’Ucraina deve poter rispondere. E penso che da parte nostra tentare di fare un micromanagement dei nostri sforzi non sia una buona politica”.

Stoltenberg mina vagante.

Ma l’ipotesi ventilata da Stoltenberg e dai suoi sostenitori aveva fatto infuriare il direttore di Analisi Difesa Gianandrea Gaiani, che rubrica quella del Segretario Nato nelle categorie gemelle delle “dichiarazioni reboanti” e “gaffes madornali”.

“Il suo incarico – tuona Gaiani, che è stato consigliere di Matteo Salvini quando il leader della Lega era al Viminale – dovrebbe imporre a Stoltenberg di astenersi da suggerimenti e valutazioni personali circa le decisioni che dovrebbero assumere i governi e i parlamenti legittimi degli stati membri”.

Per il direttore di Analisi Difesa, Stoltenberg “ha di certo molte opportunità per sostenere la causa dell’impiego dei missili occidentali contro la Russia ma nelle sedi appropriate che sono quelle collegiali dell’Alleanza Atlantica”.

Non è chiaro a questo punto se dopo l’approvazione della Dichiarazione di Sofia quella del Segretario Nato possa essere ancora considerata una gaffe.

Del resto lo stesso Crosetto, dopo aver definito una sorta di fuga in avanti quella di Stoltenberg, aveva precisato che in ogni caso una decisione sarebbe stata presa “all’interno della Nato … quando ci sarà il vertice a Washington” a luglio.

Oltre che in Ucraina, giugno sarà di certo un mese infuocato anche tra le due sponde dell’Atlantico.

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