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medio oriente

La guerra perpetua di Israele

Azioni e strategie di Israele in campo militare. Fatti, analisi e scenari. Il punto di Gagliano

Israele sembra ormai intrappolato in una realtà di guerra perpetua, un elemento che, piuttosto che essere un’emergenza temporanea, è divenuto parte integrante della sua identità nazionale.

La narrazione ufficiale giustifica la guerra come una necessità esistenziale, evocando riferimenti biblici e un “nemico archetipico” costantemente presente. Attualmente, questo ruolo è incarnato dall’Iran e dai suoi affiliati, percepiti come rappresentanti di un male irredimibile.

Questa concezione del conflitto, con il nemico visto come un’entità malvagia per natura, rende pressoché impossibile qualsiasi tentativo di riconciliazione e stabilisce la guerra come una costante dell’esistenza israeliana.

L’identità nazionale sembra costruirsi in opposizione a un “altro” nemico, elemento che unisce diversi gruppi interni in Israele. Tuttavia, questa coesione è solo apparente poiché la costante conflittualità finisce per esacerbare le divisioni tra settori laici e ultraortodossi, trasformando la guerra in un elemento di divisione sociale e politica. Inoltre, l’orientamento israeliano verso l’aggressività politica e militare rischia di compromettere il sostegno internazionale, in particolare quello degli Stati Uniti.

Gli alleati storici iniziano a manifestare segnali di insofferenza verso la volontà di Israele di intraprendere azioni unilaterali e rischiose, come l’operazione contro Gaza, che ha suscitato non poche preoccupazioni. Questo atteggiamento potrebbe portare a un crescente isolamento internazionale, minacciando la capacità di Israele di manovrare diplomaticamente e di mantenere gli Accordi di Abramo.

L’approccio di Israele verso le alleanze con i paesi del Golfo, motivato dalla comune ostilità verso l’Iran, appare oggi in bilico. L’apertura di molteplici fronti di conflitto non solo mette a rischio questi accordi, ma potrebbe portare alla formazione di una coalizione di nemici regionali, intensificando il rischio di una guerra multi-arena. Tale escalation spinge il paese in una situazione dove la definizione di “nemico” si estende a vari attori, aumentando la tensione su più fronti e complicando la strategia difensiva.

Dal punto di vista strategico-militare, Israele basa la sua tattica su una deterrenza illimitata, nota come “strategia del cane pazzo”. Questa tattica prevede risposte aggressive e imprevedibili per scoraggiare i nemici, ma comporta anche rischi elevati. La dispersione di Israele su fronti multipli – Gaza, Libano, Siria, e indirettamente Iran – rischia di sovraccaricare le sue risorse operative, con difficoltà nel mantenere una difesa efficace su tutti i fronti. Una strategia di deterrenza illimitata su più fronti, senza un piano chiaro, potrebbe rivelarsi insostenibile e alienare i possibili alleati.

L’indipendenza operativa di Israele, che spesso ignora i consigli di Washington, ha portato tensioni nelle relazioni con gli Stati Uniti, fondamentali per la sicurezza israeliana. L’evoluzione del conflitto in altre aree strategiche, come l’Ucraina, sta distogliendo l’attenzione degli Stati Uniti, e se Israele continuerà ad agire unilateralmente, potrebbe trovarsi a perdere una parte del sostegno americano. A questo si aggiunge l’effetto boomerang del conflitto perpetuo, che genera un ciclo di violenza continua, rafforzando il nemico e radicalizzando nuove generazioni di palestinesi e arabi, minando l’efficacia delle operazioni israeliane e creando le basi per un conflitto senza fine.

Infine, il conflitto con gruppi come Hamas e Hezbollah evidenzia i limiti della deterrenza tradizionale. La natura asimmetrica di questa guerra, fatta di attentati e incursioni mirate, sfida la capacità di controllo di Israele e rende inefficace la deterrenza in un contesto di estrema radicalizzazione, dove i nemici mostrano resilienza e volontà di sacrificio.

In conclusione, Israele si trova in un contesto di guerra prolungata, sostenuta da superiorità tecnologica e appoggio americano. Tuttavia, l’approccio basato sulla deterrenza illimitata e l’apertura di fronti multipli rischia di alienare gli alleati, esaurire le risorse, e rendere la sua stessa esistenza più fragile. La politica israeliana sembra ormai orientata verso il conflitto come unica opzione, abbandonando l’idea di una soluzione pacifica, e mirando a un predominio militare che, però, non garantisce una sicurezza duratura.

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