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Campagna Vaccinale

La guerra geopolitica dei vaccini tra export e protezionismi

La guerra dei vaccini rafforza il premier Draghi e rafforzerà l’Europa? L'approfondimento di Francesco D'Arrigo, direttore Istituto Italiano Studi Strategici

 

La perdita di credibilità dell’Ue nella gestione della pandemia, causata dei contratti capestro stipulati con le Big Pharma per l’acquisto dei vaccini, dalle difficoltà di reperimento e distribuzione delle dosi, unitamente allo smacco politico che sta subendo da alcuni paesi membri attratti dalla diplomazia dei vaccini di Russia e Cina (due paesi con una visione del mondo completamente diversa), sta rappresentando per il governo Draghi un problema di gestione interna della campagna di vaccinazione a causa della mancanza di dosi, ma soprattutto, una opportunità per l’Italia di rafforzare la propria leadership, in ambito europeo e globale.

Sulla scia del lungo scontro con AstraZeneca, mentre l’Ue accusava l’azienda britannico-svedese di non aver rispettato i suoi impegni contrattuali provocando il rallentamento delle campagne vaccinali dei paesi membri, il premier Draghi ha deciso di entrare a gamba tesa nella guerra geopolitica dei vaccini, assumendo la decisione, confermata poi anche dalla Commissione europea, di bloccare una spedizione di 250.000 dosi di AstraZeneca destinate all’Australia.

Un blocco che ha causato diverse critiche in ambito internazionale e l’acuirsi della campagna di disinformazione di alcuni Stati contro la Ue, accusata perfino di protezionismo. Accuse ovviamente false, considerato che nonostante il blocco, solo nello scorso mese l’Ue ha consegnato più di 25 milioni di dosi ad almeno 31 paesi in tutto il mondo, mentre gli stessi paesi europei hanno complessivamente somministrato soltanto circa 21 milioni di vaccini a livello nazionale, a causa del grave deficit di dosi disponibili provocato dalle mancate consegne di dosi da parte delle case farmaceutiche, soprattutto di AstraZeneca.

Nel frattempo, il modesto numero di consegne cinesi e russe di Sinopharm e Sputnik V a paesi come Serbia, Tunisia e Slovacchia, per esempio, hanno visto i funzionari governativi locali dare il benvenuto alle spedizioni con grandi campagne mediatiche, cerimonie ostentate negli aeroporti, condite da lodi entusiastiche per Pechino e Mosca.

Per decenni, i Servizi di sicurezza del blocco di Varsavia hanno studiato un concetto chiamato “reflexive control” (controllo riflessivo) – la scienza di come far commettere errori ai propri nemici. Una forma di propaganda attraverso la quale gli esperti della disinformazione analizzano profondamente i loro avversari, per capire da quali fonti ottengono le loro informazioni e perché se ne fidano; poi trovano il modo di manipolare le informazioni provenienti da quelle fonti fidate, al fine di inserire errori e informazioni false. Questo modo di agire ha enormi implicazioni per i politici che non dispongono di adeguate analisi (Intelligence), perché una informazione errata o manipolata può “influenzare” un decisore ad intraprendere decisioni sbagliate sulla base di tali informazioni per un proprio interesse di consenso politico. E l’attenzione dovrebbe essere massima in questo periodo, dove tutte le Agenzie di Informazione occidentali hanno allertato del pericolo rappresentato dalle campagne di disinformazione in atto, che stanno sfruttando la questione vaccini come cuneo per fomentare la discordia sociale, erodere la fiducia nelle istituzioni di salute pubblica e suscitare sfiducia nelle aziende farmaceutiche.

L’approccio europeo alla distribuzione dei vaccini è comunque molto più generoso anche rispetto a tutti i propri alleati, ad esempio gli Stati Uniti, che stanno salvaguardando le forniture nazionali e le materie prime dei vaccini e bloccato le esportazioni per garantire che ogni americano possa essere vaccinato entro la fine del mese di maggio. Non vi è paragone nemmeno con il Regno Unito, che senza mai annunciarlo ha imposto un divieto de facto sulle esportazioni di vaccini attraverso la clausola “Britain First” inserita nel suo contratto con AstraZeneca.

Anche il leader mondiale nelle vaccinazioni Covid-19, Israele, si è inserito nella diplomazia dei vaccini, ma solo dopo aver messo al sicuro la propria popolazione. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha appena deciso di distribuire migliaia di dosi di vaccino ai militari della forza multinazionale delle forze di pace e agli osservatori (MFO) di stanza nella penisola del Sinai, come simbolo di gratitudine ai governi alleati di Israele.

Quindi, fino all’intervento di Draghi la magnanimità dell’Ue è passata in gran parte inosservata, anzi l’Europa è stata descritta come egoista ed incapace di gestire anche al proprio interno la distribuzione e l’accesso ai vaccini. Mentre in realtà, l’Europa è una super potenza nella esportazione anche in ambito vaccini.

Le consegne dei vaccini prodotti dai paesi Ue avvengono senza l’enfatizzazione e le campagne di comunicazione e propaganda che hanno caratterizzato le spedizioni di altri paesi, che hanno trasformato l’esportazione dei loro vaccini in un efficace strumento geopolitico al quale stanno, purtroppo, prestando il fianco anche alcuni esponenti politici italiani, mettendo così a rischio la strategia dell’Italia e della Ue, oltre che dell’alleanza occidentale guidata dalla nuova amministrazione Usa.

Strategia ben esplicitata da Mario Draghi durante il recente Eurosummit in videoconferenza dei capi di Stato e di governo dell’Unione, al quale è intervenuto anche il Presidente Biden, con un pressing incalzante dove ha anche sostenuto la possibilità (minaccia all’amministrazione Biden) che Bruxelles avvii discussioni per valutare la fattibilità di includere lo Sputnik V nella strategia dell’Unione.

Una chiara strategia che dimostra come la diplomazia dei vaccini del premier Draghi si stia declinando attraverso il suo prestigio internazionale e la forza del soft power italiano, che in sole 6 settimane dalla nascita del Governo di unità nazionale, hanno fatto riacquisire al Paese il ruolo geopolitico che gli compete ed allo stesso tempo sta promuovendo, insieme alla Merkel e a Macron, il modello europeo basato su valori democratici e di solidarietà.

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