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Regno Unito

La campagna vaccinale record di Johnson sgonfierà il nazionalismo scozzese?

L'analisi dello storico Domenico Maria Bruni, estratto da un Policy Brief della Luiss School of Government

 

Oggi è una data significativa per la politica del Regno Unito. Nello stesso giorno si terranno, fra le altre, elezioni per il Parlamento scozzese, elezioni suppletive in un collegio chiave e simbolico, infine elezioni locali in decine di comuni e città. Di seguito, alcune delle variabili da osservare per una valutazione complessiva di questa tornata elettorale.

La maggior parte degli analisti, negli ultimi due anni, ha ipotizzato il manifestarsi di una nuova fiammata di indipendentismo scozzese a mo’ di reazione rispetto al divorzio del Regno Unito dall’Unione europea, mossa – quest’ultima – perlopiù invisa all’elettorato scozzese. Le elezioni per il Parlamento scozzese, il prossimo 6 maggio, permetteranno una prima verifica concreta di tale ipotesi. È certo che lo Scottish National Party (SNP), partito indipendentista scozzese, uscirà dalle urne come primo partito locale in termini di consensi e di seggi. Si tratta di una conferma di quanto già accaduto negli ultimi anni. Più importante sarà valutare la portata della vittoria dello SNP. La soglia da raggiungere per parlare di “trionfo” coincide con la maggioranza assoluta dei seggi del Parlamento scozzese. Se una simile soglia fosse raggiunta e superata, allora diventerebbe più difficile resistere alla richiesta di un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia dal Regno Unito.

Finora il Primo Ministro inglese, Boris Johnson, si è attestato sulla posizione dei suoi predecessori conservatori: il referendum sull’indipendenza scozzese si è già tenuto nel 2014, la proposta di secessione è stata sconfitta nelle urne, dunque di un altro referendum se ne potrà riparlare in un futuro lontano, misurato in termini di generazioni, questo il ragionamento. I Laburisti, pur essendo anche loro “unionisti” come i Conservatori e dunque contrari all’indipendenza scozzese, mantengono per ora una posizione più attendista senza escludere esplicitamente nessuna ipotesi.

Cosa aspettarsi, dunque, su questo fronte? I sondaggi per il momento danno gli indipendentisti molto vicini alla maggioranza assoluta dei seggi. Con alcuni caveat:

– Quanto sarà frammentato il fronte indipendentista? I partiti indipendentisti sono tre: lo SNP, i Verdi e Alba, quest’ultimo fondato da poco dall’ex leader dello SNP Alex Salmond in polemica con l’attuale leadership dello SNP. Stando agli ultimi sondaggi, lo SNP potrebbe mancare la maggioranza assoluta per un soffio (due o tre seggi). Anche se, complice il complesso meccanismo di voto, l’obiettivo di una maggioranza assoluta “indipendentista” dovrebbe essere comunque raggiunto. Da un punto di vista politico, però, ci potrebbe essere una certa differenza sull’eventuale tempistica di richiesta di un secondo referendum, a seconda che tale maggioranza sia composta da SNP e Verdi, oppure da SNP e Alba.

Quanto terranno i Conservatori? I Tory in Scozia hanno perso elettori a partire dagli anni Settanta dello scorso secolo, con una evidente accelerazione a partire dagli anni di Margaret Thatcher. Tuttavia, nelle elezioni per il Parlamento scozzese del 2015, i Tory erano riusciti ad affermarsi come secondo partito dietro lo SNP, scavalcando i Laburisti. Nel caso riuscissero a conservare questo ruolo anche stavolta, magari rafforzando un po’ la loro posizione relativamente agli altri partiti, accrescerebbero la propria capacità di resistenza ai progetti di SNP e alleati.

– Soprattutto: l’indipendentismo è ancora maggioritario? Nelle ultime settimane, a giudicare dai sondaggi, si assiste a un fenomeno decisamente nuovo nell’elettorato scozzese: per la prima volta dai tempi della Brexit, infatti, il desiderio di una Scozia indipendente sembra spaccare a metà l’elettorato scozzese, con alcuni sondaggi che addirittura lo hanno stimato di un soffio al di sotto del 50%. Un mutamento spiegabile probabilmente in due modi. Primo, la gestione di successo della campagna vaccinale da parte del governo di Londra, soprattutto se raffrontata con le lentezze e le inefficienze dell’Europa continentale, potrebbe aver fatto cambiare idea ad alcuni elettori scozzesi sulla rilevanza del tema “Brexit”. In secondo luogo, un’eventuale secessione della Scozia dal Regno Unito comporterebbe la creazione di un hard border tra le due nuove entità, con annessi ostacoli e costi per lo scambio di merci e per l’economia in generale, a fronte di un rapporto con l’Unione europea ancora tutto da concepire e costruire.

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