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Poveri Benestanti

L’Italia è un Paese di poveri benestanti?

Che cosa emerge dalle dichiarazioni dei redditi degli italiani del 2022, elaborate dal Mef a fine maggio di quest'anno. Sono dati che definiscono l'Italia come un "paese di poveri benestanti" (copyright di Alberto Brambilla, presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali). Il Bloc Notes di Michele Magno

 

Propongo al lettore un testo a mio avviso molto istruttivo: la sintesi delle dichiarazioni dei redditi degli italiani del 2022, elaborate dal Mef a fine maggio di quest’anno. Sono dati che definiscono l’Italia come un “paese di poveri benestanti” (copyright di Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali).

Se mi è concessa l’autocitazione, nel dicembre dello scorso anno scrivevo su questa rubrica: “Siamo uno dei paesi più indebitati del pianeta, con un’economia sommersa e un’evasione fiscale stratosferiche. Siamo un paese che ancora non ha una legge sulla concorrenza degna di questo nome. Un paese ostaggio delle gilde sindacali nella scuola e  in altri cruciali servizi pubblici. Un paese in cui lo Stato intermedia oltre la metà del pil. Un paese il cui sistema amministrativo, centrale e periferico, vanta un’ipertrofia normativa e una burocrazia asfissiante di tipo sovietico. Un paese in cui il verbo pauperista rischia di dilagare tra le popolazioni meridionali. Un paese al primo posto in Europa per possesso di abitazioni, autoveicoli, cellulari. Al secondo per animali da compagnia. Un paese in cui il giro di affari legato al gioco dazzardo -legale e illegale- sfiora la cifra incassata dall’Irpef. Un paese che, per conoscere il futuro da maghi e fattucchiere, spende più di quanto viene accantonato annualmente per i fondi previdenziali. Un paese in cui sono più di otto milioni i pensionati assistiti totalmente o parzialmente dalla fiscalità generale, tre milioni i beneficiari del reddito di cittadinanza e altri tre milioni i beneficiari degli ammortizzatori sociali: moltiplicati per il numero medio di persone a carico, sono circa venti milioni di cittadini che, in un modo o nellaltro, vengono assistiti dall’erario. Cari amici demopopulisti, vi chiedo: che c’azzecca il neoliberismo?”. La situazione non sembra migliorata. Ma veniamo ai dati.

In Italia il 23,75% dei contribuenti dichiara redditi da negativi a 7.500 euro lordi l’anno e paga un’imposta media di 16 euro l’anno grazie al Tir (Trattamento integrativo dei redditi, l’ex bonus Renzi maggiorato); il successivo 18,84% di cittadini, che dichiara tra 7.500 e 15.000, paga un’Irpef media di 250 euro sempre grazie alle agevolazioni. In totale, il 42,6% dei cittadini -che, considerando le persone a carico, sono 25,23 milioni-  paga solo l’1,73% dell’Irpef, che ammonta in totale a 175,4 miliardi.

C’è poi il successivo 13,5% che dichiara redditi tra 15 e 20mila euro, paga il 5,65% dell’Irpef e un’imposta media di 1.271 euro. Quindi, il 56% della popolazione paga a mala pena l’8% dell’Irpef e di conseguenza, si suppone, ancor meno per le altre imposte, comprese quelle indirette. La successiva fascia di reddito da 20.001 a 29.000 euro comprende 9.169.315 contribuenti (il 22,1% del totale) che, considerando il rapporto tra dichiaranti (41,497 milioni) e abitanti, riguarda 13.088.930 di abitanti: questi contribuenti pagano un’imposta media annua di 3.506 euro, che si riduce a 2.456 euro per singolo abitante, e versano in totale 32,15 miliardi, pari al 18,35% delle imposte (era il 19,37% nel 2020).

Insomma, un paese che per il 60% degli abitanti vive con meno di mille euro lordi al mese. Giusto per comprendere la gravità della situazione occorre specificare che la spesa sanitaria nazionale nel 2021 è stata pari a circa 127 miliardi per un pro-capite di 2.144 euro; quindi, per questi primi 3 scaglioni di reddito, la differenza tra l’Irpef versata e il solo costo della sanità ammonta a 57,814 miliardi che sono a carico degli altri contribuenti. E qui parliamo appunto della sola sanità, senza considerare tutti gli altri servizi forniti dallo Stato e dagli enti locali di cui pure beneficiano, e che qualche altro contribuente si dovrà accollare.

Ma poi ci sono altri dati che invece descrivono gli italiani tutt’altro che poveri: ad esempio, quelli della relazione del Libro Blu dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli che stima la spesa per il gioco d’azzardo nel 2022 a oltre 136 miliardi di euro: un record di tutti i tempi per le italiche giocate (erano 111,7 miliardi nel 2021) a cui occorre aggiungere almeno altri 20 miliardi per il gioco irregolare che, secondo le inchieste giudiziarie, dà beneficio soprattutto alle mafie che gestiscono gran parte del settore legale e illegale. Su 59.236.213 cittadini residenti significa 1.886 euro pro capite spesi in gioco d’azzardo per il 2021 e oltre 2.320 euro a testa (escludendo il gioco illegale) per il 2022, una cifra abnorme che supera nel 2022 il costo dell’intera sanità pubblica o i bilanci dei poco meno di 8mila comuni italiani e molto sopra l’imposta media Irpef.

Oppure, per citare un altro dato, basta guardare al possesso di smartphone e di collegamenti internet da mobile: su meno di 60 milioni di abitanti i dispositivi mobili (cellulari) in Italia a fine 2022 sono 78,2 milioni, pari al 132,6% dell’intera popolazione nazionale, in crescita di circa 200mila unità rispetto all’anno scorso. Inoltre, il 97,5% degli italiani (dato in continuo aumento) possiede almeno uno smartphone sicché, escludendo neonati, bimbi e persone particolarmente anziane, la quasi totalità della popolazione ha almeno un telefonino (ma molti 2 o più), mentre 50,8 milioni (86%) utilizzano regolarmente internet, e le persone attive sulle piattaforme social sono oltre 43 milioni (+5,4%), con il 75% della popolazione che ha almeno un computer o un laptop. Il dispositivo digitale che ha registrato la crescita maggiore in termini di diffusione è lo smartwatch, con un aumento del 18% su base annua, il che vuol dire che ormai un terzo della popolazione ne indossa uno. Nel frattempo, il mercato dei device per rendere la propria abitazione “intelligente”, cioè gli “smart home device” (luci, tapparelle, citofono, sistemi di allarme, elettrodomestici…) vede una spesa media pro capite di circa 290 euro l’anno. Si potrebbe proseguire con il possesso di animali da compagnia, di cui siamo primi in Europa dopo gli ungheresi (che però sono meno di dieci milioni), la chirurgia estetica, e così via.

Ma torniamo alle dichiarazione dei redditi: dai dati sin qui esaminati risulta che i titolari di redditi fino a 29mila euro sono il 77,84 degli italiani e pagano il 25,74% di tutta l’Irpef, insufficiente a pagarsi le prime tre funzioni di welfare (sanità, assistenza sociale e istruzione); sopra i 300mila euro di reddito dichiarato troviamo solo lo 0,12% dei contribuenti, cioè solo 48.212 soggetti ma che pagano il 6,98% dell’Irpef complessiva. Tra i 200 e 300mila euro di reddito c’è lo 0,16% dei contribuenti (67.408 persone) che pagano il 3,45% dell’Irpef; con redditi lordi sopra i 100mila euro (in Italia si parla sempre di lordo ma, per farsi un’idea, il netto di 100mila euro è pari a circa di 52mila euro) troviamo solo l’1,39%, pari a 576.452 contribuenti che tuttavia pagano il 22,26% dell’Irpef.

Sommando a questi contribuenti anche i titolari di redditi lordi da 55mila a 100mila euro, che sono 1.503.866 e pagano il 18,43% dell’Irpef, otteniamo che il 5,01% paga il 40,69% dell’Irpef. Includendo anche i redditi dai 35mila ai 55mila euro lordi, risulta che il 13,94% paga il 62,52% di tutta l’Irpef. Infine, considerando i 3.411.822 contribuenti (pari a 4.870.277 abitanti) con redditi da 29.001 a 35mila euro che versano l’8,22% dell’Irpef totale e pagano un’imposta media annua di 6.031 euro, che si riduce a 4.225 euro per singolo abitante, e versano complessivamente il 11,75% delle imposte, concludiamo che il 25,69% degli italiani paga il 70,74% di tutta l’Irpef, la stragrande parte di Irap, IRES, Isost e anche delle imposte indirette.

Concludendo: visti i consumi, spesso superflui, siamo in presenza di un’evasione di massa, altro che grandi evasori. Sarà sempre più complicato, inoltre, finanziare nei prossimi anni il nostro generoso welfare se sono così pochi quelli che danno e così tanti quelli che prendono.

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