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Israele sbuffa contro Telegram, ecco perché

Israele sta portando avanti una guerra digitale per arginare la diffusione sul web delle informazioni hackerate. Telegram, l'app di messaggistica fondata da Pavel Durov, è una delle piattaforme meno collaborative. Tutti i dettagli.

 

Dal 7 ottobre 2023, il giorno del grande attacco di Hamas in territorio israeliano che ha causato lo scoppio della guerra a Gaza, Israele ha subìto numerosi cyberattacchi da parte di soggetti stranieri – principalmente forze filopalestinesi o hacker legati all’Iran – intenzionati a sottrarre informazioni sensibili e a mettere fuori uso servizi e infrastrutture. Come ha raccontato il quotidiano israeliano Haaretz, questi hacker sono riusciti a violare anche un computer collegato al ministero della Giustizia di Israele, pubblicando online migliaia di dati classificati e di email riservate: i link per accedere e scaricare questi file sono stati diffusi anche su Telegram, l’applicazione di messaggistica istantanea il cui fondatore, Pavel Durov, è stato arrestato in Francia proprio con l’accusa di complicità alle attività illegali sull’app.

Haaretz ha però fatto notare come i canali Telegram degli hacker coinvolti nella diffusione dei documenti israeliani siano stati tutti rimossi, “uno per uno”, assieme ai post contenenti i link per scaricarli. Il quotidiano ha scritto anche che non è chiaro quale sia stato il danno economico e di sicurezza causato dai leak in questione, “probabilmente i più gravi nella storia di Israele”, nonostante i grossi investimenti nella cybersicurezza.

LA GUERRA DIGITALE DI ISRAELE CONTRO I LEAK

Secondo le fonti di Haaretz, le autorità israeliane stanno portando avanti una massiccia “guerra digitale” per arginare la fuga di informazioni sensibili attraverso sia il monitoraggio del web e dei social network, sia l’invio di richieste legali alle società tecnologiche – come Google, Meta, Amazon e anche Telegram – per rimuovere o bloccare i contenuti legati ai leak. Le società occidentali si sono mostrate particolarmente collaborative, e anche Telegram ha rimosso una serie di account – inclusi i canali ufficiali degli hacker – che condividevano link per scaricare il materiale israeliano.

L’approccio di Israele è particolare. Mentre infatti i governi degli altri paesi di solito concentrano le loro azioni legali o penali contro i cybercriminali e i leaker, sia in patria che all’estero, senza prestare moltissima attenzione alla presenza sul web delle informazioni trafugate, Israele “utilizza le regole interne delle aziende tecnologiche per indurle a rimuovere per suo conto i contenuti violati, impedendo così che i dati trapelati raggiungano il pubblico o i giornalisti, sia in Israele che all’estero”, ha scritto Haaretz.

Le piattaforme, infatti – comprese quelle che di solito fanno resistenza alle pressioni governative, come Telegram -, hanno delle norme per tutelarsi dalle conseguenze legali della condotta dei loro utenti, come le violazioni del copyright o le denunce per diffamazione. I materiali “hackerati”, come quelli rubati dai server israeliani, rientrano nella categoria dei beni sottratti; nei loro confronti, quindi, si applicano le stesse norme che servono a impedire la diffusione dei link per il download illegale di film, serie televisive o dischi. Secondo Haaretz, negli ultimi mesi le richieste di Israele a Telegram basate sulla violazione dei termini d’uso dell’app hanno portato alla cancellazione di almeno dieci profili e canali di gruppi hacker.

TELEGRAM È UN PROBLEMA PER ISRAELE

Dall’inizio della guerra a Gaza, Telegram è diventata la piattaforma principale di information warfare utilizzata da Hamas per diffondere disinformazione e propaganda contro Israele. Sul finire del 2023 gli israeliani hanno cercato di contattare Pavel Durov – che risiedeva negli Emirati Arabi Uniti – per chiedergli di migliorare la moderazione dei contenuti sull’app, ma senza successo (benché in seguito alcuni canali collegati ad Hamas sono stati bloccati).

Le fonti di Haaretz spiegano che Meta e Google eliminano i profili o le pagine direttamente collegati ad Hamas, mentre Telegram non rimuove i contenuti classificati come terroristici ma solo i beni sottratti (come i link per il download illegale di film o album musicali, ad esempio). Il ministero di Giustizia di Israele ha inviato oltre 40.000 richieste a Facebook per ottenere – con successo – la rimozione di contenuti illegali. Anche TikTok, che è cinese, ha rimosso oltre 20.000 post segnalati dalle autorità israeliane. Telegram, invece, ne ha cancellati solo 1300 o poco più.

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