Malgrado il conflitto tra Israele e Hamas non sia scemato, c’è appena stato uno sviluppo forse inatteso che dà anche adito a qualche sospetto: la flotta che l’America aveva inviato nel Mediterraneo orientale subito dopo la strage di ebrei dello scorso 7 ottobre si è allontanata da quelle acque. Ma, come ci spiega il generale Carlo Jean, esperto e docente di strategia militare e di geopolitica, ci sono motivi strategici dietro quella decisione apparentemente inspiegabile.
Generale Jean, le navi Usa se ne vanno. Che succede?
Gli Stati Uniti si sono resi conto che il pericolo di un’estensione del conflitto a Gaza e in particolare con la milizia libanese degli Hezbollah è molto diminuito. Di conseguenza non è più necessario mantenere una simile flotta, anche perché in questo momento le navi servono altrove, e ricordiamo che gli americani ne hanno meno dei cinesi.
Quindi dove andranno ora quelle navi?
Non lo sappiamo, ma ricordo che l’America dispone di ben dodici portaerei con le relative task force.
E dove sono schierate?
Un po’ dappertutto, anche se la principale preoccupazione degli amici americani si chiama Pacifico e in particolare Taiwan, un’isola intorno alla quale gli Usa mostrano i muscoli creando uno schieramento dissuasivo.
Ok, la solita Cina. Ma le navi Usa non incrociano anche dalle parti del Golfo Persico e in particolare, non lontano, in quello stesso mare bersagliato dagli Houthi dello Yemen? Anzi, questi signori mica hanno abbassato la cresta…
A dire il vero non è che gli stiano facendo parecchio male. In pratica gli Usa e i loro alleati si limitano a prendere di mira le postazioni di lancio dei missili e dei droni che gli Houthi scagliano sui mercantili. Per dissuaderli occorrerebbe bombardarli duramente, cosa che noi italiani, come lei sa, non saremo autorizzati a fare con l’operazione Aspides che ha appena ricevuto luce verde dal Parlamento.
Sta dicendo che gli Usa e gli altri dovrebbero bombardare a tappeto?
In verità lo hanno già fatto e per nove anni Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, senza riuscire a intaccare minimamente il controllo territoriale imposto dagli Houthi nel 2015 in mezzo Yemen: Di conseguenza quello è un gruppo armato decisamente resiliente.
Ma allora, visto che ad armarli è l’Iran, non è che per farli smettere bisogna bombardare quel Paese?
Se continuasse così, e soprattutto se venisse colpita una nave o addirittura una portaerei Usa, diventerebbe sconveniente scommettere sull’impunità di questo mandante.
Non potrebbe essere Israele a bombardare l’Iran per noi e per tutti?
Non credo che Israele possa piegare l’Iran a meno che non ricorra alle armi nucleari.
Ma non sarebbe meglio che gli alleati di Washington ordinassero uno strike mirato come quello che quattro anni fa ha eliminato il capo dei pasdaran Soleimani?
Ma l’America in quel modo ha fatto solo il solletico agli ayatollah, anche perché Soleimani è stato colpito a Baghdad, non nel suo Paese.
Non ci sono alternative alle bombe?
Una alternativa ci sarebbe e si chiama blocco navale, che impedirebbe all’Iran di esportare il proprio petrolio alla ricca Cina che da anni ne fa incetta. Così facendo però il conflitto si estenderebbe automaticamente alla Cina stessa che importa dall’estero e in particolare dall’Iran quasi tutta la sua energia.
Come mai la Cina foraggia un regime stragista?
Perché l’Iran è contro gli Stati Uniti ed è dunque per Pechino un alleato naturale, secondo il vecchio e famoso adagio “il nemico del mio nemico è mio amico”.
Insomma anche stavolta Teheran la farà franca?
Temo che siano in molti a voler dare ascolto al Papa e al suo principio, chiamiamolo così, della bandiera bianca.