Israele attaccherà senz’altro l’Iran ma non è detto che il regime degli ayatollah debba necessariamente soccombere. È la valutazione fatta da Arturo Varvelli, direttore dell’Ufficio di Roma e Senior Policy Fellow presso lo European Council on Foreign Relations (ECFR), che in questa intervista a Start Magazine delinea gli imminenti scenari in Medio Oriente.
Cosa pensa degli attacchi dell’Idf a postazioni Unifil?
Abbiamo motivo purtroppo di credere che queste azioni non siano casuali. Tutto lascia intendere che si voglia intimidire Unifil e accelerare il rimpatrio della missione.
Unifil deve lasciare secondo lei?
Tutto il contrario. Le Nazioni Unite e l’Italia devono assolutamente restare anche per limitare l’azione di Israele che ha il dovere di essere limitata.
Che cosa sappiamo sull’imminente attacco di Israele?
Le ultime informazioni di cui disponiamo ci dicono che gli americani sembrerebbero essere riusciti a convincere Israele a limitare la sua risposta. Ma la risposta ci sarà ed è già stata pianificata a livello militare. Per questo era così importante concordare il target con gli Usa.
Perché?
Perché nessun leader israeliano potrebbe permettersi di andare contro l’amministrazione americana e scatenare un conflitto su larga scala a livello regionale.
Ma siamo sicuri che Usa e Israele hanno raggiunto un accordo?
Non sarebbe la prima volta che alla fine Netanyahu decide di procedere per la sua strada. Permangono dei dubbi sulla relazione tra Washington e Tel Aviv e in particolare su quella tra i due leader, che già altre volte in passato si sono scontrati aspramente.
Ma quindi qual è la posizione degli Usa?
Per dirla con una metafora politologica, gli americani sono intrappolati in un’amicizia con uno junior partner che sta agendo contro gli interessi del suo protettore senza che quest’ultimo però possa svincolarsi dall’alleanza.
Ma a cosa mira Israele?
Ormai è chiaro che l’obiettivo non è soltanto Hamas o Hezbollah. In un certo senso è come se il terribile attentato del 7 ottobre dell’anno scorso abbia dato la stura a Netanyahu che non a caso si è rivolto alla popolazione persiana e non iraniana.
Cioè in pratica a cosa punta Israele?
Punta nientemeno che a rovesciare l’asse sciita o quanto meno a indebolirlo. Un’operazione che è speculare all’avvicinamento di Israele ai Paesi del Golfo che condividono la percezione dell’Iran come nemico e considerano opportuno un suo indebolimento.
Ma Israele è in grado davvero di rovesciare il regime iraniano?
Malgrado la sproporzione militare e tecnologica sia evidente, dubito che manu militari si possa rovesciare un governo.
L’Iran secondo lei è destinato a soccombere almeno militarmente o può fare del male a Israele?
Se messa alle strette, Teheran potrebbe ricorrere a una strategia asimmetrica attraverso il coinvolgimento di una serie di attori regionali e la messa a segno di colpi ad esempio nel Golfo Persico e a quel punto i maggiori attori globali potrebbero costringere Israele a fermarsi.