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Il revival dei dittatori

Che cosa sta succedendo tra Usa e Russia sull'Ucraina e non solo. L'intervento di Francesco D’Arrigo, direttore dell'Istituto Italiano di Studi Strategici "Niccolò Machiavelli"

BREVE CONTESTO STORICO

Nel dicembre 1991, l’Ucraina ha ottenuto la piena indipendenza (con il 92 per cento degli ucraini che hanno votato a favore) e il riconoscimento internazionale come Stato sovrano, sebbene un’identità nazionale ucraina unica abbia preceduto di molto l’indipendenza ufficiale. Nel giugno 1996, il parlamento ucraino ha ratificato una nuova Costituzione, riconoscendo l’ucraino come lingua di Stato, tra le tante altre indicazioni di nazionalità. Nell’aprile 2021, la Russia ha inviato più di 100.000 truppe nelle aree di confine ucraine, il più grande schieramento militare dal 2014. Il 21 febbraio 2022, il Cremlino ha formalmente riconosciuto le regioni di Luhansk e Donetsk come repubbliche indipendenti.

Lo stesso 21 febbraio 2022, tre giorni prima dell’inizio dell’invasione su vasta scala, il presidente Putin ha tenuto un discorso in cui ha insistito sul fatto che “l’Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia o, per essere più precisi, dalla Russia bolscevica e comunista” e che la Russia era “pronta a mostrare cosa significherebbe per l’Ucraina la vera decomunistizzazione”. Nel suo discorso che annunciava l’invasione dell’Ucraina, il presidente Putin ha esortato gli ucraini a disconoscere i loro rappresentanti istituzionali eletti, allo scopo di rafforzare l’Ucraina e la Russia “dall’interno come un unico insieme, nonostante l’esistenza di confini statali”. Il 5 aprile 2022, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev pubblicò su Telegram quanto segue: “L’ucrainità, alimentata dal veleno anti-russo e consumata dalla menzogna sulla propria identità, è tutto un grande falso. Questo fenomeno non è mai esistito nella storia. E non esiste nemmeno ora”.

Il 23 febbraio 2022, il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ordinò all’esercito russo di invadere l’Ucraina, cosa che fece il giorno seguente, mentre il Capo del Cremlino lo annunciava alla nazione.

I NEGOZIATI USA-RUSSIA

La recente iniziativa diplomatica del presidente statunitense Donald Trump, per cercare di porre fine alla guerra tra Ucraina e Russia, è in linea con il programma MAGA annunciato durante la campagna elettorale che lo ha riportato alla Casa Bianca. Ad oggi, nessuno ha ancora avuto informazioni sul piano di pace del presidente Trump, che avrebbe dovuto porre fine alla guerra della Russia contro l’Ucraina in sole 24 ore.

Tuttavia, nessun leader dell’Alleanza Atlantica né tantomeno dell’Unione Europea (a parte il premier ungherese Viktor Orbán), aveva mai preso in considerazione quanto è facile porre fine rapidamente a una guerra, quando ci si arrende!

Gli Stati Uniti stanno capitolando, in nome dell’Ucraina e degli Stati che l’hanno sostenuta in questi 3 anni di feroce aggressione?

Questo è ciò che sembra stia facendo il presidente Donald Trump, mentre programma un tête-à-tête con il presidente Putin. Il tycoon-presidente preferisce trattare con i suoi omologhi Xi Jinping e Vladimir Putin piuttosto che con alleati e partner, che al contrario minaccia quotidianamente sin dal suo insediamento alla Casa Bianca.

ACCUSE ALLO SPECCHIO CONTRO IL PRESIDENTE ZELENSKY

“L’accusa allo specchio” è una forma potente e storicamente ricorrente per giustificare una guerra o “Operazione Speciale Militare”, come la definisce il Cremlino. Un attore accusa un avversario, un popolo o un gruppo etnico preso di mira, di pianificare o aver commesso atrocità come quelle che l’autore dell’accusa immagina contro di loro, inquadrando le presunte vittime come una minaccia esistenziale e facendo sembrare la violenza contro di loro difensiva e necessaria. Il presidente russo Vladimir Putin e i funzionari russi hanno fatto esattamente questo, usando l’affermazione totalmente falsa che l’Ucraina aveva commesso un genocidio e sterminato la popolazione civile nelle aree controllate dai separatisti sostenuti dalla Russia, come pretesto per invadere l’Ucraina.

“Accuse allo specchio” del Cremlino, che il presidente Donald Trump ha fatto sue e rivolto davanti ad una platea di investitori della Future Investment Initiative a Miami, contro: “l’Ucraina non avrebbe dovuto imbarcarsi nel conflitto e ora non deve ostacolare la soluzione negoziale che prende forma sull’asse Washington-Mosca”; “Zelensky è un comico di modesto successo” e un “dittatore non eletto” che “si rifiuta di indire elezioni” e che dovrebbe “muoversi rapidamente se non vuole perdere il Paese che gli è rimasto” perché “la guerra sta andando nella direzione sbagliata”.

“Accuse allo specchio” che il presidente Trump non ha risparmiato nei confronti dell’Ue: “Quanto all’Europa, così come altri posti del mondo, sarebbe meglio che si occupasse di immigrazione con più intelligenza e con più forza, prima che sia troppo tardi”.

Attendiamo ora che i team di negoziatori riuniti a Riyad annuncino l’avvenuta “denazificazione” degli ucraini che i funzionari russi e i media statali invocano ripetutamente come uno degli obiettivi principali dell'”Operazione Militare Speciale”, descrivendo gli ucraini come subumani “subordinati”, minacce esistenziali per la Federazione Russa e l’epitome del male (“nazismo”, “gioventù hitleriana”, “Terzo Reich”).

Una retorica che viene utilizzata per trasformarli in obiettivi legittimi da annientare e sottomettere.

I LEADER EUROPEI SONO INDIGNATI

Molti leader europei si chiedono come comportarsi con il presidente Donald Trump, che afferma sempre che se ha un rapporto personale con un leader straniero, allora gli Stati Uniti hanno un buon rapporto con quel governo. Chiaramente siamo di fronte ad atteggiamenti che denotano superficialità e scarsa considerazione delle relazioni diplomatiche, una tendenza a considerare le altre nazioni come sottomesse alla (sua) potenza degli Usa. Le relazioni personali hanno certamente un ruolo negli affari internazionali, ma ciò che conta davvero sono gli interessi degli Stati.

Il presidente Trump pensa che lui e Vladimir Putin siano amici, ma questo sentimento non è reciproco. Il presidente Putin, grazie alla sua formazione nel KGB ed alla sua lunga esperienza all’interno dello Stato Maggiore Russo – Direzione Generale Sovietica della Maskirovka Strategica (Soviet Chief Directorate of Strategic Maskirovka – GUSM, che elaborava la dottrina militare russa per l’inganno e la disinformazione), adotta tecniche di negoziazione aggressive, coercitive, minacciose e ingannevoli e sta incanalando queste negoziazioni amplificando la sua propaganda attraverso un panorama mediatico favorito dalla disinformazione, alimentata dell’efficientissimo ecosistema di propaganda del Cremlino. Un network costituito da media finanziati dallo Stato, siti web proxy, bot, falsi personaggi ed account, operazioni di disinformazione nei social media abilitate dal cyber, ed utilizzando diverse tattiche di guerra psicologica attraverso tutti questi canali. Una tempesta disinformativa ora alimentata anche dalla piattaforma X controllata dal Doge Elon Musk, che ribalta la verità, non soltanto sulla guerra. Il presidente Putin non è amico del presidente degli Stati Uniti, ma il leader di uno Stato politicamente inaffidabile e strutturalmente pericoloso che ha l’obiettivo di manipolare il presidente Trump ed il suo team di inesperti negoziatori, cosa che ha già iniziato a fare con successo.

Gli analisti stanno ancora cercando di scoprire quale sia la strategia di pace della Casa Bianca, ma in questi giorni non è emersa nessuna. Il presidente Trump sembra reagire ad una serie di impulsi quotidiani, spesso contraddittori, che hanno come conseguenza l’aumento del disordine internazionale.

I ritardi e le indecisioni nell’invio delle armi sono ciò che non ha funzionato nella gestione dell’assistenza all’Ucraina da parte degli Usa (sempre osteggiata dai repubblicani di Trump) e soprattutto dall’ambiguità  degli europei, durante questi tre anni di guerra. Il sostegno dell’Occidente è stato importante per resistere e limitare l’invasione, ma non è mai stato fornito in modo strategico, soprattutto dai recalcitranti governi europei, il che spiega – in parte – lo stallo sul campo di battaglia. Se l’Ucraina ricevesse aiuti adeguati dall’Europa, non avrebbe nemmeno bisogno di arrendersi alla Russia, cedendo ulteriori parti del proprio territorio. Se esistesse un’alternativa credibile per l’Ucraina in termini di assistenza militare ed economica, che le permettesse di resistere all’abbandono degli Stati Uniti, Volodymyr Zelensky ed il popolo ucraino non dovrebbero accettare quella che si prospetta come una vera e propria capitolazione, stabilita unilateralmente dalla nuova Amministrazione Usa, perché i russi non sarebbero in grado di prevalere sul campo di battaglia. Allora tutto potrebbe cambiare, anche per il futuro dell’Europa.

Oggi dovrebbe essere chiaro a tutti che al presidente Trump non importa nulla dell’Europa, esattamente come il suo rilegittimato interlocutore Putin, entrambi vedono l’Ue come un ostacolo ai loro obiettivi.

L’indignazione dei leader europei non cambierà nulla: l’Europa e l’Ucraina devono agire, se non ci si oppone a questa deriva imperialista, l’Ue verrà relegata ai margini, schiacciata.

L’Europa sta attraversando una fase di gravità straordinaria, minacciata dalla guerra del presidente Putin, dalla improvvisa virata imperialista degli Stati Uniti del presidente Trump, dal conflitto scatenato da Hamas in Medio Oriente e dalle conseguenti crisi umanitarie ed economiche, che richiedono una immediata governance politica, diplomatica e militare sovranazionale europea.

Tuttavia, a parte l’iniziativa intrapresa dal presidente Francese Macron, che ha convocato dei summit con i capi Stato e di governo Ue, nel tentativo di concordare una posizione comune da contrapporre all’improvviso e sconcertante voltafaccia americano, nessun altro leader europeo ha espresso una posizione chiara come quella del presidente turco Tayyip Erdogan, membro della Nato, durante una conferenza stampa ad Ankara a seguito dei colloqui con il presidente ucraino Zelensky: “l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina sono indiscutibili agli occhi di Ankara nel prossimo periodo”.

Mentre l’Ue sotto shock teme il presidente Trump e nel tentativo di barcamenarsi nella usuale ambiguità non parla più di pace giusta, Francia e Regno Unito, le uniche potenze nucleari facenti parte del Consiglio di sicurezza Onu, si mettono al timone della Difesa del continente, facendo scudo a Volodymyr Zelensky, travolto dalla furia di Trump.

Nel frattempo, lontano dalle discussioni della diplomazia, la Russia continua a bombardare la popolazione ucraina, attacchi devastanti che l’Amministrazione Trump non vuole più definire “guerra di aggressione russa”.

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