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Ciad

Il Piano Mattei in Africa? Lo sta realizzando la Cina

L'Occidente perde tutta l'Africa a favore di Mosca e di Pechino. L'articolo di Luigi Chiarello per Italia Oggi

La guerra civile in Sudan è l’ennesimo fronte sud della “terza guerra mondiale a pezzi”. In quel paese non c’è solo un confronto muscolare tra due caporioni in armi, il generale dell’esercito regolare a capo del consiglio sovrano, Abdel Fattah al Burhan, e il capo delle forze di supporto rapido (Rsf), Mohamed Hamdan Dagalo (detto Hemedti). In palio, c’è soprattutto il grado di subalternità, più o meno radicale, di Kharthoum al Cremlino. E la conseguente rapida costruzione, già promessa a Mosca, di una base navale a port Sudan; scalo che consentirebbe a Putin di controllare le rotte nel mar Rosso. Che tradotto, significa: armi, petrolio, terre rare, semiconduttori, commodity.

Il Sudan, dunque, è solo la tessera strategica di un mosaico: un colossale scontro che contrappone, in più teatri e con diverse sfumature, il modello occidentale, democratico e liberale, ma paternalista e post-coloniale, al modello autocratico sino-russo, in apparenza mercatista e rispettoso delle “sovranità” dei paesi, in realtà surrettiziamente imperialista. Gli autocrati si annusano e si riconoscono. Contando sulla storica assenza dei loro scarponi in Africa, Mosca e Pechino si sono presentate ai governi locali col volto buono dell’alternativa all’Occidente coloniale: il marketing politico ha fatto breccia in Egitto, Libia, Algeria, Sudafrica e nelle lande del Sahel: i paesi della cosiddetta “Françafrique”. L’azione affaristico-militare della brigata Wagner e i fallimenti di Parigi hanno portato al disimpegno francese in Repubblica Centrafricana, Mali e Burkina Faso, dove i mercenari russi sono accolti come liberatori dal terrorismo. Più a nord, Putin ha chiuso il cerchio sul quadrante, grazie al moto ondivago del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e al sodalizio in Fezzan e Cirenaica con Khalifa Belqasim Haftar: il generale cresciuto a pane e Kgb, addestrato in una scuola d’élite sovietica, a 50 km da Mosca.

E mentre l’Europa “compassionevole” accarezza il ventre africano con aiuti umanitari, la Cina si presenta ai governanti col portafogli pieno di investimenti diretti. Pechino non dà loro la canna per pescare, ma (acquisendo concessioni) va a pescare in Africa coi suoi pescatori. Non genera occupati, ma regala ai popoli l’illusione di far business. Il risultato è che 26 delle 54 nazioni africane non hanno votato la risoluzione Onu di condanna dell’invasione russa in Ucraina. Così, oggi il presidente cinese, Xi Jinping, si comporta da paciere globale: dopo aver portato a miti consigli Iran e Arabia si candida all’inosabile: pacificare la Terra Santa. E ai paesi del Sahel propone di rottamare il Franco-Cfa e ancorarsi allo Yuan. E l’Italia? Lancia il piano Mattei; solo che Enrico Mattei agiva da terzomondista: proponeva agli africani di allearsi con l’Eni piuttosto che con “le sette sorelle del petrolio”. Quello che oggi fa Xi.

 

Articolo pubblicato su italiaoggi.it

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