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Giornalisti

Il mestiere del giornalista e la morale degli scacchi

Il Bloc Notes di Michele Magno

 

“Noi giornalisti non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti, cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità un dovere“ (Gaetano Salvemini).

“Un’opinione pubblica bene informata è la nostra Corte suprema. Perché ad essa ci si può sempre appellare contro la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo; una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile appello” (Joseph Pulitzer).

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Nel saggio “La morale degli scacchi”, pubblicato nel 1786, Benjamin Franklin sostiene che il più complesso e nobile dei giochi richiede lungimiranza (nel calcolo delle conseguenze a lungo termine di una scelta), circospezione (nella stima della forza dell’avversario), cautela (per evitare azioni azzardate) e perseveranza (nella ricerca della mossa risolutiva, senza lasciarsi scoraggiare dai propri errori). Sono quattro regole (o virtù) che, se applicate con rigore nella partita contro il coronavirus, potrebbero portare alla vittoria prima del previsto.

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In linea di principio, come suddividere il reddito personale tra consumi e risparmio è una decisione che spetta alla responsabilità di ciascun individuo. Poiché, però, l’esperienza dimostra che questa è difettosa, lo stato costringe i cittadini a premunirsi di fronte ai bisogni e ai rischi che si manifestano nel corso dell’esistenza, anche per evitare che il loro costo -economico, sociale, umano- ricada sulla collettività. Il caso delle pensioni è il più eclatante, ma non è l’unico: lo Stato rende obbligatorie, ad esempio, anche l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e quella per i sinistri automobilistici.

La stessa logica dovrebbe valere per le vaccinazioni. Del resto, in Italia sono state imposte per legge quelle contro il vaiolo (1888), la difterite (1939), la polio (1968) e, successivamente, contro le malattie esantematiche. Ora, forse non è questo per aprire una discussione sui metodi, più o meno persuasivi, per raggiungere l’immunità di gregge. Ma l’ipotesi di rendere obbligatorio il vaccino contro il Covid-19 almeno per il personale sanitario non è una bestialità, né si può escludere la necessità di farvi ricorso nel futuro prossimo.

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Il nome di Torquato Accetto è passato ai posteri per un trattatello intitolato “Della dissimulazione onesta”, piccola gemma del moralismo politico nell’età barocca. Pubblicato nel 1641, fu riscoperto da Benedetto Croce. Il filosofo, infaticabile e appassionato esploratore di vecchie carte dimenticate, lo ripropose in piena epoca fascista (1928) presentandolo come un “saggio di psicologia prudenziale”, scritto da chi “sa di doversi muovere sulla terra, ma non dimentica il cielo”.

In effetti, con dotti e sottili ragionamenti, Accetto suggeriva un codice etico secondo il quale sarebbe stato non soltanto lecito, ma addirittura necessario, usando l’arte della pazienza, nascondere i propri pensieri e moti dell’animo per salvaguardare il corpo e la mente da violenze e oppressioni esterne (allora il regno di Napoli era sotto il dominio spagnolo). La dissimulazione onesta, insomma, per lui non era fraudolenta ipocrisia, ma virtù del saper vivere, “una moderata oblivione, che serve di riposo agli infelici; e, benché sia scarsa e pericolosa consolazione, pur non si può far di meno per respirare  in questo mondo”.

A questo modello di comportamento si è ispirata la condotta, nell’Italia dei governi Conte, di taluni intellettuali pavidi e amanti del quieto vivere, un tempo assai bellicosi contro le derive autoritarie della stagione renziana. Allora, in verità, sembravano assai più vicini a un contemporaneo del letterato pugliese, Tommaso Campanella, il quale ammoniva che la fatica più dura è “pigliare abito allegro nella presenza dei tiranni”, e che non ” è lecito mostrarsi pallido mentre il ferro va facendo vermiglia la terra con sangue innocente”.

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