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Il gran ballo dei lobbisti

Quali lobbisti, quali comunicatori e quali poteri più o meno forti Giorgia Meloni voleva attaccare? Impazzano le ipotesi giornalistiche. La lettera di Francis Walsingham

Caro direttore,

quali lobbisti, quali manager e quali poteri più o meno forti Giorgia Meloni voleva attaccare?

E’ la domanda che dall’ultima conferenza stampa del presidente del Consiglio assilla i palazzi romani o romanocentrici.

D’altronde le frasi del capo del governo non potevano passare inosservate.

“Penso che qualcuno in questa nazione abbia pensato di poter dare le carte, ma in uno stato normale non ci possono essere questi condizionamenti”, ha affermato Meloni in conferenza stampa, sollevando il dubbio che “alcuni attacchi scomposti alla sottoscritta” siano legati al fatto che “affaristi, lobbisti e compagnia cantante non stiano passando un bel momento”. “Non sono una persona che si spaventa facilmente”, ha poi scandito per due volte la premier, ripetendo il “non sono ricattabile” che disse durante la formazione del governo.

Un mondo, dicono nel governo secondo il Corriere della sera di oggi, «che è sempre esistito e che soprattutto nel corso delle nomine nelle partecipate ha messo in atto comportamenti senza scrupoli o tentativi di condizionamento che la premier ha vissuto con molto fastidio, oltre ad averli respinti». «È una classe in via di estinzione, che mette in atto quelli che appaiono come presunti ricattucci».

E sempre il Corriere della sera – mica un blogghino o Dagospiaaggiunge: “Qualche mese fa. Durante le trattative sulle nomine di Stato. Immaginate un manager che ha aspirazioni, fondate, di guidare un’azienda pubblica, controllata dal Mef. Immaginate ora che per un dato motivo le sue quotazioni, nelle grazie di Giorgia Meloni, sembrano buone ma non a prova di bomba. Allora il manager, sbagliando, si rivolge ad una certa lobby che con la politica italiana, e anche con il centrodestra, ha sempre dialogato. Per la presidente del Consiglio è un errore imperdonabile: lei viene contattata, consigliata, in modo insistente, il manager viene caldeggiato, lei interpreta tutto come un tentativo di condizionamento, nelle stesse ore viene pubblicato su qualche sito anche qualche articolo non proprio benevolo nei confronti della premier, lui, il manager, viene depennato dalla lista”.

Poffarbacco, caro direttore. I riferimenti sono piuttosto precisi. Una nomina in ballo per il vertice di una controllata dal ministero dell’Economia. Un manager che aspira a un altro incarico nella galassia delle partecipate pubbliche e considerato favorito e pure nelle grazie della presidenza del Consiglio. Ma poi per varie ragioni quel manager non viene inserito nella lista per il nuovo cda. Circostanze che rimandano a una vicenda di cui i giornali hanno già dato conto. Ossia della possibilità che Stefano Donnarumma, in scadenza come amministratore delegato di Terna, potesse diventare capo azienda di Enel. Uno scenario che non si è realizzato. Ma davvero Donnarumma aveva bisogno di comunicatori e lobbisti per la nuova carica visto che – come scrisse all’epoca il giornalista italiano più esperto di partecipate statali, ossia Gianni Dragoni del Sole 24 ore –  la nomina di Donnarumma all’Enel “era fortemente voluta da Giorgia Meloni”? Peraltro ricordo anche un’intervista – che fece piuttosto scalpore – in cui il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, l’uomo dipinto dai giornali come il più vicino al capo del governo, indicava proprio Donnarumma per il vertice di un’altra società statale, anche se neppure quello scenario si è realizzato.

Insomma boh, caro direttore.

D’altronde lo stesso Corriere della sera oggi scrive: “Nel governo non fanno nomi, ma descrivono dinamiche. Non hanno difficoltà a spiegare meglio le parole di Giorgia Meloni in conferenza stampa, quel suo denunciare, ma senza dare dettagli, tentativi di condizionamento dell’azione di governo”. E di “nomi – continua il quotidiano diretto da Luciano Fontana – non ne fanno nemmeno coloro che oggi si offrono per capire meglio, ricollegano, ricordano. Ma le dinamiche appaiono abbastanza chiare: una rivista di geopolitica che manda consigli non richiesti al capo del governo, una certa massoneria che sopravvive e che si è sempre vantata, a torto o a ragione, di poter «pesare» anche nelle fasi dell’azione di governo, o nella fase amministrativa dei ministeri, orientando, o millantando di poterlo fare, funzionari pubblici singoli, in posti chiave così come l’assegnazione degli appalti”.

Rivista di geopolitica che manda consigli non richiesti al capo del governo? Cioè?

Limes? Non mi pare che la rivista fondata e diretta da Lucio Caracciolo faccia pressioni del genere sull’esecutivo, anche se magari a Limes sono rimasti delusi per una intervista non rilasciata dal presidente del Consiglio seppure tanto sollecitata (ma quante interviste non ha rilasciato il capo del governo ai giornali che pure hanno chiesto?)

Formiche? Non mi pare che la rivista fondata ed edita da Paolo Messa punti a condizionare il governo su codeste faccende né che abbia un atteggiamento ostile verso Palazzo Chigi. Anzi, come anche i social possono attestare, i fondatori di una delle principali e professionali società di comunicazione e lobbyng – neo azionisti di Formiche – frequentano assiduamente la presidenza del Consiglio.

Comprendere? Non mi pare che la rivista fondata da poco dalla rinomata società di comunicazione e public affairs Comin & Partners mandi “consigli non richiesti al capo del governo”, come scrive il Corsera. E poi, come si legge in un fantasmagorico ritratto-intervista del Foglio, Comin è “super trasversale, politicamente equidistante, ma comunque tendenza Ulivo-Pd, forse tentato dal calendismo”.

Eppure, secondo quanto scrive oggi proprio il Foglio, “alla premier non sarebbero andate giù le pressioni ricevute in vario modo da alcune grandi agenzie di comunicazione e lobbying, soprattutto durante il periodo delle nomine alle partecipate di stato. Nel novero delle persone reputate “non amiche” da Meloni un posto di rilievo risulta averlo Luigi Bisignani, che peraltro alla premier ha dedicato un recente libro pieno di indiscrezioni non simpatiche”.

Il libro è quello scritto di recente da Bisignani con Paolo Madron (nella foto con Bisignani), giornalista di lungo corso esperto di economia e finanza: protagonisti di recente di un groviglio informativo mai dipanato su Tim.

Ma davvero Bisignani può fare pressioni sgradite a Meloni? Davvero Bisignani può remare contro il governo di centrodestra? Beh mi pare francamente impossibile visto che da decenni scrive su quotidiani di centrodestra e ora è una firma prestigiosissima e autorevolissima del quotidiano Il Tempo del gruppo Tosinvest di proprietà della famiglia Angelucci (che edita anche Libero Quotidiano e il Giornale già della famiglia Berlusconi), gruppo editoriale vicinissimo al centrodestra e a Meloni.

Insomma: boh.

E a questo punto forse ha ragione un mio amico addentro alle dinamiche meloniane che mi scrive, sollecitato da me per avere lumi su tutta la questione: “Con Meloni devi fare reset su tutto il potentato romano che esisteva prima (e in realtà stava già in totale decadenza)”.

Cordiali saluti,

Francis Walsingham

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