skip to Main Content

Tunisia

Il governo Conte sarà più efficace senza Renzi contro la crisi?

La fiducia risicata al governo con l'astensione di Italia Viva. La presbiopia di Renzi. La miopia del premier. Lo stato dell'economia e dei conti pubblici. E il ruolo del senatore a vita Monti. Il commento di Gianfranco Polillo

 

Che sia stata una delle pagine più tristi della recente storia repubblicana è cosa difficilmente contestabile. Naturalmente, in passato, vi sono stati altri casi in cui il Governo in carica non ha avuto gli stessi numeri alla Camera dei deputati ed al Senato. Colpa di un bicameralismo sempre meno razionale: duplicazione di funzioni e fonte di inutili ritardi burocratici. Una volta giustificato con la necessità, più presunta che reale, di determinare un raffreddamento riflessivo, nella spola dell’andirivieni. Oggi, che bisogna correre, semplice foglia di fico a giustificazione di un’inerzia inossidabile.

Nella storia complessiva, tuttavia, ognuno di quegli episodi aveva una sua specifica caratteristica. Che non va confusa, affastellando il tutto in un mucchio indistinto. Un conto fu convincere, si fa per dire, Razzi e Scilipoti. Un altro spingere personaggi, più o meno noti dei vari partiti a cambiare casacca, avendo sullo sfondo la mannaia che, grazie alla riduzione del numero dei parlamentari, si abbatterà sulle loro teste. Scenario che lo stesso Matteo Renzi doveva valutare con maggiore attenzione, prima di avventurarsi in una vicenda così complicata.

Non che sul merito non avesse ragione. Ma se il merito contasse qualcosa, in quei sepolcri imbiancati che sono, purtroppo, diventate le nostre istituzioni, oggi non saremmo nella situazione che siamo. E lo stesso Beppe Grillo avrebbe continuato ad esercitare la sua nobile professione di attore dell’assurdo, piuttosto che tentare di organizzare un movimento, da portare – cosa ancora più inverosimile – alla direzione del Paese.

I risultati della votazione in Senato sono stati: 156 a favore di Conte, 140 contro e 16 astenuti. Ne deriva che se anche Italia Viva avesse votato No, il voto sarebbe stato paritario. Giuseppe Conte ne sarebbe uscito battuto, visto che un pari equivale ad un voto contrario, ma non si può certo dire che, in Senato, erano acquartierate truppe pronte ad assaltare gli odiati esponenti dell’ex maggioranza. Si potrà sempre dire che la compravendita di indulgenze, come al tempo di Martin Lutero, è stata la leva che ha garantito quel risultato. Ma si deve anche riconoscere che le somme eventualmente spese sono state modeste.

Ed allora? La verità è che in questa vicenda Matteo Renzi ha indossato gli occhiali da presbite. Vede lontano, ma è caduto nel fosso guardando la luna. Quasi impossibile vincere in un momento come questo. In cui il Governo é in grado di promettere, senza pagare pegno. Giuseppe Conte, nel suo intervento, ha parlato di un maggior deficit di bilancio di oltre 100 miliardi. Una massa enorme di danaro, che troppo spesso si è fermata nelle pieghe di un pantano burocratico insondabile.

La Banca d’Italia, ovviamente (ma non ci sarebbe bisogno di sottolinearlo) ha fatto i conti più precisi. Purtroppo fermi al secondo semestre dell’anno appena trascorso. L’indebitamento netto è stato pari a 44,5 miliardi, mentre il debito pubblico era salito, nello stesso periodo a 97,4. Con una differenza di oltre 50 miliardi, in parte dovuti a varie discrepanze statistiche. Ma di cui almeno 30 miliardi derivanti dalla politica del Tesoro: deciso a far cassa per far fronte ai tempi peggiori. Somme spese nei mesi successivi? Non siamo in grado di sapere.

Quello che invece è certo é la crescita del debito pubblico. Nei primi 11 mesi dell’anno (novembre 2020, rispetto al corrispondente periodo del 2019) il maggior debito contratto è stato pari a 140 miliardi. Il 30 per cento in più dell’incremento del 2012. La dimostrazione di quanto stia costando la monetizzazione del rischio. Ossia la semplice, seppure insufficiente, elargizione finanziaria di fronte alle difficoltà della governance. Il gestire le cose per evitare la desertificazione economica. Quindi trasporti specifici (autobus privati) per la scuola, controllo sulla ristorazione e sugli altri servizi per garantire il proseguo dell’attività, al fine di ridurre il gap che si è prodotto tra l’attività manifatturiera, che va bene grazie ad una sorta di autogestione, ed il resto delle attività economiche, chiuse per mancanza di controlli pubblici, che sprofondano.

É una situazione destinata a durare? Esistono ancora quelle risorse finanziarie latenti che consentono di andare avanti, come in passato? La maggioranza uscita dalle aule parlamentari è forse più forte ed attrezzata, per affrontare un anno che sarà molto più difficile di quello trascorso? Di quanto potremo ancora aumentare il livello del debito, non potendo gestire diversamente il Paese? Il nuovo scostamento di 32 miliardi, previsto per domani, sarà sufficiente? Certo si guarda al Recovery Plan. Che si pensi ad un suo uso congiunturale è, purtroppo, fin troppo evidente. Che sia pure possibili, ne dubitiamo. Anche se c’è Mario Monti, con la sua conversione sulla via di Damasco, a vigilare.

Back To Top