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Giornali

Il giornalista di Gaetano Salvemini e il politico di Mark Twain. Il Bloc Notes di Magno

Il Bloc Notes di Michele Magno

Mentre non si placa la polemica bislacca e avvilente tra i fan di Matteo Renzi e Corrado Formigli su “casa mia e casa tua”, mi piace ricordare un famoso pensiero di Gaetano Salvemini sul mestiere di giornalista: “Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti, cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità un dovere“ (Prefazione a “Mussolini diplomatico”, 1932).

Ovviamente, sarebbe puerile pretendere da quei giornalisti che non hanno nulla da invidiare agli ultras del tifo calcistico l’adesione alla deontologia professionale professata dall’eminente antifascista pugliese. Ma la furia giustizialista che caratterizza alcuni dei principali quotidiani italiani è inquietante. Basta l’annuncio dell’apertura di un’inchiesta, un rinvio a giudizio, la richiesta di arresto per un esponente della “casta” (ormai, quasi un’entità metafisica), e subito scatta il “Tutti in galera!” urlato da Catenacci.

Forse i più anziani se lo ricordano: era lo straordinario personaggio interpretato da un esilarante Giorgio Bracardi in “Alto gradimento”, la leggendaria trasmissione radiofonica degli anni Settanta nata dall’estro di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. A chi gli obiettava che occorrevano le prove, Catenacci rispondeva: “Ma chettefrega?”.

Oggi la sua battuta interpreta il comune sentire di buona parte dell’opinione pubblica. Non solo quella, per intenderci, manipolata scientificamente dalle “bestie” che imperversano nel mondo dei social network. Forse anche grandi firme del giornalismo domestico hanno avuto (e tuttora hanno) qualche responsabilità se i principi dello Stato di diritto in Italia spesso sono considerati un optional.

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“I politici usano le statistiche come un ubriaco usa i lampioni: non per la luce ma per il sostegno” (“Politicians use statistics like drunkards use lampposts: not for illumination, but for support”). La paternità di questo aforisma è incerta. Di volta in volta, è stata attribuita a Gilbert Keith Chesterton, Benjamin Disraeli, Hans Kuhn, Mark Twain. Ma che importa? Ciò che importa è che è stato partorito dalla penna di una mente geniale. Basta guardare ai dibattiti (meglio, alle risse) che vanno in scena sui talk show televisivi per rendersene conto.

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