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Travaglio Fatto

Il contaballe e il mentitore

Il corsivo di Michele Magno

 

Tra le vittime del coronavirus bisogna ormai registrare anche il senso del ridicolo. È bastata una frase idiota di Marco Travaglio (“Draghi è un figlio di papà, e non capisce un cazzo”) per suscitare un pandemonio. Di fronte a quanti contestavano un eloquio non proprio aulico, sono scesi in campo perfino prestigiosi intellettuali per difendere la libertà di parola del direttore del Fatto Quotidiano. Ma di cosa stiamo parlando? Nessuno nega a nessuno il diritto di dire “stronzate”.

Proprio così si intitola un irriverente saggio (in originale On Bullshit) di un filosofo americano, Harry G. Frankfurt. Pubblicato per la prima volta nel 1986, è stato tradotto quindici anni fa dall’editore Rizzoli. Oggi andrebbe letto e riletto. “Uno dei tratti più salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione”, avverte nell’incipit il professore emerito dell’Università di Princeton. Come dargli torto? Sono giorni in cui slogan insulsi, vuote scemenze, affermazioni che denunciano una disperante ignoranza vengono pronunciate impunemente. Se non ne hanno il monopolio, certi giornalisti le brevettano ad un ritmo impressionante.

Frankfurt si è preso la briga di indagare la natura del fenomeno. Egli sostiene che “le stronzate sono un nemico della verità più pericoloso delle menzogne”. Il “bullshitter” — noi diremmo il cazzaro — è infatti più temibile del mentitore. Come ha insegnato sant’Agostino, al mentitore in qualche misura interessa sapere la verità, perché per mentire deve conoscerla. Si deve cioè confrontare con la verità per poter costruire una menzogna. Se quindi il bugiardo “onora” ancora la verità e si muove nel suo orizzonte, invece chi dice stronzate la scavalca e si preoccupa solo di negarla. Un interlocutore ben informato su come stanno le cose, quindi, può sempre contrastarlo.

Al contrario, il contaballe risulta più difficile da contraddire, in quanto si disinteressa completamente di ciò che è vero e di ciò che è falso. Spara le sue stronzate e, anzitutto nei talk show e sui social network, condivide e diffonde quelle altrui per avvelenare i pozzi del discorso razionale. Descrivendo nei “Promessi sposi” la peste seicentesca di Milano, Alessandro Manzoni conclude con una splendida e giustamente celebre frase: “Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”. Dubito, però, che possa valere nel tempo presente. Perché, quando le stronzate diventano senso comune, il buon senso è costretto all’esilio.

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