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Il collasso della sinistra fra Molinari, Gualtieri e Lacerenza

Le contestazioni al direttore del quotidiano Repubblica, Maurizio Molinari, fanno emergere l’antisemitismo e l’intolleranza di molte fasce progressiste nostrane. Il corsivo di Battista Falconi

Paolo Pombeni e Romano Prodi, sul Messaggero, parlano in modo diverso di società complesse, difficoltà delle persone, scarsa qualità della leadership politica e voto, riproponendo il tema degli eletti peggiori degli elettori: la stessa Giorgia Meloni, qualche giorno fa, l’aveva sfiorato insistendo sul concetto che sono le aziende a creare ricchezza, non la politica. Un’idea che era molto sostenuta da Piero Angela, il famoso divulgatore scientifico (e scientista) la ripeteva stesso, ma che affonda anche nella vecchia contrapposizione tra “paese reale” e “paese legale”. Un’espressione, questa, di indicativa ambiguità: a significare che gli uomini veri fanno le cose e qualcun altro, le burocrazie e i decisori politici, cercano faticosamente di normarle e di trarne vantaggio; ma anche che l’homo faber tende un po’ a infischiarsene delle regole, vedi l’endemica e atavica evasione italiana o l’affannoso inseguimento delle big tech perché rispettino i principi della privacy, il diritto proprietario e i doveri fiscali.

E poi c’è l’ineffabile candidato lucano Domenico Lacerenza, che rivendica come merito: “Mai fatto politica”. Anche lui usa la stessa narrativa, mi sveglio presto, lavoro, sono i partiti che mi hanno chiamato. Un paradigma diffuso da bar, elevato all’ennesima potenza dai Cinque Stelle, il medesimo che ha portato all’ormai tramontato successo grillino e all’insediamento di Giuseppi Conte sulla poltrona di primo ministro. Una rappresentazione erronea, falsa, mistificatoria, poiché i nostri pur insufficienti leader sono espressione delle maggioranze che li votano; una soluzione che non risolve la crisi della democrazia, causata essenzialmente proprio sull’essersi ridotta a rito elettorale, escludendo ogni altra forma di partecipazione alla vita pubblica e di rispondenza tra mandati e azioni effettivamente svolte; una tattica pre-europee che rischia di portare acqua al mulino dell’antipremierato, soluzione imperfetta ma che cerca appunto di ridurre il gap tra cose e concetti, azione e pensiero, desiderata e attuata.

Tornando invece a Lacerenza, e pur conoscendo tutti l’autolesionismo della sinistra, certo non si immaginava uno sfracello tafazziano come quello consumato in Basilicata, a pochi giorni dalla risicata ma significativa vittoria in Sardegna. A farcelo comprendere non basta la sconfitta in Abruzzo, il problema sta nell’insussistenza ontologica dell’alleanza tra Pd e M5s, due partiti oppositivi tra loro, e ancor più nella nullità ideologica e culturale delle opposizioni. A ricordarlo, i giornali di centrodestra oggi scrivono con una punta di perfidia in difesa del direttore di Repubblica Maurizio Molinari, sapendo di mettere il dito in un’altra piaga dolorante: l’antisemitismo e l’intolleranza di molte fasce progressiste nostrane. La vicenda mette i brividi, ha un sentore da notte dei cristalli. Studenti provocano gli agenti, vengono fatti passare perché sennò si dice che la polizia manganella, loro entrano e impediscono il dibattito perché i sionisti non devono parlare e Repubblica è sionista.

Certo, che la classe dei politici e dei governanti valga poco è vero. Basta guardare Roma Capitale: minaccia il default, anche se cerca di scaricarne le responsabilità, e la città è veramente alla frutta, tra taxi introvabili, strade colabrodo e rattoppate malamente, traffico eternamente infernale, gestione rifiuti irrisolta (e ormai gli inceneritori o termovalorizzatori si vedono anche in Italia, non solo nel virtuoso Nord Europa). Per quanto qualcuno esalti i lavori in corso a Piazza Venezia sono proprio i cantieri e il Giubileo le gocce che hanno fatto traboccare il vaso dell’insofferenza.

Però, ripetiamo, il dualismo tra leadership e cittadini non è corretto. Casomai bisognerebbe convincere i secondi a costringere i primi a migliorare con la partecipazione diretta. Un po’ come i dipendenti italiani divenuti azionisti di Essilux, che ripropongono il tema adiacente della partecipazione dei lavori alle imprese, proposta giacente in Parlamento e sostenuta da Cisl. Gestione e proprietà, non solo stipendio, e vedi come ti interessi di più dell’andamento della tua azienda

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