Silvio Berlusconi, con i suoi 86 anni belli che compiuti, e con un bel po’ di governi e processi dietro o ancora sulle spalle, sarà pure “finito in terapia intensiva”, come ha poco felicemente titolato Avvenire, il giornale – ahimè- dei vescovi italiani. Ma il suo ex “royal baby” Matteo Renzi, come lo definì compiaciuto per un po’ Giuliano Ferrara, con i suoi 48 anni festeggiati in gennaio e meno governi e processi dietro o ancora sulle spalle, ne ha già raccolto l’eredità dell’azione di contrasto ad una magistratura un po’ troppo politicizzata, francamente, prenotando e annunciando la direzione sia pure soltanto editoriale, non responsabile, e quindi “irresponsabile”, secondo il nuovo quotidiano di Carlo De Benedetti, Domani, di un giornale bandiera del garantismo come Il Riformista.
“Tutti i lavori tranne il senatore”, ha titolato criticamente il Corriere della Sera. “Le mille vite di Renzi, il re degli alibi in fuga dalle responsabilità”, ha praticamente protestato anche La Stampa.
Se questa è stata la reazione dei giornaloni, figuratevi quella del militante Fatto Quotidiano di Marco Travaglio. Che ha sparato contro la dipendenza, adesso, del senatore di Scandicci dal “coimputato del padre” nel processo Consip, il ricco Alfredo Romeo, ed ha storpiato, al solito, il nome del Riformista chiamandolo “Riformatorio” in un editoriale del quale desidero riportare interamente la conclusione. Essa è indicativa di un ceto modo di ragionare e di rapportarsi con gli altri.
“Si potrebbe pensare – ha scritto Travaglio di Renzi e delle sua nuova funzione – che lo faccia per sputtanare la politica e il giornalismo italiani, se non fossero entrambi già sputtanati per conto loro, almeno quanto lui. Più probabile che voglia stupire con effetti speciali: tipo spostare la redazione all’autogrill di Fiano con Mancini caporedattore, o affidare la rubrica “Libera stampa e motoseghe” a Bin Salman”. A parte le allusioni per iniziati o addetti ai lavori, chiamiamoli così, penso che sarà una bella gara, fra Travaglio e Renzi, a chi riuscirà a stupirci di più sulla strada del temuto -ripeto- “sputtanamento” della politica e del giornalismo insieme già in crisi di credibilità.
Riconosco molto volentieri all’amico Piero Sansonetti, che sta per riportare nelle edicole con lo stesso editore Romeo la “sua” Unità uscitane -guarda caso- ai tempi di Renzi alla segreteria del Pd, la furbizia o perfidia, chiamatela come volete, di avere anticipato davanti ai fotografi e alle telecamere la staffetta fra lui e l’ex presidente del Consiglio mettendogli fra le mani il numero del Riformista col titolone di giornata sul “colpo di Stato nel !992” compiuto con l’uso spregiudicato, davanti e dietro le quinte, delle indagini note come “mani pulite”. Su cui Renzi non ha ancora scoperto o capito tutto ciò che si doveva o poteva sapere o capire, sino a preferire -come disse una volta- la memoria di Enrico Berlinguer a quella di Bettino Craxi: memoria e tutto il resto, naturalmente.