Perché a Verona e a Vicenza non si può, neppure a Brescia o a Mantova è consentito, invece a Trento sì?
Perché le quindici regioni a statuto ordinario non hanno la facoltà di prevedere il terzo mandato per il loro presidente – così ha sentenziato la Corte Costituzionale -, e il divieto non vale per le cinque regioni a statuto speciale?
Per togliere ogni dubbio su una disparità di trattamento che, riferendosi al tema elettorale, cioè alla fonte del nostro sistema democratico, non è di lana caprina, il Consiglio dei ministri ha impugnato la legge dell’“autonoma” provincia di Trento, che aveva innalzato da due a tre il tetto dei mandati consecutivi possibili.
Come sempre, un atto di natura tecnica se fatto dal governo diventa politico. E il risvolto politico dell’eventuale e possibile bocciatura da parte della Consulta del testo trentino (altrimenti nell’ordinamento della Repubblica, come nel calcio, avremmo la serie elettorale A e la serie B), sarebbe duplice: nessuna prospettiva di ricandidatura per l’attuale governatore, Maurizio Fugatti, nel 2028. E fine dei sogni di un tris pure per Massimiliano Fedriga, al vertice del Friuli-Venezia Giulia. La cui maggioranza di centrodestra in queste ore è in crisi, “ma non per il terzo mandato”, giura lui.
Fatto è che Fugatti e Fedriga sono entrambi leghisti e perciò l’invio della legge trentina alla Corte Costituzionale è vissuta dagli interessati come un delitto di lesa maestà autonomistica.
Non però dal leader della Lega, Matteo Salvini, che ridimensiona la polemica e non vede alcuno scontro nella coalizione con Fdi e Forza Italia, i favorevoli all’impugnazione: “Nessun problema, questioni locali”. Né vedono problemi gravi i suoi ministri, che pure hanno dissentito e votato contro la scelta dell’esecutivo. “Governo spaccato”, sottolinea invece l’opposizione.
“Un atto molto pesante contro l’autonomia del Trentino”, attacca Fugatti, proprio mentre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al festival delle regioni a Venezia ricordava che senza la “leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni non si tutelano gli interessi collettivi”.
La “leale collaborazione” è un richiamo ricorrente da parte della Corte Costituzionale, proprio l’istituzione che deve sempre, quand’è chiamata a farlo, stabilire se le regole del gioco violano o no i principi della nostra Costituzione. Perciò il trentino Fugatti, che deve l’autonomia del suo territorio di riflesso alla tutela costituzionale riconosciuta alla minoranza di lingua tedesca che non vive certo nel Trentino, bensì nel contiguo Alto Adige, può stare tranquillo sotto il profilo istituzionale: nessuno meglio della Corte saprà salvaguardare le sue competenze.
Intanto, il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge delega sui livelli essenziali di prestazione (i cosiddetti Lep), anch’essi indicati dalla Corte Costituzionale per dare attuazione all’autonomia differenziata nelle Regioni ordinarie. E’ passato all’unanimità e intende determinare i livelli che dovranno essere rispettati sull’intero territorio nazionale.
(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)