Una molteplicità di media ed autorevoli analisti sta giudicando negativamente l’andamento delle operazioni militari russe in Ucraina. Questo perché, secondo loro, l’esercito russo avrebbe fallito nel conseguire l’obiettivo di una vittoria immediata nell’arco di 24-48 ore, con quella che giornalisticamente viene definita “guerra lampo”, ottenuta mediante il collasso delle forze armate ucraine e il conseguente/contemporaneo crollo del vertice politico istituzionale ucraino.
Dal punto di vista militare, una “guerra lampo” è certamente la guerra dei sei giorni (5-10 giugno 1967) che vide contrapposti Israele e le nazioni confinanti Egitto, Siria e Giordania, che per via dell’effetto sorpresa, si tramutò in una netta ed “istantanea” vittoria israeliana nonostante la superiorità numerica dei difensori arabi. Al termine del conflitto Israele conquistò la penisola del Sinai e la Striscia di Gaza all’Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est alla Giordania e le alture del Golan alla Siria. L’esito politico-strategico della guerra dei sei giorni, la condizione giuridica dei territori occupati e il relativo problema dei rifugiati tutt’oggi influenzano pesantemente la situazione geopolitica del Medio Oriente.
Nemmeno la guerra israelo-araba dello Yom Kippur, combattuta dal 6 al 25 ottobre 1973 tra una coalizione araba, composta principalmente da Egitto e Siria contro Israele, può essere paragonata all’offensiva militare della Russia contro l’Ucraina.
IL PUNTO SULLA GUERRA DELLA RUSSIA IN UCRAINA
In ogni caso, dopo soli 8 giorni di conflitto, non è possibile effettuare analisi attendibili sull’azione bellica russa, anche se si trattasse di una “guerra lampo” perché sarebbero basate su dati incompleti.
Certamente, l’azione dell’esercito russo non può essere considerata fallimentare, anzi è del tutto coerente con la dottrina militare russa e con la strategia di Putin ancora in pieno dispiegamento, che punta ad annientare le forze armate ucraine, concentrare le truppe attorno ai centri urbani per stringere in (un lungo?) assedio le città e per contrastare le operazioni di guerriglia urbana della popolazione civile. Quello russo è uno strumento militare progressivo che sta provocando migliaia di morti e al contempo infliggendo una enorme pressione psicologica all’opinione pubblica occidentale.
La crisi umanitaria provocata dall’inesorabile avanzata dell’esercito russo è un’arma potentissima che Putin sta usando contro l’Europa, apparentemente meno violenta dei bombardamenti aerei indiscriminati ma che provoca effetti devastanti e duraturi sugli Stati europei.
La crisi umanitaria con milioni di profughi in fuga dalla guerra e costretti a chiedere asilo all’Europa rappresenta la risposta di Putin alle durissime sanzioni economiche inflitte dall’Occidente alla Russia.
LE MIRE DI PUTIN SECONDO L’OCCIDENTE
A noi occidentali può sembrare irrazionale ma è chiaramente individuabile nella decisione di Putin di invadere l’Ucraina la strategia di trasformarla in uno Stato filo-russo come la Bielorussia di Aljaksandr Lukašėnka, oppure distruggerla e farla diventare uno “Stato fallito” (failed State), cioè un soggetto di diritto internazionale che perde la propria indipendenza e personalità giuridica, necessarie per esercitare un potere autonomo nell’ambito delle relazioni internazionali ed il diritto all’autodeterminazione del suo popolo. Uno Stato devastato e senza infrastrutture nel quale non abbia più senso effettuare investimenti significativi, a parte quelli a bassa intensità di capitale, che rappresenterebbe una costante minaccia alla pace europea ed alla sicurezza internazionale.
Uno Stato fallito in seno alla democratica, sviluppata e civile Europa può diventare un nuovo paradigma geopolitico ma soprattutto geoeconomico.
L’Occidente non può assolutamente permettersi di perdere l’Ucraina, deve urgentemente elaborare una politica diplomatica di pace, attraverso la forza, per costringere il presidente Putin ad un cessate il fuoco ed iniziare veri negoziati per un accordo possibile (tenendo bene in mente che potrebbe non esserlo).
LE 4 QUESTIONI PRINCIPALI
Un possibile negoziato includerebbe sicuramente quattro questioni principali.
La prima è l’adesione dell’Ucraina alla Nato; la seconda riguarda le armi nucleari; la terza è il futuro dell’area del Donbass; e la quarta è la Crimea.
La Nato è la questione più delicata ed importante dal punto di vista strategico, sia per i russi che per l’Ucraina. L’Ucraina crede, a torto o a ragione, che la Nato garantisca la sua sicurezza (anche se il sostegno che hanno ricevuto dalla Nato non ha affatto raggiunto questo obiettivo). La Russia crede che la Nato in Ucraina sia una minaccia insostenibile per la sua sicurezza. Come risolvere questo problema?
LA SOLUZIONE?
La decisione più immediata ma al contempo più difficile per addivenire ad una soluzione potrebbe essere la rinuncia dell’Ucraina a richiedere l’adesione alla Nato. Ma nemmeno subendo le conseguenze di una guerra orribile, l’Ucraina sembra essere disposta a fare questa rinuncia, e nemmeno la Nato si è tirata indietro.
IL NODO NATO
C’è una via d’uscita?
Una soluzione che potrebbe essere posta al tavolo delle trattative è che la Nato dia all’Ucraina una assicurazione di difesa, in base alla quale la Nato verrebbe in aiuto dell’Ucraina se fosse attaccata. Ma per tranquillizzare la Russia, la Nato non schiererebbe in Ucraina truppe, armi e nemmeno cercherebbe di convertire le infrastrutture militari dell’Ucraina nel sistema Nato.
La Nato, naturalmente, non può prendere direttamente parte ai negoziati Russia-Ucraina, ma una sorta di proposta può essere concordata (niente basi Nato, infrastrutture ecc.) in Ucraina, lasciando da parte la richiesta di adesione dell’Ucraina, ma assicurandole uno status speciale ai sensi dell’articolo 5 (sicurezza collettiva) del trattato Nato.
DOSSIER ARMI NUCLEARI
La questione altrettanto complicata riguarda le armi nucleari e l’Ucraina. Ufficialmente l’Ucraina deve rinunciare a costruire e distribuire armi nucleari che potrebbe sviluppare, ma ancora più importante è che l’Ucraina dovrebbe accettare di non permettere ad altre nazioni (Nato o altro) di installare armi nucleari sul suolo ucraino.
Un accordo sulla presenza di armi nucleari appare assolutamente irrinunciabile per la Russia, che ha sempre dichiarato di sentirsi minacciata dal possibile dispiegamento di armamenti e testate nucleari in Ucraina.
LA SOLUZIONE PER IL DONBASS
Forse la soluzione più semplice sarebbe quella per il Donbass, che gli accordi di Minsk vedevano come regioni autonome dell’Ucraina. Poiché la Russia ha appena riconosciuto le due aree secessioniste (Donetsk e Luhansk) come stati indipendenti, ora è più difficile trovare una soluzione condivisa. Tuttavia, una formula sarebbe possibile se le due regioni separatiste restassero indipendenti fino a quando non verrebbe riconosciuto il loro status di aree autonome ucraine, a quel punto sarebbe politicamente ed economicamente conveniente per loro diventare parti autonome dell’Ucraina, piuttosto che finire nell’orbita del regime russo.
DOSSIER CRIMEA
Infine c’è la questione della Crimea. Si dubita che questa possa essere risolta in questi negoziati, soprattutto perché la Russia ha già annesso la Crimea. Ci potrebbero essere diverse soluzioni, come un accordo ibrido con l’Ucraina, ma è improbabile che i russi vogliano perfino portare al tavolo delle trattative qualsiasi tematica relativa alla Crimea. In ogni caso, risolvere il problema della Crimea è assolutamente secondario rispetto alla possibilità di fermare la guerra in atto.
L’AZIONE DELL’UE
Per l’Ue rimane comunque irrisolta la questione non più rinviabile di elaborare un nuovo modello per la sicurezza europea. I cambiamenti geopolitici in atto implicano un dispiegamento di risorse, di forze ed armamenti convenzionali e nucleari per garantire un sistema di difesa e di sicurezza che questa crisi ha dimostrato essere inesistente nell’Europa post-sovietica. È necessaria una rinnovata focalizzazione ed un responsabile ruolo degli Stati Uniti, che sono il principale garante della sicurezza in Europa, soprattutto ora che le relazioni si sono gravemente deteriorate e sarà duro e difficile cercare di elaborare un nuovo quadro di sicurezza globale con la Russia.
Nondimeno, prima che Putin cada e trascini il resto del mondo con sé, Macron, Scholz e Draghi, insieme a Biden devono urgentemente trovare il modo per fermare la sua guerra.