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Ecco gli effetti delle sanzioni alla Russia per l’Italia. Dossier Sace

Quali saranno gli effetti economici della guerra Russia-Ucraina per l'Italia anche dopo le sanzioni decise contro Mosca. Numeri, analisi e scenari a cura del capo economista di Sace, Terzulli

Le sanzioni imposte alla Russia in conseguenza all’invasione in Ucraina non hanno precedenti. Gli effetti si stanno già facendo sentire sull’economia della superpotenza che deve vedersela con molte aziende straniere che hanno deciso di sospendere i propri affari nel paese e le grandi limitazioni alle banche per compiere trasferimenti di denaro e altre operazioni all’estero.

Gli effetti delle sanzioni contro la Russia per l’Italia

“Alcuni numeri aiutano a farci un’idea. Innanzitutto la Banca Centrale Russa nel fine settimana da un tasso di riferimento della politica monetaria del 9,5% ha dovuto alzarlo al 20%, 10 punti e mezzo in un solo rialzo ci da l’idea della misura di emergenza per tamponare l’effetto economico che le sanzioni vanno a produrre”, a dirlo è stato Alessandro Terzulli, chief economist di Sace, nel corso del talk dell’ISPI “Ucraina, prove di resistenza”. Le sanzioni stanno avendo effetti molto pesanti anche sulla borsa russa. “Dallo scorso mercoledì la borsa russa, in modo cumulato, aveva perso circa metà del suo valore, al punto che nello scorso weekend le autorità monetarie e finanziarie hanno dichiarato che non fosse sicuro riaprire e infatti è rimasta chiusa – ha aggiunto Terzulli -. E poi l’altra variabile è quella del tasso di cambio del rublo. Mercoledì scorso il rublo quotava circa 79 rubli per dollaro, oggi per un dollaro ci vogliono 115 rubli. È vero che da diversi anni, in concomitanza con la precedente crisi ucraina, la Russia è passata a un sistema di cambio più flessibile, e non è escluso che sia intervenuta a difesa del cambio”.

La recessione del 2022 per la Russia

Le turbolenze nei mercati si traducono in tassi di interessi più alti ed effetti deprimenti sull’economia reale. “Il 2022 sarà un anno di forte recessione per la Russia – ha spiegato il capo economista di Sace -. Un secondo punto importante è che la Russia è arrivata in maniera molto solida a questa crisi: il bilancio pubblico è chiaramente robusto, risultato di elevate quotazioni prima del conflitto militare, prima sul petrolio e poi sul gas, le due commodity energetiche che il paese esporta. Le riserve valutarie, non solo oro, oscillano tra i 630 e i 640 miliardi, questo numero è molto significativo”.

Le sanzioni americane congelano le riserve monetarie russe

Le sanzioni hanno colpito anche queste riserve monetarie. “Le sanzioni americane nei confronti della Banca centrale russa e del fondo sovrano russo hanno congelato le riserve detenute all’estero – ha aggiunto Terzulli -. Si stima che circa metà di questi 630/640 miliardi siano in banche straniere, in paesi del G7. Questo non vuol dire che siano espropriate ma che non sono nella disponibilità della banca centrale. Quindi diminuiscono e sono più contingentate le riserve per far fronte a questa crisi. Non sono scarse ma sono più contingentate e la Russia deve tenerne conto”.

Le agenzie di rating declassano la Russia (e anche l’Ucraina)

Le agenzie di rating hanno declassato il rischio connesso alla Russia “c’è stato un downgrade di Standard & Poor’s, da tripla B meno e doppia B più”. Chiaramente il downgrade ha riguardato anche l’Ucraina “che è passata da B a B meno. Fitch ha portato Kiev in territorio di tripla C”.

La decrescita dei flussi commerciali tra Russia e Italia

L’Italia e la Russia intrattengono rapporti commerciali abbastanza intensi. “Il 2021 si è chiuso con la Russia come nostro 14esimo mercato di destinazione dell’export – ha sottolineato l’economista Terzulli. -. Non siamo più ai 10,7 miliardi del 2013 e da allora non abbiamo mai più raggiunto un numero a doppia cifra, nel 2016 siamo scesi a 6,7 miliardi, non solo per via delle sanzioni. Il 2021 si è chiuso a 7,7 miliardi con una crescita del 10% che però, se vogliamo, è stato anche un po’ inferiore alle attese, in un anno di forte ripresa, nel 2020 l’export italiano in Russia non si era ridotto così tanto come in altri paesi e la ripresa del 2021 non è stata entusiasmante”.

Il capitolo energia

Quello dell’energia è il canale di interscambi che più florido tra Italia e Russia. “Le quotazioni del TTF, che è il mercato del gas di Amsterdam, ha chiuso a sotto i 100 euro, un prezzo altissimo ma in calo rispetto ai 130 dell’apertura – ha chiosato Terzulli -. Noi siamo un paese importatore di queste materie prime, negli ultimi due mesi avevamo già iniziato a importare meno gas dalla Russia, negli stoccaggi c’era circa un -30% di flussi”. Inoltre più di 600 imprese italiane detengono partecipazioni importanti i Russia, “senza fare scenari catastrofici, il semplice fatto che il Russia ci sarà una recessione si traduce in un calo delle vendite dirette sul mercato russo”.

Export italiano in Ucraina in crescita del 25%

Le cose sono andate in maniera diversa per quanto riguarda le esportazioni in Ucraina. “Nel 2021 l’export italiano in Ucraina è cresciuto del 25%, superando per la prima volta da anni i 2,2 miliardi, segno anche del fatto che l’economia, nonostante sia più debole di quella russa, si stava riprendendo – ha detto il capo economista di Sace -. Chiaramente per il 2022 ci sarà una forte riduzione dei flussi sia verso la Russia che verso l’Ucraina”.

Il turismo russo in Italia

L’Italia non scambia solo merci con la Russia ma anche servizi. “Quando parliamo di servizi intendiamo anche il turismo, quello russo è cambiato molto negli ultimi anni. Innanzitutto in termini di numeri, è cresciuto in termini di quantità, di presenze, e di capacità di spese, perché il turista medio russo ha raggiunto una capacità di spesa elevata – ha spiegato Terzulli -. Ora sia sull’export di beni che di servizi andiamo incontro a una contrazione importante, soprattutto se il conflitto dovesse perdurare”.

Gli effetti dell’aumento del costo dell’energia sul PIL europeo

L’aumento del costo dell’energia avrà, inevitabilmente, un riflesso sul PIL europeo. “C’è un’interessante simulazione fatta dagli economisti di Barclays che sostiene che un incremento del 10% nel prezzo del petrolio si rifletterebbe nell’area euro con circa -0,25 punti percentuali di PIL – ha concluso il chief economist di Sace -. Gli effetti più forti ci sarebbero in Germania e Italia dove arriverebbe a un -0,35 per cento e con effetti sull’inflazione del -0,50 per cento. Se gli impatti sull’economia reale dovessero essere più forti, e non è escluso, la BCE e le Banche centrali potrebbero assumere un atteggiamento differente, da quello che stava diventando più restrittivo negli ultimi mesi. Questo vale più per la BCE più per la FED, che probabilmente proseguirà nel suo corso ma anche questa sarà una variabile da osservare”.

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