È stata un’autentica guerra lampo quella lanciata martedì dall’Azerbaigian e conclusasi ventiquattr’ore dopo con la resa delle forze secessioniste dell’enclave armena del Nagorno Karabakh. All’una di ieri è entrato in vigore il cessate il fuoco che sancisce il trionfo del presidente azero Aliyev e la contestuale umiliazione dell’Armenia e di una Russia accusata di aver abbandonato il suo alleato. Ecco tutti i dettagli.
L’attacco dell’Azerbaigian
L’offensiva azera è scattata dopo mesi di infruttuosi negoziati tra Baku e Erevan per trovare una soluzione all’annoso problema del Nagorno Karabakh, l’enclave armena in territorio azero che si è autoproclamata come repubblica indipendente causando due conflitti l’ultimo dei quali, nel 2020, ha provocato migliaia di morti.
Era nell’aria da tempo un intervento armato da parte di Baku che, forte del sostegno della Turchia, puntava a riconquistare il territorio perduto nella guerra di oltre trent’anni fa.
Martedì irrompe quindi sulla scena la notizia delle operazioni militari dell’Azerbaigian volte a innescare “l’evacuazione” degli armeni dalla “pericolosa area” del Nagorno Karabakh.
Il Ministero della Difesa azero ha dichiarato di aver lanciato “attività locali antiterroristiche” con l’obiettivo di “sopprimere le provocazioni su larga scala” in quel territorio. Dalle immagini giunte da Stepanakert, capitale de facto della repubblica separatista, risuonava forte il rumore dell’allarme antiaereo e dei colpi dell’artiglieria azera.
Il panico si diffondeva per l’Armenia, dove il primo ministro Nikol Pashinyan aveva convocato d’urgenza il Consiglio di sicurezza del Paese richiedendo a gran voce al Consiglio di sicurezza dell’Onu e alla Russia di intraprendere “passi chiari e non ambigui” per terminare l’aggressione dell’Azerbaigian.
Il pressing delle diplomazie.
Nelle ore successive all’inizio delle ostilità il presidente azero Aliyev è stato oggetto di un fuoco di fila diplomatico attraverso telefonate e messaggi partiti dalle principali cancellerie mondiali. Tra i tweet lanciati su X si segnalano quelli numerosi del Segretario di Stato Blinken e del Presidente del Consiglio Ue Michel:
I spoke to Azerbaijani President Aliyev today and urged him to immediately cease military actions in Nagorno-Karabakh. It is crucial for Azerbaijan to deescalate the situation to promote a peaceful resolution of the conflict.
— Secretary Antony Blinken (@SecBlinken) September 19, 2023
Azerbaijan’s unacceptable military actions risk worsening the humanitarian situation in Nagorno-Karabakh. We call for immediate end to hostilities and for direct dialogue.
— Secretary Antony Blinken (@SecBlinken) September 19, 2023
I spoke to Armenian Prime Minister Pashinyan today to express our deep concern about Azerbaijan’s military actions. The United States is calling for an immediate end to this unacceptable military action.
— Secretary Antony Blinken (@SecBlinken) September 19, 2023
.@SecBlinken spoke with Armenian Prime Minister Pashinyan today to assure him that the United States is actively urging Azerbaijan to halt military action in Nagorno-Karabakh immediately. Only negotiation can achieve peace in the South Caucasus. https://t.co/mFCzedhjJl
— Matthew Miller (@StateDeptSpox) September 19, 2023
Called on @presidentaz Aliyev in a phone call this morning to ensure full ceasefire & safe, dignified treatment by Azerbaijan of Karabakh Armenians.
Their rights and security need to be credibly guaranteed. Access needed for immediate humanitarian assistance.
— Charles Michel (@CharlesMichel) September 20, 2023
Il cessate il fuoco
Ventiquattro ore dopo l’inizio delle ostilità il Nagorno Karabakh accerchiato accettava di arrendersi e il Ministero della Difesa azero ufficializzava il cessate il fuoco a partire dall’una del pomeriggio di ieri. Come riporta Al Jazeera, dall’ufficio di Aliyev giungeva la notizia di colloqui sulla “reintegrazione” del Nagorno Karabakh nell’Azerbaigian da tenersi oggi nella città di Yevlka.
Sempre ad Al Jazeera il portavoce del Ministero degli Esteri azero Aykhan Hajizada dichiarava che “dopo il disarmo e il ritiro delle forze armate armene, la pace tornerà finalmente nella regione e il regime fantoccio sarà smantellato”.
Come riferisce Bbc, a Erevan nel frattempo migliaia di persone scendevano in piazza indignate per l’umiliante resa e chiedendo la testa di Pashinyan.
⚡️In Yerevan, Armenians call Pashinyan a traitor pic.twitter.com/VzkpOerVSQ
— War Monitor (@WarMonitors) September 19, 2023
Dall’altra parte del confine i cittadini azeri assistevano invece compiaciuti al trionfante discorso televisivo di Aliyev nel quale ribadiva di non avere nulla contro la popolazione arena, bensì contro la “giunta criminale’ del Nagorno Karabakh, e che l’Azerbaigian desiderava integrare la popolazione dell’ex repubblica e trasformare la regione in un “paradiso”.
La sorte dei circa 120 mila armeni etnici del Nagorno Karabakh rimane sconosciuta, mentre si profila l’ombra della polizia etnica.
Il nodo dell’energia
Quelle trascorse tra martedì e ieri sono state ore di pura ansia per l’Europa, che in Azerbaigian ha rilevantissimi interessi energetici. Dall’Azerbaigian, infatti, si dirama quel corridoio meridionale del gas che giunge fino in Europa e che ha permesso a quest’ultima, e all’Italia in particolare, di attingere a una fonte alternativa a quella ormai tossica della Russia.
Come scritto da Start Magazine, il corridoio si compone di due sezioni: il TANAP (Trans Anatolian Pipeline) ed il TAP.
Il TANAP parte dal giacimento azero di Shah Deniz II, passa in Georgia per poi attraversare tutta la Turchia fino alla frontiera greca dove diventa TAP. Quest’ultimo attraversa il nord della Grecia, l’Albania e l’Adriatico fino a raggiungere la Puglia, dove si allaccia alla rete italiana di distribuzione del gas, e rifornisce anche la Bulgaria e la Grecia per piccole quantità (1 miliardo di m³ a testa).
TAP ha una capacità di trasporto di 10 mld di m³ annui, ma è progettato per una potenziale espansione della capacità fino a 20 mld di m³.
Nel 2021 l’Azerbaigian ha inviato in Europa 8,1 miliardi di m³ di gas naturale. L’anno scorso, tuttavia, a Baku è arrivata la firma di un accordo, siglato alla presenza della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, per portare entro l’anno in corso le forniture in Ue a quota 12 miliardi di m³ con l’obiettivo di arrivare ad almeno 20 miliardi entro il 2027.