Gentile direttore,
la guerra è diventata un videogioco?
Distante e vicina, con grandiosi apparecchi di propaganda.
Solo chi è stato corrispondente di guerra, forse, può capire gli orrori della guerra, il senso di estraneità e di morte.
Enrico Emanuelli era scrittore elegante, redattore letterario del Corriere, viaggiatore, corrispondente, inviato speciale e anche traduttore di Raymond Radiguet. Morto giovane, nel 1967, a solo 58 anni. Ha lasciato un grande libro postumo assai bello – molto bello in assoluto, era l’opinione di Guido Piovene – dal titolo provvisorio Ad un mescolatore di Martini dry.
Amante della brevità, nel 1960 Emanuelli aveva pubblicato il racconto Le lettere del capitano, che diveniva nella seconda edizione Una lettera dal deserto.
L’inizio è da chroniqueur: “Il mio direttore (sono inviato speciale d’un quotidiano) mi aveva mandato nell’America del Sud per vedere da vicino la situazione dei paesi che si affacciano al Pacifico: Cile e Perù soprattutto”.
A Lima il narratore incontra un corpulento uomo d’affari: “Oltre il Rio Perené aveva scoperto una cosa a suo dire molto strana: in quel territorio c’erano stupende praterie protette e isolate dalla foresta”.
Un italiano, un tipo bizzarro, dirigeva lì un allevamento del bestiame con il solo aiuto di manodopera indigena. Il narratore desidera conoscere questo strano tipo e convince l’uomo d’affari e si prepara ad un lungo viaggio.
“Oh, lui dice che in mezzo agli indios ha trovato finalmente quel che cercava”.
Il tipo, un italiano, dopo un anno di guerra e tre di prigionia, era tornato a casa. Il racconto dell’ex-soldato è a tratti commosso: aneddoti, i presentimenti dei militari, una suora che tranquillizza stringendole la mano una prostituta, il bombardamento come “un terremoto leggero, che si trasmetteva attraverso le falde della terra”.
La guerra cambia gli uomini, le consuetudini borghesi sembrano ipocrisie, tutto diviene forse più chiaro nella solitudine.
“No, guerra e prigionia sono due incidenti. Tutta la storia è proprio in quell’amore di verità scoperto in un momento eccezionale”.
Così è, se vi pare.
Un caro saluto.
Antonio de Grazia