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Grandi Vecchi. Cosa dicono e come si muovono Amato, Cassese e Draghi

Grandi vecchi e grandi fratelli. Mattarella, Cassese, Amato e Draghi: età e poltrone nel commento di Battista Falconi

Di grandi fratelli in circolazione non se ne vedono più molti. Passati ormai a miglior vita i quotidiani e la carta stampata, essendo la televisione relegata a medium per over fifty (almeno), resta il grande calderone multimediale della rete, dove sono gli algoritmi a decidere il pacchetto informativo di tutti noi. Ma anche i grandi duci del web denunciano segnali di crisi, tra accertamenti fiscali e richieste di un regime normativo più vincolante per la loro attività di influencer. Ed è così che i vari social media alternano successi e sconfitte e che forme di comunicazione digitale un tempo molto utilizzate, come i blog, sono ormai tramontate. Addirittura, stanno riprendendo piede le newsletter e i gruppi WhatsApp che, pur tra molti limiti, assicurano la diffusione di contenuti meglio mirati sul reale interesse dei destinatari.

In questo bailamme si fanno sentire i grandi vecchi. Il primo dei quali è ovviamente Sergio Mattarella, che da qualche tempo interpreta il suo ruolo di “nonno italiano” con piglio quasi degno dell’interventismo inarrivabile del predecessore Francesco Cossiga, impartendo rampogne e consigli alternati in quasi perfetto stile bipartisan: un buffetto a sinistra e uno sganassone a destra. Una delle ultime esternazioni, il capo dello Stato l’ha rilasciata durante un incontro con la Casagit, la cassa sanitaria giornalistica, uno degli organismi che riflettono il declino anche anagrafico del settore, come l’istituto previdenziale Inpgi, gli Ordini nazionale e regionali, i sindacati Fnsi e Usigrai (alla cui sigla si oppone da qualche tempo una concorrente).

Non un mero incontro di cortesia, ma una tribuna da cui sono state rilasciate stentoree dichiarazioni sulle firme delle leggi non gradite, chiarendo che il Presidente “ne firma la promulgazione, che è una cosa ben diversa”. Come a dire, maligna qualche esegeta: le leggi del governo magari non le apprezzo ma devo farle passare. Quello che qui interessa è però la cornice, avere cioè dato in tal modo risalto a un incontro con dei giornalisti. D’altronde, che la “libertà di stampa è fondamentale per la nostra democrazia”, banale che sia, Mattarella lo rimarca spesso.

Per questo è stato curioso che ieri un altro anziano e autorevole signore – e ovviamente riserva della Repubblica – come Sabino Cassese abbia pronunciato alla Leopolda di Matteo Renzi parole di tono tanto diverso da sembrare quasi una replica. L’ex molte cose ha detto che sarebbe l’ora di mettere mano alla Procura antimafia e di rivedere le norme sui giornalisti: “L’Antimafia ha bisogno di un check-up, la magistratura deve difendersi dall’ambizione dei magistrati stessi. L’Ordine fermi i giornalisti-portavoce con regole stringenti, abbiamo bisogno un di giornalismo indipendente non di messaggeri”. Il che, detto in giorni in cui si parla tanto di spionaggi, informazioni riservate, combine tra togati e cronisti, querele, rapporto tra magistratura e informazione, riservatezza e dignità delle persone, suona come un mirato intervento di risposta.

D’altronde è da parecchio tempo che Cassese si muove e si promuove, ha persino assicurato una presenza a “Un giorno da pecora” dove, è noto, bisogna assecondare appieno il tono suppostamente comico del programma e si è ritrovato come spalla niente meno che Enzo Iachetti! Ancora di più Bino, come ha detto di essere normalmente chiamato, lo sta facendo da quando è uscito il suo libro “Le strutture del potere”. Il metodo Vannacci, potremmo dire.

Se in questo modo il giurista intenda mettersi in vetrina per presentare la propria candidatura a successore di Mattarella non è dato saperlo e si potrebbe anzi obiettare che, in tal caso, sarebbe per lui più prudente rimanere sottotraccia. Però sappiamo bene che tra i grandi vecchi l’understatement deve fare i conti con la vanità e con la fretta senili, basti pensare a come l’infelice battuta sul “nonno” abbia nuociuto alla carriera istituzionale di Mario Draghi. Il quale resta ovviamente sempre in corsa per tutto, ma appare ormai più plausibile vederlo su una poltrona europea, che su quella del Colle.

Il problema dei soloni più agée, insomma, è misurare le parole. Lo sa bene Papa Bergoglio, dopo la figura rimediata ieri con l’intervista alla radiotelevisione svizzera e il tentativo fallito di marcia indietro della sua sala stampa. Lo sa bene Giuliano Amato che, dopo un periodo di esternazioni al limite della chiacchiera da bar, in cui ha tirato in ballo Ustica e i francesi e i presunti “rischi per la democrazia”, si è dovuto dimettere da presidente di una commissione governativa sull’intelligenza artificiale, dato lo sbigottimento espresso dal Presidente Meloni. Non che quel posto contasse più di tanto ma, come confermano Cassese e Draghi, una poltrona è una poltrona. E più si va avanti con l’età, più il motto di Gertrude Stein è valido.

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