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Giorgetti

Spuntano dubbi a sinistra sulla crocifissione del governo Meloni

Il governo in trasferta a Cutro tra le proteste, ma anche i dubbi della sinistra. I Graffi di Damato.

A torto o a ragione, avvertito nella vignetta di Emilio Giannelli sul Corriere della Sera un tono polemico in quel “finalmente” attribuito al sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, accogliendo Giorgia Meloni nella trasferta del governo, convocato oggi nel Comune calabrese per discutere di immigrazione dopo l’orrenda strage locale del 26 febbraio. Temo che Giannelli sia rimasto fermo a quel primo rammarico espresso dal sindaco nei riguardi della premier per non avere avvertito “almeno come mamma” la necessità di correre immediatamente sul posto. Magari unendosi al presidente della Repubblica e ritardando di qualche ora la partenza per il programmato viaggio di Stato in India.

COSA HA DETTO IL SINDACO DI CUTRO

Oltre e dopo quel rammarico, il sindaco Ceraso ha detto parole e compiuto gesti che lo hanno visto solidale con la posizione assunta dal governo sulle responsabilità dell’accaduto. In particolare, ha condiviso le reazioni pur esagerate, francamente, del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi allo spazio che gli stessi migranti lasciano ai trafficanti di carne umana avventurandosi in viaggi non della speranza, come d’altronde ha lamentato anche il Papa, ma della morte in acqua, lasciandosi stipare come sardine su navi che al solo chiamarle così si compie un delitto.

Poi ancora il sindaco si è affrettato a mettere a disposizione del Consiglio dei Ministri la sede del Comune per la sua riunione straordinaria di oggi procurandosi un pesante, incredibile attacco del segretario provinciale del Pd di Crotone. Che lo ha accusato di essere un “dipendente del governo” rimediandosi peraltro come risposta -a testimonianza degli umori politici, chiamiamoli così, del primo cittadino di Cutro- la liquidazione a “comunista”.

LA STANCHEZZA DELLA SINISTRA NELL’ASSALTO AL GOVERNO

Anche a sinistra, d’altronde, nonostante le apparenze, fra le quali il comizio lasciato pronunciare in aula alla Camera all’ex ministro Giuseppe Provenzano dalla nuova segretaria del Pd Elly Schlein, limitatasi a sedergli accanto e ad applaudirlo – direi – d’ufficio, si cominciano ad avvertire segni di stanchezza o di dubbio in un assalto al governo che rischia di essere scambiato per una sottovalutazione dell’infamia dei “trafficanti” denunciati anche dal Papa, pur con la postilla del Segretario di Stato sull’obbligo invariato del soccorso e dell’accoglienza alle vittime. Cui neppure il governo ha certamente dichiarato di volersi sottrarre.

Più ancora del governo nel suo complesso – di cui alcuni ministri come il già citato titolare del Viminale e il collega leghista delle Infrastrutture, Matteo Salvini, sono trattati come mezzi delinquenti – a sinistra si comincia ad essere preoccupati della popolarità e credibilità della Meloni. Della quale, ospite di Mattarella al Quirinale nella festa della donna, Concetto Vecchio ha scritto sull’insospettabile Repubblica, commentando l’accoglienza ricevuta dalla premier, che “è una statista, e anche da sinistra si mettono in fila per farsi un selfie”.

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