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Girotondo di politologi e analisti militari sul vertice Trump-Putin

Le reazioni di esperti (da Germania e Svezia) al vertice Usa-Russia

Un incontro carico di simboli, ma poche certezze sul futuro. Così viene descritto il vertice in Alaska tra Donald Trump e Vladimir Putin dalle voci raccolte dal Tagesspiegel tra politologi e analisti militari tedeschi e del Nord Europa, le aree europee maggiormente investite dai rivolgimenti geopolitici di questi Anni Venti del Ventunesimo secolo. Il quotidiano berlinese è il più lesto a interpellare in pieno agosto chi di questioni di geopolitica e difesa si occupa ogni giorno e da qualche tempo è impegnato a ridisegnare tali scenari per la Germania e l’Europa. E a loro avviso, al di là dei sorrisi e della cordialità mostrata dai due leader, il bilancio che emerge è segnato da inquietudine: Trump rischia di trasformarsi in una pedina del gioco di Putin, con conseguenze potenzialmente gravi per l’Ucraina e per l’Europa.

MOSCA COME PROSSIMA TAPPA?

Il Tagesspiegel sottolinea come la conferenza stampa congiunta si sia conclusa con una battuta di Putin: “La prossima volta a Mosca”, che ha lasciato intendere che l’Alaska potrebbe essere stata solo una tappa iniziale. Trump, divertito, non ha escluso la possibilità. Dietro l’apparente leggerezza, tuttavia, si cela l’interrogativo di come procedere nel cammino verso una possibile pace, se mai vi sarà.

Secondo diversi esperti, senza un confronto diretto tra Ucraina e Russia non può esserci progresso reale. E proprio l’assenza di Volodymyr Zelensky al tavolo di Anchorage è stata una delle critiche principali mosse prima ancora che l’incontro iniziasse. Christian Lammert, docente di scienze politiche alla Freie Universität di Berlino, ha sottolineato come la Casa Bianca non avesse predisposto né un’agenda chiara né una strategia negoziale riconoscibile. In questo contesto, osserva Lammert, la presenza di Zelensky avrebbe rischiato di ridursi a quella di una comparsa in una scena orchestrata da Trump.

Non a caso, al presidente ucraino è stato riservato un faccia a faccia successivo a Washington per discutere separatamente con l’inquilino della Casa Bianca. Ci arriva scortato da un drappello di leader europei, ma le prospettive restano incerte: la verità è che Trump non ha voluto impegnarsi apertamente a organizzare un incontro diretto tra Zelensky e Putin.

INTERESSE CALANTE DI TRUMP?

Se il vertice ha lasciato poche tracce concrete, a emergere con chiarezza è stata la volontà di Trump di spostare la responsabilità su Kiev e sugli alleati europei. Dopo l’incontro, il presidente statunitense ha dichiarato che tocca agli europei e a Zelensky assumersi il peso principale dei negoziati, sottolinea Andreas Umland, analista presso il Centro studi sull’Europa orientale dell’Istituto svedese per gli affari internazionali di Stoccolma. Nelle parole del presidente americano, il ruolo di Washington sembra ridursi a quello di un mediatore distante, più attento a preservare la propria immagine di “grande negoziatore” che a incalzare il Cremlino.

Sulle sue piattaforme social, Trump ha ribadito che la soluzione al conflitto debba essere un accordo di pace vero e proprio, non una tregua temporanea. Eppure, aggiunge Umland, nessun passo concreto è stato compiuto per rendere realistica questa prospettiva. Le minacce di nuove sanzioni, agitate solo pochi giorni prima del vertice, sono scomparse dal dibattito e se Putin continuerà a intensificare gli attacchi, Trump rischierà di apparire impotente a un prossimo vertice: accolto con tutti gli onori, ma incapace di influenzare realmente il corso della guerra.

UN REGALO A PUTIN

Su un punto concordano tutti gli analisti: per il presidente russo, l’incontro in Alaska ha rappresentato una vittoria simbolica. Dopo mesi di isolamento sulla scena internazionale, Putin si è ritrovato accanto al leader della Casa Bianca, accolto con strette di mano calorose e sorrisi. Nessuna pressione evidente, nessuna richiesta vincolante: una sorta di riabilitazione sul palcoscenico mondiale.

Secondo Umland, che dal suo osservatorio scandinavo monitora con preoccupazione gli eventi, questo rafforzamento dell’immagine internazionale di Putin potrebbe tradursi in una minore urgenza per il Cremlino di cercare compromessi. Allo stesso tempo, però, la nuova vicinanza ostentata a Washington rischia di mettere in difficoltà la narrativa interna russa, che fa leva sull’antagonismo con l’Occidente per giustificare la guerra.

In ogni caso, la sensazione prevalente tra gli analisti è che l’incontro abbia lasciato mano libera al presidente russo. Mentre il fronte orientale dell’Ucraina continuava a essere colpito con droni e missili, a Anchorage si è assistito soprattutto a una dimostrazione di cordialità diplomatica, priva di contenuti vincolanti.

IL PESO (LEGGERO) DELL’EUROPA

Se dagli Stati Uniti non arrivano segnali di maggiore impegno, l’attenzione si sposta inevitabilmente sull’Europa. Prima ancora del vertice, il cancelliere tedesco Friedrich Merz aveva riunito in videoconferenza Trump, Zelensky e altri leader europei per ribadire che ogni intesa dovrà rispettare le condizioni di Kiev e dei partner europei. Dopo l’incontro in Alaska, Germania, Francia e Italia hanno insistito per un eventuale vertice trilaterale che includa l’Ucraina, al fine di evitare che negoziati separati possano ridurre il peso di Kiev nelle trattative.

Gli europei chiedono anche garanzie di sicurezza vincolanti, consapevoli che la riduzione dell’impegno americano rende più fragile l’equilibrio complessivo. Già ora, ricordano gli analisti, Washington non invia più armamenti a Kiev, limitandosi a consentire vendite dirette: tocca quindi ai governi europei sostenere materialmente lo sforzo bellico.

Per molti osservatori, il rischio maggiore è che Trump si sia messo nelle mani di Putin, diventando ostaggio della sua guerra. E proprio questo scenario potrebbe costringere i partner europei ad assumersi responsabilità sempre più grandi, sia sul piano militare che su quello politico. Le valutazioni raccolte dal Tagesspiegel convergono sulla prospettiva futura: per Kiev e per l’Europa l’esito dell’incontro non porta segnali incoraggianti, mentre per Putin rappresenta un successo di immagine destinato a rafforzarne la posizione.

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