Di ritorno con la sua piccola Ginevra dagli Stati Uniti, sulla premier Giorgia Meloni sono ripiovute non dico come grandine – d’attualità in questi tempi estivi – ma quasi le critiche e le diffidenze di critici abituali come Ezio Mauro su Repubblica e Massimo Cacciari sulla Stampa. Il primo l’ha accusata di capeggiare, anche dopo l’incontro col presidente americano e gli apprezzamenti che ne ha ricevuto, una “destra ferma nella terra di nessuno”. Il secondo le ha rimproverato di “non essere ancora all’altezza dei suoi obiettivi”.
IL PENSIERO DI AMATO SULLA DESTRA DI MELONI
Diversamente dall’ex direttore Mauro, tuttavia, sulla stessa Repubblica Giuliano Amato, un presidente emerito di un po’ di tutto, dal Consiglio dei Ministri alla Corte Costituzionale, ha auspicato – letteralmente – che la destra conservatrice della Meloni faccia parte della maggioranza nel Parlamento europeo rinnovato l’anno prossimo: non in sostituzione – ha precisato – ma in aggiunta ai socialisti alleati con i popolari. Sarebbe una maggioranza “di emergenza”, come fu in Italia quella realizzata fra democristiani e comunisti negli anni di piombo per combattere il terrorismo. Che allora era quello cui ricorrevano brigatisti di destra e di sinistra e oggi è quello “anche peggiore” praticato in modo “indiscriminato” dal clima con quelle palle “non da tennis ma di ghiaccio” che ci cadono addosso. “Il terrorismo del clima – ha detto Amato – non si sconfigge senza una voce politica uniforme” e un cambiamento radicale di abitudini generali di vita, non abusando più dei territori su cui viviamo.
Interrotto dall’intervistatrice convinta che i legami della Meloni con la destra spagnola Vox, fresca peraltro di una clamorosa sconfitta elettorale, non rendano affidabile la premier italiana neppure sul terreno da lui teorizzato e auspicato, Amato ha risposto: “Nel programma di Vox è scritto che la transizione ecologica è un’invenzione delle elites per portare via i soldi ai ceti popolari. Mi sembra che in Italia queste posizioni estremiste siano confinate ai titoli del giornale La Verità”. Che non è l’organo ufficiale del partito della Meloni. Né il suo direttore Maurizio Belpietro sembra francamente aspirare a farlo diventare.
L’AUTONOMISMO DELLA LEGA
D’altronde, più del partito della Meloni preoccupa da qualche tempo Amato la Lega di Matteo Salvini per l’accelerazione reclamata del progetto delle cosiddette autonomie differenziate. Che l’ex presidente del Consiglio ritiene “incostituzionali” nei contenuti e nei tempi voluti dai leghisti, tanto da essersi dimesso con altri autorevoli esponenti dalla commissione di esperti di cui il ministro Roberto Calderoli intendeva avvalersi per portare avanti il suo disegno di legge.
Dopo quelli di Henry Kissinger negli Stati Uniti arrivano insomma alla Meloni anche i consigli e gli auspici dell’emerito italiano Giuliano Amato, non dissimili – penso – da altri forniti da tempo dietro le quinte, prima e dopo le ultime elezioni politiche, dal diretto predecessore della stessa premier a Palazzo Chigi Mario Draghi.